I sei anni del giornale che guarda altrove

Stefano Di Scanno

 

di STEFANO DI SCANNO
Direttore de L’Inchiesta Quotidiano

 

Ci sono due occhi marroni sgrana­ti ed un palloncino giallo a ricordare i sei anni de L’inchiesta – Quotidiano. Una ragazzina co­me icona di una piccola impresa, che ha voglia di crescere ancora. Possibilmente sen­­za corrompere la sua indipendenza, incosciente e spensierata. L’idea è di guardare altrove rispetto agli altri e, magari, di guardare proprio dove serve. Agli ultimi. Perché solo ripartendo dall’aiuto a chi ha meno si può pensare ad una società che cresca nel benessere, limitando ingiustizie e disuguaglianze. Consentendo a tutti di studiare e curarsi. Che sia cosciente delle proprie radici dalle quali è nata la civiltà occidentale, sconfiggendo le leggi della giungla.

Se c’è una linea editoriale riconosciuta in questi anni è quella della lotta al sopruso dei privilegi, delle caste e delle lobby affaristiche ed alla logica del finto liberismo a spese della collettività. Lotta anche allo statalismo usato come sistema clientelare, come serbatoio del fannullismo abituale e incontrollato. Perché c’è un’evasione fiscale allarmante ma c’è anche, e forse soprattutto, un’evasione di massa dalle responsabilità sociali che imprese, enti, professionisti e lavoratori (pubblici in particolare) hanno nei confronti della collettività che frequentano e che devono rispettare nella sua complessa interezza.

Del resto, per comprendere a che livello del declino nazionale e dei nostri territori siamo precipitati, basta applicare un criterio geografico sostituendo a latitudine, longitudine e altitudine le coordinate della meritocrazia, dello stato sociale e della legalità.

Utilizzare l’acqua di tutti per remunerare capitali di pochi, smantellare la sanità pubblica per incrementare il giro d’affari dei baroni romani, fare del ciclo dei rifiuti una giostra per consulenze ed assunzioni, infischiarsene della tutela ambientale e della salvaguardia della salute pubblica sacrificando tutto alla logica del profitto dei soliti noti e dell’occupazione delle consorterie dei vip, è il quadro allarmante che non ci vedrà mai complici. Ma nemici dichiarati e schierati altrove.
Nel non luogo di chi pensa che l’unica soluzione sia voltare pagina, salvando la cultura, la storia, le tradizioni migliori.

Il pensiero di chi vuol cambiare è l’idealismo e si espone sempre, puntualmente, all’ironia dei pragmatici di turno.

Che sorridano e scherzino pure. Ma è difficile capire con che faccia possano guardare negli occhi quella bambina dal palloncino giallo. Potrebbe essere la loro stessa figlia o la splendida Giulia che – dal 2 dicembre 2010 ad oggi – è l’unica nata in una redazione fatta in prevalenza di giornalisti giovani. Il segno della crisi e, allo stesso tempo, della speranza.

Perché le ragazze sono sempre capaci di aprirci il cuore. L’inchiesta è un po’ così!

 

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