L’aut aut di Zingaretti spinge non solo il M5S al dialogo

Le conseguenze dell'aut aut lanciato da Nicola Zingaretti durante il Consiglio Regionale di ieri. Tra mezze aperture e finte chiusure. Ora si apre la partita per le presidenze di Commissione

Simone CANETTIERI

per IL MESSAGGERO

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Prima c’è una grande apertura, poi una secca chiusura che sa di aut aut come nel miglior gioco delle parti. In 47 minuti Nicola Zingaretti parla alla sua maggioranza e soprattutto alle opposizioni per dire a tutti che «insieme» si possono fare grandi cose. Con un modello inedito stile «parlamento europeo». (leggi qui Zingaretti parla e spiazza tutti: «Se il Lazio resta immobile mando io tutti a casa»)

Artifici retorici perché la realtà è fatta di numeri con la testa dura: come si sa, il governatore non ha la maggioranza, ma questo, lascia a intendere, «potrebbe essere anche un bene». E così il presidente è pronto a lanciare una sfida al centrodestra e al M5S: dieci leggi per un’agenda comune. Dal bilancio da approvare subito («Con un collegato aperto ai contributi di tutti», si prevede l’assalto alla diligenza) fino alla sanità. (leggi qui I dieci punti della mappa di Zingaretti per governare il Lazio)

Poi le linee programmatiche di Zingaretti comprendono in sequenza: il piano sociale regionale, quello paesaggistico e quello dei rifiuti («Con l’obiettivo 70% di differenziata»), uno sprint sull’autonomia dell’ente che comprende nuovi poteri per la Capitale, una legge sui diritti della conoscenza e infine il piano triennale del turismo e quello delle opere pubbliche.

Prima di lasciare la parola ai suoi sfidanti alle ultime elezioni, Zingaretti tira fuori gli artigli: «Se tra qualche mese dovessimo prendere atto dell’immobilismo patologico, sarò io stesso a farmi garante per promuovere lo scioglimento del Consiglio e indire nuove elezioni».

 

LE REAZIONI

E qui iniziano i distinguo delle opposizioni. Stefano Parisi va all’attacco: «Guardiamoci in faccia, siamo differenti, caro presidente. Noi vogliamo discontinuità con i 5 anni passati. Le abbassa le tasse? Commissarierà Roma sui rifiuti?».  (leggi qui Quelli che… non la pensano come Zingaretti)

Del centrodestra non parlano gli altri ma Fratelli d’Italia deposita la mozione di sfiducia: adesso serviranno dieci firme per discuterla e votarla. «Tutti a casa», dice Giorgia Meloni. Il consigliere di FI Giuseppe Cangemi nota invece un altro fatto: «Nel decalogo di Zingaretti il grande assente è la sicurezza: nessun piano o progetto, solo un accenno». 

Il vero show però è di Sergio Pirozzi. Il sindaco di Amatrice va dritto al tema: «Io sono per la sfiducia subito dopo il bilancio e nemmeno mi ricandiderò più: voglio sapere chi è maggioranza e chi è opposizione». 

Pirozzi riconosce a Zingaretti di essere «molto astuto». Anzi, «un parac…, come si dice dalle mie parti». Nei dieci punti, sottolinea, «non ci sono le idee degli altri candidati». Ecco perché, conclude, i cittadini devono «sapere chi sta in maggioranza e chi sta all’opposizione».

 

LA SPONDA

La principale indiziata di intelligenza con il nemico, soprattutto da parte di Stefano Parisi, è Roberta Lombardi, capolista del M5S, che si saluta a malapena con la grande nemica interna Valentina Corrado. 

La grillina si mostra conciliante ma non troppo. Prima dice che «per noi l’interesse pubblico deve rimanere preminente» e che è pronta a collaborare sui temi. Poi però si fa sferzante riscrivendo tutte le priorità appena squadernate da Zingaretti («Vogliamo il reddito di cittadinanza!») con una postilla: «Non staremo in consiglio per ratificare le scelte della giunta, la nostra posizione è all’opposizione». Con citazione finale di Tito Livio «Hic manebimus optime».

Stop, la seconda puntata tra una settimana quando proseguirà il dibattito.

Nel frattempo da oggi inizieranno a formarsi le presidenze delle commissioni. Passo dopo passo. Intanto, è stata depositata questa mozione di sfiducia da parte di Fratelli d’Italia: per il momento ci sono tre firme (quelle del gruppo), ne mancano minimo sette per discuterla.

Chissà come, chissà quando.

 

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