Le primarie Pd mettono i Tagliaboschi in minoranza (di F. Ducato)

Il risultato delle Primarie regionali del Pd ad Anagni indicano un Partito verso la dissoluzione. Appena un'ottantina di votanti. In minoranza per la prima volta lo storico gruppo interno.

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

La fine di un’epoca. Il cambio della guardia. Un passaggio di consegne. Il viale del tramonto. Metafore più o meno simili. Che si possono scegliere per descrivere quello che potrebbe essere successo ad Anagni a margine delle primarie per l’indicazione del segretario regionale del Partito Democratico.

Come è noto, il popolo del Pd regionale ha deciso di puntare su Bruno Astorre, eletto segretario con la benedizione di Zingaretti ed il 70% delle preferenze. Dietro, a molte lunghezze, lo sfidante Claudio Mancini. (leggi qui Astorre è il segretario regionale Pd: l’onda lunga travolge le primarie)

Un dato che si è ripetuto anche ad Anagni. Dove però la dinamica del voto, e soprattutto le manovre a margine, potrebbero cambiare di molto la realtà politica del frastagliato centro sinistra anagnino.

 

I numeri

Partiamo dai numeri: ad Anagni i voti per Astorre sono stati 56; sono stati 24 invece quelli che hanno scelto di votare per Mancini.

Il primo dato è dunque quello dell’affluenza; l’ultima volta che in città il popolo del Pd si era riunito per votare, a dire la loro erano stati in 31 (trentuno). Ma erano solo gli iscritti al Partito. (leggi qui E il Pd si restrinse fino a 31 votanti (di F. Ducato))

Ora votavano anche i simpatizzanti: a Frosinone sono stati più di seicento, a Cassino oltre trecento, a Sora quasi quattrocento, ad Isola del Liri quasi 1200. Dunque gli 80 voti delle primarie regionali di Anagni raccontano di un Pd che viaggia verso l’estinzione.

 

Gli schieramenti

Quello che conta di più è però quello che i numeri, da soli, non dicono. E cioè che con Mancini si era schierata la vecchia guardia del Pd locale. Quella che faceva riferimento al gruppo storico dei Tagliaboschi che negli ultimi anni ha, con interpreti e situazioni diverse, gestito le sorti del Partito in città.

Mentre per Astorre si sono spesi nomi (uno per tutti, quello dell’ex presidente del consiglio comunale Giuseppe Felli) che non possono certo essere definiti organici alla vecchia guardia democrat.

Se le cose stanno così, allora vuol dire che, al netto delle polemiche e delle infinite discussioni che da sempre caratterizzano il centrosinistra ad Anagni (e non solo), da sabato notte in città i Tagliaboschi, almeno per quanto riguarda gli equilibri del Pd, sono in minoranza.

Tanto che sembra, quando si è capito dove si andava a parare, i tagliaboschiani avrebbero cercato un accordo con la parte vincente, per evitare di essere messi in minoranza.

 

Mai in minoranza

Quella dei tagliaboschiani messi in un cantuccio sarebbe una novità non da poco in città, visto che fino ad ora è a loro che si è sempre fatto riferimento per ogni manovra che vedesse coinvolto il Pd locale.

È in nome loro che si è consumata la crisi che ha portata alla fine dell’epoca Bassetta. E’ per difendere un sistema che fa riferimento (anche) a loro che l’arrivo del commissario Francesca Cerquozzi è stato impallinato da Vittorio Save Sardaro. Che in una nota molto dura le ha in pratica detto di pensare a fare il notaio, senza farsi venire in mente manovre politiche. (leggi qui Anagni si ribella a Frosinone: respinto il Commissario nel Pd)

Ed invece adesso, numeri alla mano, la manovra politica c’è. E potrebbe cambiare il Pd locale.

L’idea del commissario è sempre stata, dal suo arrivo, quella di allargare il campo del centrosinistra locale al di là della ridotta tagliaboschiana. Un progetto che adesso potrebbe acquisire nuova forza. Con l’arrivo di persone come Felli, Romiti, magari anche quel Giacomi che, non è un mistero per nessuno, ha sempre vissuto la candidatura di Sandra Tagliaboschi come un errore.

 

Un nuovo orizzonte

Non si tratta certo di nuovi arrivi, nel sottobosco della politica locale. Ma comunque, se le cose stanno così, si profila un segnale della volontà di cambiare verso all’esistente.

Tutte queste persone ora potrebbero avere margini di manovra. Per consentire al Pd di uscire da quella sorta di Fortezza Bastiani che ha caratterizzato l’agire politico del Partito negli ultimi tempi.

Perché, come insegnava appunto Dino Buzzati in quel capolavoro che è Il Deserto dei Tartari, passare la vita in difesa serve solo a sprecarla, la vita.