Angelucci assolti, la truffa da 160 milioni alla Regione Lazio non c’è mai stata

Assoluzione con formula piena per l'onorevole Antonio Angelucci (Forza Italia) suo figlio ed i 13 tra dirigenti del loro gruppo sanitario e della Regione Lazio. Non sussiste la truffa da 160 milioni di euro

Assolti con formula piena. Sia il deputato Antonio Angelucci di Forza Italia, e sia il figlio Giampaolo. Ma anche tutte le altre tredici persone che erano imputate con loro. La Procura della Repubblica di Roma aveva chiesto per gli Angelucci una condanna a 15 anni di reclusione, invece per i dirigenti della casa di cura ed i funzionari regionali aveva sollecitato 10 anni di carcere a ciascuno. Li riteneva responsabili di una maxi truffa ai danni del sistema sanitario regionale del Lazio. Ipotizzava circa 160 milioni di euro erogati per prestazioni fantasma dalla clinica convenzionata San Raffaele negli anni compresi tra il 2004 e il 2010.

L’ufficio del Pubblico Ministero ipotizzava anche che gli Angelucci, attraverso i quotidiani del loro gruppo editoriale avessero esercitato pressioni sull’allora presidente della Regione Piero Marrazzo. E pure sull’allora assessore alla Sanità Augusto Battaglia. Pressioni con cui evitare di far emergere le attività illecite.

L’inchiesta della Procura di Velletri era partita nel 2008 ed era proseguita fino a maggio 2011.

«Antonio e Giampaolo Angelucci e i dirigenti del San Raffaele esprimono la loro soddisfazione per la decisione del Tribunale di Roma» assicura una nota diffusa dal Gruppo sanitario. «Questa decisione – aggiungono – conferma il rispetto per la magistratura nei cui confronti hanno sempre avuto piena fiducia e rafforza il convincimento sempre avuto nella giustizia. Questa sentenza restituisce dignità ed onore anche alle centinaia di lavoratori del San Raffaele Velletri che così vedono riconosciuto il loro impegno a favore di migliaia di pazienti». 

Tra i dirigenti della Pisana e della Asl coinvolti, figurano Rodolfo Conenna, Agnese D’Alessio e Tiziana Petucci. Nella lista degli imputati per cui è stata chiesta la condanna ci sono anche i vertici aziendali: il presidente dell’istituto San Raffale (che raggruppa tutte le strutture sanitarie del gruppo) Carlo Trivelli e per l’ex ad della Tosinvest, Antonio Vallone. L’elenco comprende anche Mauro Casanatta, indicato dall’accusa come il plenipotenziario della Tosinvest per i rapporti con le istituzioni.

Nelle loro arringhe, i difensori hanno sostenuto che «la procura non abbia fornito alcuna testimonianza a conferma delle imputazioni. Inoltre che non abbia prodotto prove documentali a sostegno dell’impianto accusatorio. Inoltre tutti i reati sono prescritti».

Alla fine la sentenza che gli ha dato ragione.