Dopo dieci anni di silenzio torna a parlare l'ex consigliere regionale Augusto Pigliacelli. Ritiratosi dalla politica. Ed esiliatosi in Portogallo. Le bici e la necessità di disintossicarsi. Da un mondo che non era il suo. La nuova sintonia con il nipote Marcello. I segnali al territorio: "Fate squadra, dividersi non porta crescita”
Un silenzio lungo anni. Occupati da faticose pedalate in salita, ansimando per conquistare le vette: dalle Ande ai Pirenei, cercando la propria identità nell’ultimo scatto, l’ultimo colpo buttato con rabbia sulla corona dentata innestata alla catena. Augusto Pigliacelli aveva bisogno di depurarsi, fare pace con se stesso. Aveva litigato con la sua identità un giorno d’inverno a cavallo tra il 2004 ed il 2005: presidente della Camera di Commercio a Frosinone, pupillo del Governatore Francesco Storace.
In quel giorno di passaggio Augusto Pigliacelli deve decidere cosa fare di se stesso. Se continuare a fare l’industriale, se uscire di scena al termine del secondo mandato camerale. Oppure se accettare la lunsinga del Governatore: candidarsi alle Regionali nella lista civica del Presidente per andare a fare l’assessore alle Attività Produttive in caso di conferma del centrodestra alla Pisana.
Si racconta di una drammatica riunione in famiglia: la promessa dei fratelli e dei nipoti di fare squadra. Augusto si lancia: 7.258 persone scrivono il suo nome sulla scheda, circa il doppio del secondo arrivato Roberto Perciballi. Entra in Regione ma quel round lo vince il giornalista di Mi Manda Rai Tre Piero Marrazzo: l’assessore lo fa un altro ciociaro Francesco De Angelis eletto a furor di popolo; Augusto diventa presidente del Comitato Regionale di Controllo Contabile. Ma non è il posto suo: la politica con le sue camarille, i suoi sotterfugi, i compromessi non fanno parte degli schemi mentali di Augusto Pigliacelli.
Che alla fine decide di salutare tutti, inforcare una bicicletta e scalare le salite in giro per il mondo. Solo, lui e l’asfalto. La fatica e la sfida. La tentazione di mollare e l’orgoglio di resistere. La necessità di bruciare, ad ogni pedalata, quegli anni passati in Regione. E ritrovarsi.
La telefonata a sorpresa
Rompe il silenzio a sorpresa. Augusto Pigliacelli appare in una video chiamata. A farla è il nipote Marcello, suo successore alla guida degli Industriali della provincia di Frosinone e poi alla Camera di Commercio. Più geniale dello zio e meno estetico nella diplomazia, più abile a scalare il traguardo politico e del tutto negato alla pedalata cicilistica.
È Marcello ad intuire che è un delitto tenere fuori dall’arena un politico da combattimento come Francesco De Angelis appena uscito dal Parlamento Europeo dopo essere stato al fianco di gente come Sergio Cofferati e David Sassoli. Lui gli costruisce l’intesa che spiana la strada per la presidenza dell’Asi: la terza vita in quelle infinite di Francesco De Angelis.
Augusto Pigliacelli riappare in una video chiamata fatta il Primo Maggio dal nipote Marcello: è già questa una notizia. Zio e nipote erano divisi da una sorta di complesso edipico non risolto: troppo orgogliosi, troppo inclini a dimostrare di essere all’altezza del nome. Nessuno saprà mai chi dei due ha fatto il primo passo. Sta di fatto che ora sono insieme sullo schermo dello smartphone. E c’è pure Francesco De Angelis.
Saluti dal Portogallo
Augusto Pigliacelli ha la pelle arrossata dal primo sole sull’Atlantico. Sta al sud del Portogallo. «Il parallelo è Siracusa, 350 chilometri da Lisbona, 3 ore di treno dalla capitale, 40 minuti di volo» dall’aeroporto Humberto Delgado.
È un esule volontario. Si è ritirato dall’Italia. Quell’esperienza politica lo ha segnato. «Qui sto bene. C’è un’altra dimensione, un altro rapporto con la vita di tutti i giorni».
Che vuol dire? La politica gli è rimasta nel sangue. La delusione ormai la gestisce. «Abito lontano, guardo le cose con distacco: però vi dico dal profondo del cuore e con la passione degli italiani che vivono fuori, fate sistema, avete davanti a voi grandi occasioni di sviluppo».
Legge i giornali italiani, segue la politica regionale. Non resiste e manda un segnale: «un grande viaggio comincia perché qualcuno fa un primo passo, avete la responsabilità di compierlo. Fate del bene al Territorio perché lo farete a voi stessi».
Tav, lavori, rifiuti
Non è più la stessa persona partita da Veroli con la nausea per i compromessi. Le salite sulle Ande hanno cambiato qualcosa nella su percezione delle cose.
«Qui non perdono tempo a dividersi. Non fanno discussioni se la stazione della Tav sta a Frosinone oppure a Ferentino, non si mettono a vedere con il compasso se in realtà è per poche decine di metri demanio di Supino. Qui si uniscono e fanno crescere tutto l’insieme. Ci sono cose in mano agli inglesi, altre agli spagnoli: e allora? È una scelta di sistema: è migliorata la vita di tutti. Dobbiamo smetterla di pensare con una visione limitata al nostro giardino».
Un esempio? La gestione dei rifiuti. «Visto da qui non si comprende. Qui li hanno trasformati in un business e lì invece state ancora discutendo su cosa farne. Date un’opportunità: alzate la palla a questo territorio. Sta a voi».
La politica è il passato
Dopo la sua esperienza in regione c’è stata quella di Renata Polverini governatore del Lazio, Mario Abbruzzese presidente del Consiglio Regionale, Franco Fiorito capogruppo dell’allora Popolo delle Libertà. Schiva ogni domanda. «Non era il mio mondo, altrimenti non me ne serei andato».
Dopo di lui il crollo. Ma soprattutto il dubbio morale che proprio Augusto Pigliacelli aveva sollevato in alcuni accesi scontri all’interno di quella che all’epoca era l’Unione di Centro guidata da Pierferdinando Casini. «Non è il tempo, non è l’ora, non ha senso parlare del passato. Pensate piuttosto al futuro di questo territorio».
Solleva un calice di rosso e saluta. Alla prossima sfida. Sia una cima o sia un’opera per il territorio. Chissà se ora è in pace.