Atreju passa, i quesiti su Fratelli d’Italia restano

Cosa resta di Atreju. Le strategie non dette. Il ruolo di Toti. Ed il test in Umbria. La candidatura a Governatore nel Lazio da definire cin la Lega. Il ruolo degli ex di Forza Italia. E tanto altro ancora.

Cala il sipario e Giorgia Meloni ne ha per tutti. A partire dal Presidente del Consiglio dei Ministri che il giorno prima ha accettato l’invito ed è salito sul palco. «Giuseppe Conte, che fino a poche settimane fa veniva bollato come un burattino, è improvvisamente diventato un grande statista. Un premier perfetto per un governo che piacesse a Francia e Germania, obbediente ai loro diktat, un perfetto maggiordomo in guanti bianchi».

Giorgia Meloni ad Atreju

Ne ha anche per il presidente del parlamento Europeo David Sassoli: «Non ci serve un italiano nemico degli italiani». Non risparmia il Movimento 5 Stelle: «Mai col Pd, ci mancherebbe, ma anche mai con i 5 Stelle, perché lo abbiamo sempre detto che erano due facce della stessa medaglia. Non ce li porteremo mai al governo». Concede una tregua solo a Forza Italia: «Spero che quanto prima Forza Italia chiarisca presto il suo posizionamento».

Infine la profezia sul Governo Conte 2. «Non durerà, nonostante il mastice. Servono visione, valori, tutte cose che questa gente non ha. Il mio pronostico è che presto crolleranno sotto il peso della loro miseria e noi possiamo accelerare questo percorso».

Numeri e politica

Cala il sipario su un’edizione che politicamente ha detto poco. I Fratelli d’Italia si confermano sulla rotta Sovranista, molto di destra e pochissimo di centro, fatta tutta di slogan e nulla da poter mettere sul piatto della bilancia: non per incapacità ma perché al Governo non li ha voluti né Salvini nel Conte 1 né i 5 Stelle nel Conte 2.

L’arrivo di Matteo Salvini ad Atreju, accolto da Giorgia Meloni © Imagoeconomica, Stefano Carofei

La 22esima edizione di Atreju si è sviluppata all’Isola Tiberina su un villaggio di 6.000 metri quadrati. L’organizzazione dice che a gestire tutto sono stati mille tra attivisti e volontari. Dichiarano che i visitatori sono stati 25.000 visitatori di cui 1.250 amministratori. Ben 250 le associazioni presenti, 180 tra ospiti e relatori, 400 giornalisti accreditati tra stampa italiana e quella estera.

Tanto per dire: sono state consumate 35.000 lattine di acqua in sostituzione delle bottigliette, essendo questa edizione di Atreju plastic free.

Troppi totiani

L’edizione di quest’anno è stata tra le più partecipate di sempre. In termini politici-prospettici, può significare molto. Perché il tema, checché se ne dica, riguarda il futuro assetto del centrodestra nazionale e regionale. E la domanda che è circolata è per lo più una: va bene, tra i relatori di un panel dell’evento c’era Giovanni Toti, ma che ci facevano tutti quei totiani ad Atreju?

Giovanni Toti e Giancarlo Giorgetti sul palco di Atreju © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Per qualche giorno di fila e in un numero davvero consistente. La risposta è dietro l’angolo. L’analisi che viene fatta dietro le quinte dei dibattiti di Atreju è che il banco di prova sarà quello umbro: il governatore della Liguria presenterà una lista in quelle elezioni regionali. Dal risultato sarà chiaro se “Cambiamo” può vantare velleità partitiche. Il flop scatterebbe con un risultato inferiore al 3% che è ben al di sotto della soglia prevista per l’elezione in parlamento con la prossima legge elettorale, quella proporzionale.

In caso di flop, i conservatori e liberali per Giovanni Toti avranno fatto bene a tenersi una porta aperta con Giorgia Meloni, che ha spadroneggiato per l’intero weekend presso l’isola Tiberina.

Nel Lazio ormai Fratelli d’Italia è un polo aggregatore: sono in tanti quelli che si sono avvicinati, potrebbero essere ancora di più quelli che torneranno da casa. E poi c’è lui, il nuovo che avanza: il capogruppo Francesco Lollobrigida sembra fare da calamita.

I calamitati

Per rendersene conto basta dare un’occhiata alle presenze. Quelli che non sono andati a Viterbo alla convention di Antonio Tajani stavano qui ad Atreju. (leggi qui Sedie vuote e niente Cav, chiude la convention di Forza Italia a Viterbo).

L’onorevole Fabio Rampelli con Alessia Savo ed Antonello Iannarilli

C’erano tutti: dall’ex consigliere regionale ed ex deputato Ue rampelliano Alessandro Foglietta all’ex sindaco di Torrice e mancato consigliere regionale per un soffio Alessia Savo. Dall’ex bi deputato ed ex presidente della Provincia di Frosinone Antonello Iannarilli, passando per il coordinatore provinciale di Frosinone Paolo Pulciani e per i tanti di Gioventù Nazionale. C’era, eccome se c’era, anche il senatore di Ceccano Massimo Ruspandini con qualche amministratore comunale della sua città e il suo microcosmo militante.

Assicurano che lì dove vuolsi ciò che si puote sia passato per un saluto ed uno scambio di opinioni anche l’eterno Alfredo Pallone, un tempo fidatissimo coordinatore di Silvio Berlusconi nel Lazio ai tempi del PdL e poi vice portaparola del Ppe a Bruxelles.

Ipotesi regionali

Giorgia Meloni con il capogruppo FdI Francesco Lollobrigida

Tra i tavoli c’è chi parla delle prossime Regionali del Lazio. Manca ancora molto ma la Lega ha iniziato le sue manovre schierando a Roma l’ex segretario Claudio Durigon con l’intenzione di avviare il lavoro per la candidatura a governatore. (leggi qui La Lega riparte da Durigon: coordinatore a Roma, in attesa del voto per la Regione).

Nemmeno i Fratelli d’Italia stanno fermi. La soluzione interna si chiama Francesco Lollobrigida. Potrebbe essere il nome che verrà messo in campo per la Pisana. O per il Campidoglio. Prestissimo, davvero troppo, per poter esibirsi con una considerazione valida. Una certezza c’è. Quando Giorgia Meloni avanza le sue pedine nel Lazio, specie quando avanza la sua di candidatura, di solito Matteo Salvini acconsente, perché sa che, in questo modo, può piazzare un candidato leghista altrove. E il candidato del centrodestra per la regione Emilia-Romagna dovrebbe essere Lucia Borgonzoni, leghista.

Da qualche tempo a questa parte, però, viene agitato, il nome dell’ex deputato forzista Galeazzo Bignami, ora con Fratelli d’Italia. Nel Lazio non si vota tra qualche mese, ma chi ritira la sua regina o il suo re della scacchiera emiliano-romagnola, può segnare un punto sul pallottoliere della Pisana o del Campidoglio.

Sul territorio

Una candidatura o due spetteranno di diritto al nucleo storico di Massimo Ruspandini: se per il senatore ci sarà la conferma della candidatura a Palazzo Madama allora via libera ad uno dei suoi fedelissimi dall’area di Ceccano. In caso contrario, se la candidatura al senato da Frosinone venisse reclamata dalla Lega su un tavolo regionale, Ruspandini potrebbe scegliere di optare per la Pisana.

Il senatore Massimo Ruspandini in diretta da Atreju

Un posto è previsto per il duo Iannarilli-Savo. E poi spazio all’ex sindaco di Supino, con se stesso o con una sua espressione: Alessandro Foglietta  ha in Fabio Rampelli il suo mentore. In questo modo verrebbero salvaguardati gli equilibri tra le varie anime.

Tutti dicono che non sia vero: dicono che non esista la contrapposizione tra una “vecchia guardia” e una generazione che pretende il cambiamento. Le evidenze dicono il contrario anche ad Atreju. (leggi qui La sfida silenziosa per la ‘rottamazione’ in Fratelli d’Italia).

Le alleanze necessarie

Atreju 2019 è alle spalle, ma non lo sono le domande che la manifestazione ha portato con sé: Fratelli d’Italia sarebbe disposto ad allargare le maglie? Se “Cambiamo” di Giovanni Toti dovesse palesarsi alla porta, sarebbe possibile ragionare attorno alla creazione di un Partito più ampio? Una riedizione ridotta del Popolo della Libertà?

Giorgia Meloni © Stefano Carofei, Imagoeconomica

Forza Italia, a occhio, ne resterebbe fuori, ma i totiani forse no. I confini del gruppo consiliare del Lazio sarebbero aperti? Adriano Palozzi, Pasquale Ciacciarelli e Antonello Aurigemma troverebbero spazio? “Dipende” è l’unica risposta corretta. Dalla volontà di Giorgia Meloni, soprattutto, che può optare per un’estensione del bacino elettorale di riferimento, com’è parso valido in funzione delle scorse Europee. Lei gode di un consenso importante. Lei sola può decidere se Fratelli d’Italia ha un destino fuori da se stesso o no.

Per la destra italiana rinunciare alla simbologia non è mai facile, ma se i totiani dovessero semplicemente chiedere di essere annessi, allora la naturalezza del tutto ne trarrebbe giovamento. Inglobati per mancanza di alternative, ma comunque vivi e seguaci di un Partito che, rinato dalle ceneri di An, è comunque rimasto un pilastro del palcoscenico parlamentare. Giorgia Meloni questa consapevolezza ce l’ha già. Giovanni Toti deve trovarla. E questo fa la differenza.