Attenti a’ sinist, e attenti pure a una certa sinistra

No, non era un saluto fascista. Era solo un ordine al reparto in marcia. Un At-tenti che chiunque abbia fatto un solo giorno di naja sa benissimo come si svolga. È proprio a questo che deve stare attenta la sinistra, se non vuole ridursi ad opposizione da operetta

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Un teschio con la rosa in bocca, un ufficiale donna delle Croce Rossa e poi un ufficiale del Comsubin e ancora un capitano dei Carabinieri (quello nella foto di copertina) che nel 2022 levano il braccio in alto per dare “l’avvertitivo”. Cosa hanno in comune? Niente, ma proprio niente se si vivesse in un mondo dove la politica è fatta di argomenti. Di contro hanno avuto qualcosa di eclatante che però ha il tono del vaniloquio social dato che oggi viviamo in un mondo – e in un’Italia – dove la politica è diventata gorgheggio spiritista. A caccia degli inequivocabili segnali del ritorno sfacciato della mistica del Ventennio.

Un po’ di vocabolario

Gruppo di soldati della X Mas ed il loro distintivo

Calma e gesso e squaderniamo termini e protagonisti della faccenda. Il teschio con la rosa rossa in bocca è il simbolo della X Flottiglia Mas, reparto d’assalto monarchico che si schierò con i repubblichini e con i tedeschi nel 1944. Ed in quella seconda fase aprì scorci di barbarie durante i terribili mesi successivi all’armistizio dell’otto settembre 1943. I capitani della Croce Rossa, del Comsubin e dei carabinieri che alzano il braccio per dare “l’avvertitivo” sono solo una parte delle decine di ufficiali che durante la parata del 2 giugno hanno fatto quel gesto per uno scopo preciso. Che non è quello di lodare la barbarie nera che ci portò alla tomba come Paese e come sistema etico.

Cosa c’è di più lontano della Croce Rossa dal fascismo? Eppure sì, nel 2022, quando sul palco dei Fori Imperiali non c’erano Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto pronti ad orgasmi multipli perché si dava memento di nonno Benito ma Mario Draghi ed il ministro Dem Lorenzo Guerini alla Difesa, quel “saluto” pure venne fatto.

Così come venne fatto negli anni precedenti quando lo spettro del fascismo al Governo non lo evocava nessuno perché al Governo non c’era nessuno da pestare sulle rotule. Poi però succede che uno si ferma, mette le dita in pausa dalla tastiera e se lo chiede, se davvero sia il caso di proseguire.

L’usta della Storia

L’ufficiale della Croce Rossa che lancia l’avvertitivo al reparto

Allora arriva l’usta della Storia che è sempre sovrana (per carità di dio presidentessa) anche se ormai di pochi e va avanti. Cominciamo: no, quello fatto dall’ufficiale del Goi alla parata del 2 giugno di ieri l’altro, non è un “saluto” e men che mai è stato un “saluto romano”. E’ un “avvertitivo” che chiunque abbia fatto anche solo un mese di naja barzotta prima di essere spedito a fare il furiere di panza dietro l’uscio di casa ricorda bene.

L’avvertitivo è un pre-ordine che viene dato dal comandante di reparto allo scopo di predisporre la truppa ad un ordine esecutivo che seguirà subito dopo. Un esempio spicciolo? At-tenti è composto da un avvertitivo, con cui alla prima sillaba (At) scandita il soldato fa scattare la testa in alto. E da un esecutivo (-tenti) con cui lo stesso batte il piede unendolo all’altro per onorare un ufficiale, la Bandiera o un’Autorità. Mistica militare dice che se nel farlo fai saltare in aria una mattonella o scrosti una placca di asfalto con annesso formicaio sparato al cielo è ancora meglio. Magari ti becchi una licenza.

Idem dicasi per il “saluto romano” indicato da Michela Murgia in un post-camola. Che ha preso all’amo decine di sodali di una certa sinistra con problemi di diottrie e di esperienza fatta in caserma. Un post che onestamente poteva risparmiarsi. In marcia il conduttore di reparto dà l’avvertitivo alzando il braccio in alto (con la mano di taglio o angolata, Signore Iddio, di taglio, non col palmo all’esterno). E poi fa partire l’attenti a’ sinist o dest, cioè ordina al reparto che marcia di volgere la faccia al palco della autorità. Palco che di solito – ma tu guarda un po’ – sta di lato ai reparti che sfilano. Perché sennò il palco lo pialli e ci passi sopra. Roba ovvia, insomma, roba su cui discettare pare utile come contare i semini delle angurie con i guai del Pnrr in baricentro politico.

Lo sport nazionale

L’ufficiale del Comsubin che lancia l’avvertitivo al reparto in marcia

Eppure da quando c’è Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e i suoi quadri al Governo pare che la conta alle pulci del pericolo nero sia diventata sport nazionale che pallone scansati. E che non passi il dato per cui anche a fare la tara a certe scarrocciate lessicali di alcuni “colonnelli”, oggi attaccare il Governo per i natali biechi anziché per la condotta pratica (lì hai voglia a menare mazzate) è da grulli. Non fosse altro per il fatto che poi devi dare ragione a Matteo Renzi con annesse crisi di coscienza.

Perché bisogna essere grulli o in messianica malafede per dire, contando su un battage social monstre derivante dall’essere personaggi pubblici, che quell’ufficiale del Goi, il Gruppo Operativo Incursori della Marina, ha fatto il saluto fascista. E che lo ha fatto ruffianissimo nello sfilare davanti ad un “impassibile” Sergio Mattarella e ad un “sorridente” Ignazio La Russa. Certo che Mattarella era impassibile: non stava succedendo niente di clamoroso. E certo che La Russa sorrideva sornione: stava passando un reparto che porta il nome di Teseo Tesei.

Cioè di un eroe italiano che mise a regime i “maiali” Slc, i siluri a lenta corsa, roba che nel porto di Alessandria d’Egitto fece Casamicciola col naviglio inglese. E quel Tesei là piacque sia ai repubblichini che a quelli che vennero dopo il 1945. Il Comsubin è l’erede in discendenza fratta di numerosi reparti scelti che erano transitati immuni dalle glorie nere del fascismo a quelle della Repubblica. Perché non ebbero mai altra bandiera che il Tricolore.

Poi era tornata la dialettica, che è cosa buona, e con essa la sua sorellastra degenere, la logorrea di parte. Che cosa proprio buona buona non è. E con l’arrivo dei social il cerchio si era chiuso. La Storia si era dovuta mettere sull’attenti davanti alla disinformazione ed alle paturnie di una certa sinistra. Non tutta per fortuna, che trova identità e cemento solo nel magheggio peloso.

E senza neanche un “attenti a…