Attaccati ad un Ciampolillo: è la democrazia, bellezza

Senza Ricevuta di Ritorno. La ‘Raccomandata’ del direttore su un fatto del giorno. Ciampolillo non è il segno del decadimento della politica. Al contrario: gli andrebbero intitolate strade e piazze. ecco perché

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Alle 18.30 Giuseppe Conte è salito al Quirinale. Al di là dei contenuti, fermiamo per un attimo il film e riavvolgiamo il nastro. Scendiamo dal Colle e torniamo a Palazzo Madama: lì nelle ore scorse un Ciampolillo qualsiasi ha potuto tenere in bilico il risultato finale del voto di fiducia. 

Uno che voleva curare la Xylella usando un sapone. Che nel momento in cui si è pesato ha preso lo 0,37% alle Comunali della sua città. Uno che ha visto ad una ad una tutte le sua battaglie ignorate dai governi Conte 1 e 2: ma non di meno gli ha rinnovato la fiducia.

In molti lo hanno preso come esempio del degrado della nostra politica. Sbagliano. Ciampolillo invece dovrebbe essere innalzato. Gli andrebbero in titolate strade e piazze. Perché ci ha ricordato quali sono le nostre responsabilità e quanto sia importante il nostro voto più del suo. In un colpo solo ci ha ricordato che non tutti sono uguali. E che lì ce lo abbiamo mandato noi. Nel nome di un cambiamento radicale.

Sant’Agostino diceva che non si cambia: o si migliora o si peggiora. Se il cambiamento portato nel 2018 dagli elettori sia stato in meglio o in peggio sta a loro stessi dirlo.

Certo è che se mandiamo al Senato un Ciampolillo la colpa non è la sua. A votarlo siamo stati noi. E se proviamo del disappunto è con noi, non con lui, che dobbiamo prendercela. 

È per questo che gli andrebbero intitolate strade e piazze: per ricordarci, ogni volta che passiamo sotto la lapide con il suo nome, che elezioni sono una cosa seria, non una chiacchiera da bar. E le conseguenze ce le portiamo avanti per anni. Altrimenti ci si ritrova con un Ciampolillo che arriva in Aula in ritardo.

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