Di Maio: “Decreto manipolato” e Conte dà l’alt. Così capiamo il Deficit (€conomia)

Piccolo vocabolario per capire le parole di economia di cui oggi in troppi si riempiono la bocca. E non ne capiscono granché. Partendo dalla dichiarazione choc di Di Maio a Porta a Porta, passando per il chiarimento del premier Conte. Cerchiamo di capire cosa è il deficit

Antonello Antonellis

Economista - Già consulente del Ministro delle Finanze

A fermare tutto è stato il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. Ha fermato lui la staffetta incaricata di portare al Quirinale la bozza con il testo del Decreto Fiscale. Una prassi, quella dell’invio informale: un modo per consentire agli uffici della presidenza della Repubblica di portarsi avanti con l’esame del testo.

Nessuno al momento è in grado di dire se l’accensione del semaforo rosso all’uscita da Palazzo Chigi sia scattata perché il Movimento 5 Stelle aveva già mandato a dire al premier d’avere scoperto tutta un serie di parti in più, aggiunte al Decreto.

Sta di fatto che Giuseppe Conte ha fermato tutti e deciso di rivedere personalmente di rivedere il testo: articolo per articolo. Per verificare se davvero ci sia stata qualche aggiunta non concordata.

A denunciare le manipolazioni, durante la registrazione della puntata di Porta a Porta è stato il vice premier Luigi Di Maio: ha disconosciuto le parti che introducono  nel testo una sorta di scudo fiscale e una non punibilità per chi evade. Una pacchia per i capitali mafiosi.

L’accusa di avere manipolato il testo destinato (ma non ancora inviato) al Quirinale, ha portato al massimo la tensione all’interno del Governo. Al punto che la Lega nega con decisione di avere ritoccato alcunché: «Siamo persone serie».

 

Il tutto è legato ad un provvedimento che punta a ridurre il Deficit. Parola che ormai su qualsiasi strumento di informazione è tra quelle più in voga.

Ma che cos’è precisamente il Deficit?

La definizione, nel linguaggio comune, è legata ad un disavanzo tra le entrate e le uscite. Ma in economia assume un valore più complesso: è collegato alla ricchezza prodotta dal Paese, il famigerato rapporto Deficit/Pil.

Questa formula matematica calcola il saldo tra le entrate (principalmente il prelievo fiscale, le tasse che paghiamo) e le uscite (la spesa pubblica e gli interessi pagati sul debito), di uno Stato e il suo prodotto interno lordo (Pil), ossia la ricchezza prodotta.

 

Più alto è il valore al denominatore (cioè la ricchezza prodotta), più basso è il valore del Deficit e, quindi, lo Stato produce meno debiti in quell’anno.

È chiaro che più lo Stato spende, in rapporto alle tasse che chiede ai cittadini, più sarà alto il valore del Deficit.

Ma le spese sono necessarie per far funzionare la vita quotidiana di ognuno di noi: dalla Scuola, alla Sanità, ai Trasporti, al Welfare. Ed allora è necessario che si produca molto, tanto, affinché ci possiamo permettere il livello di vita che vogliamo.

 

Il problema delle polemiche è qui. Sia in Europa che in Italia.

Le polemiche europee sono dovute al fatto che ci siamo dati l’obiettivo di ridurre il Debito, riducendo il rapporto Deficit/Pil, (meno Deficit e più ricchezza prodotta).

La polemica interna è dovuta al fatto che la maggioranza della ricchezza viene prodotta al Nord Italia.

 

Purtroppo la provincia di Frosinone non si qualifica per un apporto importante alla ricchezza prodotta, con un tessuto industriale in crisi e, soprattutto, con poche idee politiche per uscire da questa situazione di afasia produttiva.