«Basta globalizzazione, ora serve una nuova economia»

Il Ceo Profima disegna i nuovi scenari per l'Italia. Economia di scala e soluzioni 4.0 in attesa che i flussi turistici tornino a fare la differenza.

Bisognerà rivedere tutto, riorganizzare in modo diverso, pensare schemi differenti: «altrimenti non avremo imparato niente dalla pandemia. Occorrerà una radicale riorganizzazione della Global Supply Chain, la catena di approvvigionamento mondiale. Francia e Germania hanno già avviato questa riorganizzazione. Adesso tocca a noi in Italia e la provincia di Frosinone è elemento strategico di questa catena». Nemmeno il tempo di festeggiare: è stato sviluppato da lui con il suo team uno dei 20 progetti ammessi a livello nazionale al bando Made Competence Center Industria 4.0 previsto dal piano finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico, si tratta di un’azienda del Nord. «Niente brindisi, dobbiamo pensare al dopo, a ripartire» Enzo Altobelli è il Ceo di Profima, una delle società italiane più accreditate in tema di consulenza finanziaria ed industriale per le imprese.

Enzo Altobelli

La visione della finanza agevolatadi cui Altobelli è pragmatico guru, si è scontrata con quello che Covid ha determinato nell’economia mondiale. Molti parlano di disastro e di macerie. Il fondatore di Profima invece spiega «L’economia non esce sconfitta da questo Coronavirus ma solo con una diversa prospettiva, che vede l’Italia chiamata all’adattamento a nuove contingenze. Un adattamento veloce, efficace e che vada a traino di un’Europa deglobalizzata». Significa che la Germania ha visto le linee Mercedes, Bmw e Volkswagen fermarsi perché non avevano la certezza delle forniture di componentistica da Italia (in particolare dalla provincia di Frosinone che è tra le eccellenze) e Spagna.

Cambia il modello

Dal suo ufficio di Frosinone l’ingegner Enzo Altobelli dice che «non andiamo verso un’economia di guerra. Ma andiamo verso un adattamento che produrrà in economia di scala con automazioni potenziate al massimo». Insomma, si accelera sul 4.0 che vede uomini e robot interagire come già accade nello stabilimento Fca Cassino Plant ed in molte altre realtà della zona.

La paura degli analisti sta nel rialzo dei prezzi. «Per debellare il rialzo dei prezzi al consumo in un’economia ‘da cortile’ le soluzioni sono tutte 4.0: dall’agricoltura all’industria». È la nuova sfida digitalizzata per il nuovo mondo economico che ci aspetta, il mondo che ci ha consegnato Covid. Perché la crisi globale generata dalla pandemia è «una crisi che non ha precedenti nella storia mondiale».

Shock d’offerta e poi di domanda

Foto © Vince Paolo Gerace / Imagoeconomica

Nella sua analisi Altobelli parte da lontano, da quando la produzione in Cina si fermò e trasmise la sua paralisi al mondo intero. «Inizialmente, quando ancora l’Organizzazione Mondiale della Sanità non aveva dichiarato la pandemia, con il lockdown di Wuhan e di alcune province dello Hubei, le fabbriche locali hanno smesso di produrre. Hanno smesso anche di consegnare ai propri clienti distribuiti in tutto il mondo. Conseguentemente molti stabilimenti nel mondo hanno dovuto bloccare o rallentare la produzione. A causa di cosa? Della mancanza dei componenti provenienti dalle fabbriche chiuse. Ciò ha provocato globalmente uno shock dell’offerta poiché non potendo produrre non era possibile soddisfare le richieste del mercato»

Poi il contraccolpo con l’offerta assente che incontra una domanda in affievolimento progressivo.

«Subito dopo, quando ancora le fabbriche cinesi non avevano ripreso la produzione, quindi ancora in una fase di shock dell’offerta, altri Paesi nel mondo hanno avviato in tempi e modalità diversa il lockdown. Tutto questo ha generato così anche uno shock della domanda. Le persone chiuse in casa e le attività produttive bloccate hanno smesso di comprare»

Parola d’ordine: riorganizzarsi

Stabilimento Fca Cassino Plant

«Entrambi questi eventi – spiega a questo punto Altobelli – hanno comportato e comporteranno profondi cambiamenti e una radicale riorganizzazione della Global Supply Chain, la catena di approvvigionamento mondiale. Francia e Germania hanno già avviato questa riorganizzazione».  

In pratica, nessuno vuole rischiare di dover fermare le proprie fabbriche perché non arrivano i componenti da un’altra parte del mondo. Come avvenuto nel caso della Germania e della componentistica italiana.

Le aziende del nostro territorio rischiamo di perdere una parte dei clienti stranieri? Per il Lazio e la provincia di Frosinone rischia di essere una tragedia: l’export è una voce essenziale nei conti del Pil regionale. «L’Organizzazione Mondiale del Commercio stima che il commercio globale si potrà contrarre fino al 32% nel 2020, a causa della pandemia. Le previsioni più rosee parlano invece del 13%. Stime drammatiche per l’Italia, sia perché è un Paese esportatore sia perché il 14% del Pil deriva direttamente o indirettamente dal settore turistico, trainato chiaramente dai turisti stranieri».

«L’Organizzazione si attende un recupero degli scambi internazionali per la fine del 2021. Il tempo e la velocità della ripresa dipenderanno dalla durata della diffusione del virus e dall’efficacia delle politiche intraprese per il contenimento dell’emergenza sanitaria, eventuale vaccino compreso». 

Lavoratore con casco in fabbrica Foto © Sergio Oliverio / Imagoeconomica

Nel frattempo? «Bisognerà puntare sulla domanda interna. E sui nuovi fabbisogni. Tanto per fare un esempio: fino ad oggi abbiamo comprato in Cina le nostre mascherine perché il mercato ce ne chiedeva poche. Adesso ne occorrerà un numero elevato al punto che sarà conveniente produrcele in casa. Non sarà un fenomeno legato al Covid-19. La pandemia ci ha insegnato che la mascherina potrebbe contribuire a limitare la diffusione di tante malattie virali alle quali siamo abituati. Prima tra tutte la normale influenza. Quindi la mascherina entrerà a far parte del nostro corredo quotidiano».

Ragionamento analogo per i disinfettanti. E per molta altra manifattura che abbiamo perso.

Dove investire

A questo punto, con il turismo ingessato ed ‘appeso’ a indefiniti tempi migliori, per Altobelli la strada italiana è segnata e non consente scarti di lato. «L’Italia, nell’attesa dei copiosi flussi turistici stranieri, dovrà riscoprire se stessa, accorciare la propria supply chain. Non dovrà perdere l’occasione di inserirsi nella costituenda catena produttiva Europea per ampliare i propri volumi di vendita.

Infatti, solo sfruttando le economie di scala da un lato e l’automazione dei processi produttivi dall’altro la deglobalizzazione non si rifletterà in una impennata dei prezzi al consumo. Non ci resta che investire in fabbriche e agricoltura 4.0, digitalizzazione e infrastrutture»