Anche San Pietro e San Paolo discussero di ‘diversi’ (di P. Alviti)

Le somiglianze ci fanno stare tranquilli. Ecco perché abbiamo paura di chi è diverso da noi, per qualsiasi cosa. Ne discussero anche i santi Pietro e Paolo quando venne il momento di 'aprirsi' o meno ai non ebrei che credevano. La risposta è...

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

diversi carismi, diverse attività, diversi ministeri

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Non è semplice accettare che le persone siano diverse: le somiglianze ci fanno stare tranquilli. Non ci spaventiamo se abbiamo tutti le stesse abitudini, la stessa pelle, gli stessi orari: ci sentiamo “conformi”, inseriti nella forma generale, ogni estraneità ci disturba, ci mette in crisi.

Ma il mondo è diverso, la creazione è diversa: c’è lo dice la biologia, che fatica a classificare migliaia di miliardi di esseri viventi, la geologia con tutte le sue pietre più diverse… Ma per noi non va bene: dobbiamo razionalizzare, omologare, unificare.

Accadde anche nella chiesa apostolica, qualche anno dopo la morte e la resurrezione di Gesù: aspra discussione tra Pietro e Paolo. I gentili, i non ebrei che credono in Gesù, devono conformarsi o meno alle norme della Legge, alle prescrizioni della vita giudaica? Paolo di Tarso sostiene di no e deve scontrarsi contro i fedelissimi della tradizioni coloro che vogliono imporre la circoncisione alle moltitudini. Pietro, l’eletto da Gesù, ha paura: sa che le ragioni di Paolo sono giuste. Dio non può essere fermato da un pezzettino di pelle, da una regola di cucina, dal numero di passi da compiere in un giorno: Dio comprende tutto e tutti. Chi era lui per fermare, per bloccare, per condannare quelli che si vestivano in un altro modo, che pensavano diversamente, che usavano un’altra lingua.

Ecco lo Spirito che pervade tutta l’umanità con doni diversi, con attività diverse che spesso non comprendiamo, dove spesso non vediamo la presenza di Dio che invece è lì a modificare costantemente il creato, ad aiutare le creature a conformarsi all’unica forma desiderabile, quella del suo figlio incarnato.

È questa presenza di Dio che ci spinge a comportarci bene, a migliorare il mondo in cui viviamo, a non rinchiuderci nell’egoismo, ad essere aperti agli altri, a servire gli altri qualunque sia la nostra situazione, il nostro lavoro, le nostre inclinazioni. Diversi per carismi, per attività, per ministeri…