Bartolomeo varca il Rubicone e firma per La Mura

Ufficiale l'adesione dell'area di Sandro Bartolomeo alla candidatura di Amato La Mura come sindaco di Formia. Chi lo ha seguito. E perché. Il Segretario Pd nega l'evidenza. Ecco la mail. L'inutile tentativo di allargare il campo Dem

Ora è ufficiale. La componente del Partito Democratico di Formia vicina al quattro volte sindaco Sandro Bartolomeo ha firmato l’appoggio alla candidatura dell’infettivologo Amato La Mura alla carica di primo cittadino. Presenterà una lista civica.

A varcare il Rubicone sono stati anche i sei componenti del Direttivo Pd che il mese scorso hanno tentato in tutti i modi di evitare la spaccatura del Circolo. Non si erano presentati alla riunione destinata a concludersi con una conta. Che infatti è finita nel mirino dei vertici regionali. Alla fine il Pd del Lazio ha vietato l’uso del suo simbolo alle prossime Comunali di Formia. (leggi qui Il Pd va con Magliozzi. E ora si rischia lo strappo e qui la conseguenza: La scomunica di Astorre: niente simbolo al Pd).

Le truppe di Bartolomeo nel momento di rompere gli indugi hanno detto che “momenti complessi richiedono scelte coraggiose. Per questo abbiamo deciso di mettere, ancora una volta, gli interessi della città prima di ogni altra cosa”.

Il coraggio di Sandro

Sandro Bartolomeo

A Bartolomeo il coraggio sostanzialmente non è mai mancato. Lo ha dimostrato al tramonto della Prima Repubblica nel 1993. Il Comune era terremotato dalle inchieste giudiziarie di Tangentopoli – poi tutte naufragate in sede processuale. In quell’anno, Sandro Bartolomeo ha cambiato registro ad una città che dal secondo Dopoguerra era sempre stata governata dalla Democrazia Cristiana (con una breve parentesi pentapartitica).

Con tre anni di anticipo rispetto a Romano Prodi ha teorizzato ed applicato nel Golfo la prima alleanza tra post democristiani e post comunisti. Un Ulivo ante litteram che rese Formia un laboratorio politico privilegiato insieme alla Roma di Francesco Rutelli ed alla Napoli di Antonio Bassolino.

L’ex sindaco lo ha detto nelle settimane scorse: allora come adesso Formia ha bisogno di un elettroshock. A costo di mettere da parte le ideologie ed unire forze politiche apparentemente inconciliabili. Infatti a sostenere Amato La Mura, con i Dem di Bartolomeo ci sono i neo leghisti che vengono dall’Udc, ciò che è rimasto dell’Udc, i civici di Maurizio Costa. Uniti per “un governo fortemente radicato in città, capace di affrontare le grandi questioni che Formia aspetta di veder risolte da tempo”.

Chi ha firmato

Amato La Mura, Sandro Bartolomeo e Maurizio Costa

 A dire di sì al fidanzamento elettorale sono stati i sei componenti del direttivo Dem  Immacolata Arnone,  Marita Rita Aniballe, Giuliana Candeloro, Antonio Capobianco, Marilena Terreri e Vincenzo Treglia. Con loro anche un nutrito gruppo di sottoscrittori: l’ex sindaco Sandro Bartolomeo, il presidente del Circolo Pd Gennaro Ciaramella, Antonio D’Amico, Gabriele D’Anella, Adriano De Meo,  Maria Antonietta De Meo, Dino D’Urso, Maria Gabriella Evangelista, Pietro Filosa, Luca Mercadante, Alfredo Miraglia,  Filippo Romano, Antonio Sparagna e Franca Valerio.

Tra loro ci sono figure capaci di concentrare molte preferenze. Hanno messo per iscritto che “In questa fase è necessario andare oltre gli schieramenti tradizionali, al fine di costruire una patto civico e programmatico che non guardi al consenso, ma al futuro di Formia”

Quello che intendono raggiungere non è un accordo strutturale tra forze politiche “ma un accordo chiaro su cosa dovrà essere la nostra città da qui a 30 anni”.

Insomma, niente politica: solo traguardi amministrativi da raggiungere nel nome della rinascita di Formia. Ed una buona dose di Realpolitik: il Pd da solo non ha alcuna speranza di condizionare le elezioni, la volta scorsa riuscì ad eleggere a malapena un solo consigliere comunale. Per questo viene annunciato l’abbandono di “percorsi identitari che ci hanno già visto largamente insufficienti, contribuendo, indirettamente, a consegnare la città a coalizioni e forze politiche inadeguate a governarla”.

Lo schieramento si chiamerà in maniera molto semplice “Per Formia”.

Magliozzi nega l’evidenza

Gennaro Ciaramella e Luca Magliozzi

Il segretario Pd Luca Magliozzi intanto nega l’evidenza. È tra i destinatari delle email e delle raccomandate contenenti la diffida ad usare il simbolo Pd nelle elezioni comunali di Formia; partecipare a riunioni politiche per conto del Partito, prendere posizioni che vincolino il Pd alle prossime elezioni. Ma per la seconda volta ha provato ad alzare le barricate affermando in un post su Facebook che “non ci è arrivata nessuna comunicazione ufficiale dagli organi sovracomunali del Pd, non sappiamo se arriverà nei prossimi giorni. Rimane, però, la perplessità per un Partito che si esprime tramite testate giornalistiche e non attraverso un confronto diretto con la propria comunità politica e con chi la rappresenta”.

Nessuno mette in dubbio la parola del Segretario: la mail e la raccomandata sicuramente non gli saranno arrivate. Altrettanto è certo che il Partito gliele abbia spedite.

Magliozzi ha continuato a difendere la sua posizione: “Abbiamo sempre rispettato le regole e continueremo a farlo. Se ci vengono mosse contestazioni non avremo problemi a discuterle in tutte le sedi opportune con la serietà e la serenità che ci ha sempre contraddistinto”. È certo di poter “dimostrare la nullità dell’eventuale diffida”.

La componente Dem di Bartolomeo ha rotto gli indugi probabilmente quando ha capito che un estremo tentativo per riallacciare le fila del dialogo con Magliozzi sarebbe stato inutile.

Il campo impraticabile

Paola Villa e Pasquale Di Gabriele. Foto: Andrea De Meo

Magliozzi non demorde. Assicura che “il Partito Democratico di Formia è e sarà in campo con la sua comunità, le sue idee ed i propri valori. Andiamo avanti con il coraggio, con il rispetto e con il sorriso, come abbiamo fatto fino ad oggi”.

In realtà in queste ore si scopre che anche Sandro Bartolomeo aveva sondato la possibilità di dare vita ad un’alleanza omogenea di centrosinistra. Ma era naufragata. “Non abbiamo mai detto No ad un campo largo composto da forze civiche e politiche nell’ambito del centrosinistra e dei moderati. Semplicemente, questa possibilità non è mai stata praticabile causa indisponibilità dei gruppi coinvolti, al netto di qualche sigla e forza politica a sinistra del Pd”. 

Insomma Magliozzi viene accusato di aver pensato ad un campo  progressista davvero mignon. Più stretto di quello proposto nel 2018, a causa del quale molti dirigenti ed elettori Dem decisero di finire  dentro la vincente (allora) area elettorale di Paola Villa. Com’è finita quella consiliatura è a tutti noto.

 La responsabilità politica di Magliozzi viene individuata nella parte iniziale del documento che ufficializza l’entrata nella coalizione capeggiata da Amato La Mura. “Mentre provavamo a spiegare l’inesistenza di un campo largo alternativo alla proposta trasversale, altri hanno scelto di prendere posizioni pubbliche pur senza certezze politiche o mandati”.

E poi la lacerazione. “In ultimo ci sono stati  gli strappi, che ancora facciamo fatica a comprendere, con votazioni in Direzione di punti non iscritti all’ordine del giorno e surroghe a dir poco fantasiose e illegittime. Questo atteggiamento irresponsabile e questa palese incapacità di guidare il Partito e portarlo ad una posizione unitaria ha avuto principalmente due effetti: radicalizzare fortemente le posizioni e spaccare il Partito in vista della prossima competizione elettorale”.

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