Arrivano i permessi alla Saf: partono i lavori sullo stabilimento

Arrivano le autorizzazioni. Può partire la conversione dello stabilimento Saf di Colfelice. Via intanto all'impianto per produrre in casa energia con cui alimentare gli impianti. Il caso 'organici'. Servono impianti adatti 'in house'

Via libera. La Saf può iniziare il suo processo di trasformazione. Avviare la graduale chiusura dell’attuale stabilimento di Colfelice per trasformarlo in una moderna Fabbrica dei Materiali. In pratica: un impianto capace di recuperare le materie prime anche dai rifiuti indifferenziati che oggi non vengono riciclati. E che in gran parte finiscono nella discarica.

Lucio Migliorelli

La Regione Lazio ha inviato al presidente Lucio Migliorelli la prima autorizzazione tra quelle richieste per modernizzare il ciclo. Riguardano gli edifici dove si svolge la fase della bio – stabilizzazione del rifiuto. In pratica è la fase in cui oggi avviene una prima selezione separando la parte secca (chiamata sovvallo) e la parte umida (in termine tecnico: sottovaglio). E poi avviene la digestione aerobica della frazione umida.

Per avviare la modernizzazione di questa fase, Saf ha previsto investimenti per un milione di euro.

Super recupero

«Saremo presto in grado – spiega il presidente Lucio Migliorelli di recuperare percentuali altissime di plastiche, carta, cartone dal rifiuto indifferenziato conferito in stabilimento».

Nel frattempo sono partiti i lavori per la realizzazione di un parco fotovoltaico di ottomila metri quadrati. Produrrà buona parte dell’energia necessaria ad alimentare gli impianti. In questo modo si avrà un doppio risparmio: il primo, abbattendo la bolletta dell’elettricità; il secondo, usando energia greeen al posto di quella tradizionale.

Questi primi interventi costeranno 2 milioni di euro a fronte di una spesa complessiva di 12 milioni.

Sono fondi che – sottolinea Lucio Migliorelli – «usciranno unicamente dalle casse della Società Ambiente Frosinone, senza alcun onere per i Comuni soci“. In concreto: i cittadini non tireranno fuori un solo centesimo in più.

Amara cucina

Lo stabilimento Saf

Saf ha sospeso da oltre un anno la lavorazione dei rifiuti organici: quelli che provengono dalle cucine, dallo sfalcio delle erbe. È la parte che fermenta e produce cattivi odori. Lo stop è scattato per avviare la modernizzazione del ciclo di lavorazione, passando ad un sistema che abbatta il problema per il quale la popolazione che abita intorno all’impianto si è sempre lamentata.

Mandare fuori provincia quei rifiuti ha determinato un’impennata nei costi. Li ha quasi raddoppiati. Perché Saf è una struttura pubblica (appartiene ai Comuni) che non deve produrre guadagni. Le altre no.

Oggi la frazione umida viene inviata in impianti al Nord Italia. Per ogni tonnellata di ‘organico’ oggi si spendono 125 euro: sono destinati a diventare 140. Una tonnellata di indifferenziato costa invece 160 euro: 139 per la lavorazione più altri 21 euro di benefit ambientale a favore dei Comuni che ospitano gli impianti. E cioè Colfelice (Saf), Roccaecca (la discarica gestita da Mad) e San Vittore del Lazio (il termovalorizzatore Acea).

La ricchezza

Un impianto per estrarre il bio metano

La Saf è intervenuta per limare le tariffe a carico dei Comuni: ha ridotto di 7 euro l’importo complessivo in tariffa. Così ogni tonnellata costa 153 euro invece di 160.

Nelle settimane scorse, a puntare il dito sull’argomento erano stati sia l’ex magnifico rettore dell’università di Cassino Paolo Vigo, sia l’area politica che fa riferimento all’ex ministro Carlo Calenda e sia l’ex assessore regionale Donato Robilotta. Ognuno con sfumature diverse, avevano fatto notare come la provincia di Frosinone mandi fuori dal territorio proprio i rifiuti capaci di produrre soldi. Infatti la fermentazione degli scarti di cucina genera bio metano. Con il quale è possibile alimentare le automobili, i camion, gli impianti industriali.

Lucio Migliorelli evita di inserirsi nel dibattito. Ma mette in chiaro che «è del tutto evidente che la provincia di Frosinone deve dotarsi di impianti per trattare le tonnellate di umido provenienti dalla raccolta differenziata».

«Quella tipologia di rifiuto è una ricchezza. Dalla sua lavorazione si ottiene bio-metano e ciò che ne resta diventa compost prezioso per gli usi agricoli. Il fatto che spediamo questo materiale fuori provincia – dice Migliorelli- comporta una spesa per il trasporto e mancato guadagno che potremmo invece ricavare con la disponibilita’ di uno o più piccoli impianti insediati in Ciociaria».

Lucio Migliorelli parla di «impianti a emissioni pari allo zero, a elevatissima sostenibilità ambientale, come quelli di Padova e Trento. Strutture che garantiscono lavoro e alimentano l’economia locale, senza impattare sulla qualità dell’aria e sul territorio».

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