Azione di chiusura: «È escluso un accordo con il Pd nel Lazio»

Chiusura di Azione ad un accordo con il Pd nel Lazio per riproporre l'alleanza che in questi anni ha governato sotto la guida di Zingaretti. Dal cerchio di Calenda dicono: «Lo escludiamo di sicuro»

I margini non ci sono. Almeno in apparenza. Se sia una tattica per alzare il prezzo lo diranno i prossimi giorni. Ma al momento il Terzo Polo composto da Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi non intende ricucire con il Partito Democratico. Meno ancora intende farlo nel Lazio: dove la Regione di Nicola Zingaretti è contendibile al centrodestra solo se alle urne ci andrà la stessa alleanza costruita in questi anni dal Governatore uscente.

I numeri li ha declinati ieri sera il Segretario del Partito Democratico del Lazio Bruno Astorre. Per il quale l’attuale patto di governo sfiora il 50% mentre le destre unite arriverebbero al 44,5%. Ma è un calcolo che non impressiona Carlo Calenda. (leggi qui: Lazio, diplomazie al lavoro tra Pd e M5S).

Porte chiuse

Già ieri il Segretario provinciale di Frosinone Antonello Antonellis aveva messo in chiaro che un bis dell’attuale alleanza regionale non è scontato. A chiudere la questione interviene il cerchio intorno al fondatore di Azione: sull’ipotesi di una ricucitura la squadra di Carlo Calenda «Lo escludiamo di sicuro, soprattutto nel Lazio».

Dal Pd arrivano segnali di distensione. Astorre evidenzia che l’alleanza oggi c’è già perché è al governo della Regione. Ma è chiaro che Azione non intenda recitare il ruolo del parente povero: è consapevole che il suo 10% a Roma ed il 6% nelle province rappresentano un valore strategico. Ed intende farlo pesare. Già prima delle Politiche il Partito di Calenda e Renzi aveva detto no al tavolo apparecchiato dal Pd e no alle sue ipotesi di candidatura. Indicando come nome gradito quello dell’assessore Alessio D’Amato.

Quel «Lo escludiamo di sicuro» potrebbe essere tattica. O una pietra tombale al terzo mandato del centrosinistra in via della Pisana.

Ed altre aperte

Valentina Corrado (Foto: Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica)

È una posizione più rigida di quella assunta dal Movimento 5 Stelle. La coordinatrice regionale Valentina Corrado anche oggi ribadisce invece la disponibilità a sedersi al tavolo. Ma per vedere quali sono i programmi. Tutto «dipenderà dalle priorità programmatiche, non ci interessano gli accordi solo a scopo elettorale». 

Ci sono i numeri del voto a cambiare gli equilibri. «Nel Lazio siamo la terza forza politica. In molti comuni come Pomezia e Guidonia, Anzio e Nettuno siamo secondi. Di sicuro i cittadini hanno apprezzato il nostro lavoro nel dare risposte ai problemi concreti. Nei prossimi giorni ci confronteremo». C’è però il tema messo in chiaro ieri sera in diretta su Teleuniverso: «non possiamo ignorare il fatto che il Pd nazionale ci abbia relegati in un angolo, mentre abbiamo dimostrato di essere noi l’unico argine alla destra».

Leodori sulla linea del fronte

Daniele Leodori (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Crede in un’intesa Daniele Leodori, il vice presidente in carica. In mattinata ha commentato la situazione politica nel Lazio dicendo che «Il risultato di domenica sicuramente rappresenta un segnale che deve spingerci ad una riflessione. Ma la tornata elettorale appena passata ci lascia anche alcuni dati positivi. Ne cito uno, visto il ruolo che ricopro. La coalizione che attualmente è al governo della Regione ha ottenuto nel Lazio più consensi rispetto al centrodestra. È un piccolo segnale positivo e un elemento di speranza da cui ripartire».

La realtà è che anche il Pd dovrà però trovare una sintesi al suo interno. Prima delle elezioni la contrapposizione tra le correnti romane aveva raggiunto il punto di fusione. Con i centristi di Area Dem attestati sull’ipotesi di Primarie per scegliere il candidato (disponibili D’Amato e Leodori); Manciniani e Bettiniani favorevoli invece ad una sintesi politica sul nome di Enrico Gasbarra.

Claudio Mancini

Il congresso nazionale anticipato che ha annunciato ieri Enrico Letta porterà ad una fase di riflessione. Ne è consapevole Claudio Mancini. Dice che «è necessario che anche il Pd romano apra un confronto interno ed esprima un nuovo gruppo dirigente in grado di dare impulso rigenerativo e di partecipazione attraverso i circoli e le strutture tematiche. Faccio appello alle esperienze civiche nate con Gualtieri affinché entrino nel Pd per cambiarlo da dentro».