Antipatico e fuoriclasse: Matteo Renzi stupisce ancora

Il leader di Italia Viva punta al ruolo di segretario generale della Nato e intanto si prepara ad essere decisivo nella prossima finale di Coppa dei Campioni della politica italiana: l’elezione del Capo dello Stato. Dice: “Se Draghi governa bene si sgonfierà anche l’ascesa della Meloni”.

Sicuramente non fa nulla per essere simpatico. Perché non gli interessa. Sicuramente le sue percentuali di consenso sono ai minimi termini. Ma questo nulla toglie alle capacità e alla visione politica di Matteo Renzi, leader di Italia Viva.

Molti dimenticano che la nostra resta una Repubblica parlamentare, nella quale le strategie si fanno all’interno degli emicicli di Palazzo Madama e Montecitorio. All’interno dei quali Matteo Renzi è come Maradona.

In questo momento non si sta preoccupando dei consensi, delle preferenze, dei sondaggi Sta puntando dritto ad un traguardo storico, quello di diventare segretario della Nato. L’Alleanza atlantica. Barack Obama non lo vedrebbe affatto male.

Il fiuto superiore di Renzi

Matteo Renzi

Intanto ne ha approfittato per dire la sua sull’attualità politica italiana. Dalle colonne de La Repubblica. Anche in questa legislatura Matteo Renzi è quello che ha influito più di tutti: ha mandato all’aria l’alleanza tra Cinque Stelle e Lega, spedendo Matteo Salvini all’opposizione. Poi  ha disintegrato sul piano politico l’esperienza del Governo Giuseppe Conte bis, azzerando la classe dirigente del Pd e Cinque Stelle. Nicola Zingaretti si è dimesso da segretario. Avendo dall’inizio in mente l’approdo finale: Mario Draghi al palazzo Chigi. Sette anni fa mandò in fumo il patto del Nazareno con Silvio Berlusconi per far eleggere al Quirinale Sergio Mattarella. A gennaio i suoi voti saranno ancora una volta decisivi per stabilire chi diventerà Capo dello Stato. Da una parte il centrodestra, dall’altra Pd e Cinque Stelle.

Senza i voti di Italia Viva nessuno andrà a dama.

Ha detto Renzi a La Repubblica: “Il grillismo è morto e i 5 Stelle così come li abbiamo conosciuti, sono finiti. Con giustizialismo e populismo noi non faremo alleanze, neanche elettorali. Da qui al 2023 nasceranno forze nuove sia a destra che a sinistra. E i giochi si faranno dopo le elezioni del presidente della Repubblica. Se Draghi governerà bene, come io credo, anche la bolla mediatica di Giorgia Meloni si sgonfierà”. 

Le scuse di Di Maio verso la civiltà

Poi, sulle scuse di Luigi Di Maio all’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti, Renzi ha notato: “È un passo avanti verso la civiltà. Piccolo passo per noi garantisti, grande passo per i grillini, che hanno costruito il proprio successo sul VaffaDay e sull’aggressione giudiziaria nei confronti degli avversari. Oggi il loro ex capo ammette l’errore e si scusa. Nel 2016 ci fu una strategica aggressione contro di noi”.

Non è una citazione a caso. “Tempa Rossa, dove furono attaccati Federica Guidi e Claudio De Vincenti, Banca Etruria, con il padre della Boschi poi archiviato da tutte le accuse, non ci fu solo Lodi. Quel clima, creato da Di Maio, Di Battista e Casalino contro il mio governo, ha portato i grillini alle vittorie di Roma e Torino prima e del referendum poi. Di Maio oggi riconosce che lui fu il primo responsabile di quella campagna. Con noi lo aveva già fatto privatamente, oggi c’è un’assunzione di responsabilità pubblica che mi sembra importante”. (Leggi qui Dimaiology. Un manettaro è per sempre?).

Poi Renzi ha aggiunto: “Il passaggio da Conte a Draghi è un cambio d’epoca. Oggi il Paese è più tranquillo e la gogna non funziona. Del resto può ritorcersi contro, come dimostra la vicenda del figlio di Beppe Grillo. Ma la divisione tra Di Maio e Toninelli è effetto di questa situazione, non causa”.

C’è un M5S che oggi è radicalmente diverso da quello del passato. “Il Movimento ha cambiato idea su tutto: Olimpiadi, Tap, Europa, Ponte sullo stretto, alleanze. Il giustizialismo era l’ultimo baluardo. Ora è crollato, il grillismo è morto. Nascerà una nuova cosa, con un nuovo simbolo e una battaglia tra Conte e di Maio sulla leadership, ma nulla sarà come prima. Dobbiamo incoraggiarli ad abbracciare il garantismo e respingere il giustizialismo per sempre. Noi che siamo state le vittime di quella stagione siamo pronti a tendere la mano a condizione che si riconosca la verità. E si cambi approccio”.

Il tuffo di Renzi nel passato

MATTEO RENZI

Quindi un tuffo nel passato. Spiegando:  “Fin dalla prima Leopolda io dicevo meno politici e più politica: non è populismo, è buon senso. Oggi è sempre più chiaro quanto il referendum servisse specie sui poteri delle Regioni. Ma l’aggressione personale di allora rese impossibile un dibattito razionale. Ormai è passato, ma io credo che tornerà presto d’attualità la riscrittura delle regole, tutti insieme. Il populismo è un fenomeno ciclico. Negli anni Novanta la Lega agitava il cappio in Parlamento. E già negli anni Settanta Aldo Moro diceva che la Dc non si sarebbe fatta processare nelle piazze. Il populismo purtroppo va e viene, ma non scompare mai”.

Il populismo non è scomparso, ma ha ragione Matteo Renzi. L’antidoto è il buon governo. Ma adesso la prossima finale di Coppa dei Campioni della politica italiana si gioca sull’elezione del Capo dello Stato. Chi può deciderla? Matteo Renzi.