Ance, tregua dopo 7 mesi: Merlani ritira le dimissioni

Lo scontro durato 7 mesi all'interno dei Costruttori edili. Tutto è nato per un No di Roma al nome di un costruttore della provincia di Frosinone. La 'rivolta' contro lo strapotere della Capitale. La mediazione del Nazionale. E ora la soluzione

Alla fine l’accordo lo hanno trovato. Ma ci sono voluti 7 mesi: durante i quali il presidente dei Costruttori Edili del Lazio è stato dimissionario gettando nel caos il board dell’organizzazione. Ora Domenico Merlani ritirerà le dimissioni e traghetterà per un altro anno l’Ance.

Titolare della Merlani Costruzioni SpA, presidente della Camera di Commercio unificata Viterbo – Rieti, già presidente di Ance Viterbo, Domenico Merlani era stato eletto alla guida dell’Ance Lazio il 31 maggio 2018 alla fine del mandato di Stefano Petrucci. Con lui hanno governato l’associazione i vice presidenti Benedetta Bonifati di Roma e Davide Palazzo di Latina.

Il braccio di ferro

Edilizia
Foto © Imagoeconomica

Il braccio di ferro interno all’associazione si era consumato dopo una serie di veti incrociati sui nomi da indicare per il nazionale. Cose normali che in genere si risolvono in pochi giorni o qualche settimana al massimo. Ma questa volta la scaramuccia di retrovia è diventata uno scontro che ha coinvolto tutte le articolazioni. Perché le Province hanno interpretato il Niet al nome di un esponente della provincia di Frosinone come una dimostrazione dello strapotere di Roma.

Che a norma di Statuto ha ragione ed ha tutti i diritti di far pesare i suoi numeri nelle scelte. E allora?

È stato proprio questo aspetto ad innescare un focolaio dopo l’altro. Roma da sola ha oltre tre milioni e mezzo di abitanti, le province del Lazio messe insieme non arrivano a quella cifra. Il numero delle imprese edili segue in larga proporzione il numero degli abitanti. A Roma poi hanno sede veri colossi nazionali delle Costruzioni: impossibile discutere contro quei numeri.

La rivolta delle province Ance

Angelo Massaro

La rivolta delle province si è innescata a norma di Statuto. I retroscena dicono che invece di scannarsi o trovare un buon accordo individuale con Roma questa volta le province del Lazio abbiano fatto squadra. E siano riuscite a mettere Roma in condizione di sedersi al tavolo ed ascoltare. Si spiegano così le dimissioni del presidente Domenico Merlani, rassegnate sette mesi fa. Roma sulle prime ha detto grazie ed apparecchiato la tavola per eleggere il successore: a norma di Statuto ci si alterna e quindi dopo le province sarebbe toccato alla Capitale indicare il nome che governerà l’ente con l’arrivo dei fondi del Pnrr. E invece?

Invece tutto si è impantanato. Perché lo Statuto prevede una clausola di concordia: almeno tre province devono sostenere la candidatura del futuro presidente. E questa volta nessuno ha voluto inginocchiarsi di fronte a Roma. Per sette mesi. Senza sollevare polemiche all’esterno. Creando non pochi imbarazzi. Perché il blocco imposto dalle Province, poco alla volta è diventato un assedio: capace di bloccare ogni grossa decisione dell’Ance. Minacciando – ma solo in teoria – di arrivare ad una frattura: Roma da una parte e Lazio senza la Capitale in un’altra associazione. Deterrenti e nulla di più.

Alla fine è intervenuto il Nazionale. Ha avviato una mediazione. Che riconoscesse a tutti il loro ruolo. E desse a tutti la loro parte di soddisfazione.

L’accordo è stato raggiunto nelle scorse ore, durante la riunione dei presidenti provinciali Ance. Domenico Merlani ritirerà le dimissioni, traghetterà anche per un altro anno. Poi, ci sarà la designazione unitaria di un esponente di Roma.

Fine dell’assedio.

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