Bea ricomincia da Clam: la mela non cade mai (troppo) lontano dall’albero

La regista Beatrice Mancini in anteprima nella sua Ceccano con la performance “Ricomincio da Clam – Chi si ferma è perduto”. È incentrata su poesie e componimenti di suo padre Claudio: L’Inclito, figlio illustre della città, nipote di un Deputato del Regno d’Italia. Renna li definì «versi corrosivi», la figlia li ha trasformati in uno spettacolo

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Clam se n’è andato il 10 ottobre 2018, all’età di 82 anni. Il feretro, accolto dalla camera ardente di Sora, ha raggiunto l’indomani la cappella di famiglia del signorile Palazzo Mancini di Ceccano: intitolato, come la piazza sovrastata dal Castello dei Conti, all’ingegner Camillo Mancini. È il tre volte Deputato del Regno d’Italia che favorì l’industrializzazione della sua città agli inizi del Novecento. Era il nonno di Claudio, nonché il bisnonno di Beatrice.

Claudio e Beatrice, padre e figlia, diversi tra loro. Ma non le dite che la mela non cade mai (troppo) lontano dall’albero. Ora quell’albero sarà al centro del suo spettacolo performativo “Ricomincio da Clam – Chi si ferma è perduto”. In Piazza San Giovanni a Ceccano farà rivivere suo padre, con cui aveva un rapporto altalenante, attraverso i suoi versi e componimenti.

Beatrice Mancini, con un impianto circense, andrà in scena accompagnata da Francesco Lombardi al piano, Massimiliano Malizia alla tromba, Mirko Chiucchiolo al trombone, Raffaele Bove (alias Monkey Brown) al contrabbasso e Luca Quattrociocchi alla batteria. Loro saranno al centro e il pubblico tutto intorno. L’anteprima si terrà immancabilmente a Ceccano, nella serata di lunedì 25 luglio, nel quadro del XIV Festival Francesco Alviti. Coprirà sessant’anni di storia del Paese: di Ceccano e dell’Italia.

Ricomincia da suo padre: L’Inclito

Claudio Mancini, Toga d’Oro

Claudio Mancini, alias Clam, ha vissuto tante vite di successo: Toga d’oro, degno erede di una dinastia di avvocati, ma anche politico, insegnante di materie giuridiche ed economiche, scrittore, poeta, penna satirica e caustica. Fu corrispondente, tra gli altri, de Il Tempo e Il Messaggero. Nel 1960 ridiede vita al movimento giovanile di una sezione romana della Democrazia Cristiana: non una qualunque, quella di Ponte e Parione, che aveva tra i cofondatori suo padre Enofilo e tra gli iscritti un certo Giulio Andreotti.

In un suo auto-ritratto, una dettagliata biografia lasciata ai posteri, scrive che «in Ceccano comincia a stabilirsi a fine 1964 per assistere l’anziana madre, desiderosa di vivere nel Palazzo Mancini i suoi ultimi anni». Non proprio così: in realtà se ne andò da Roma, come svela sua figlia, «quando decise di smettere di fare politica». Ed era il tipo che, se gli avessero chiesto spiegazioni, avrebbe sbottato: «Perché non mi va più di farla».

Vero e proprio pungolatore, negli Anni Duemila aveva costituito L’Inclito Rompiclub: una battagliera associazione che, tra le sue iniziative, protestò contro la realizzazione di una discarica nella vicina Giuliano di Roma e sollecitò l’apertura della superstrada per il mare. È da considerarsi altresì fondatore agli inizi degli anni Settanta dell’odierno Istituto Tecnico Economico di Ceccano: la scuola in cui ha insegnato a tantissimi professionisti locali. È uno dei figli illustri della città. Della sua opera intellettuale Luciano Renna disse: «Questi versi corrosivi e ironici, criticano abitudini e vizi, e divertendo fanno riflettere».  Faranno riflettere anche nel 2022. Grazie a sua figlia.

Interferenze a Venezia e col padre

L’attore Marco Bocci in Interferenze di Beatrice Mancini

Beatrice, regista e sceneggiatrice, il successo ha iniziato a toccarlo nel 2008. Quattordici anni fa partecipò fuori concorso alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia: per esteso Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica, svoltasi dal 27 agosto al 6 settembre.

In quella sua pellicola in bianco e nero, Interferenze, il protagonista era tal Marco Bocci: conosciuto nell’ambiente ma non ancora famoso. Da lì a poco sarebbe diventato il Commissario Nicola Scialoja della fortunata serie Romanzo Criminale. Il montatore, invece, era Francesco Di Stefano. Che ha appena vinto il Nastro d’Argento 2022 per il montaggio del film Freaks Out. Beatrice potrebbe dirlo che li ha lanciati lei. Ma non lo dice.

Interferenze anche con quello che, a detta sua, era spesso più un figlio che un padre: «Il nostro era un rapporto di due persone che si avvicinano ma non riescono mai a prendersi. Noi alla fine non riusciamo mai a incontrarci – racconta Beatrice Mancini -. Ero a Roma e lui in quel giorno aveva da fare. Torno a Ceccano per la “Giornata del dialetto” e lui in quel giorno ha da fare. Alla fine mi sono resa conto che, nella circolarità della drammaturgia contemporanea, questo rapporto gira, gira e gira, ma poi non arriva mai al sodo».

«Come gli altri padri? Non mi va»

La regista Beatrice Mancini sul set
Beatrice, cosa aspettarsi da “Ricomincio da Clam”?

«Nello spettacolo vengono raccontati aneddoti e conversazioni in parte realmente avvenute in periodi diversi. C’è un episodio molto buffo che riguarda la mia patente ed è legato ai versi di “Uomini e strade”. È il suo dialogo interiore, in questo caso, con il territorio. Racconta l’episodio in cui gli chiedo di darmi lezioni di guida e lui lì per lì si rifiuta».

E perché mai si rifiuta?

«Si rifiuta perché il mio rapporto con lui è stato sempre molto poco genitoriale. Mio padre è stato spesso figlio. “Ma perché non vuoi fare quello che fanno gli altri padri?”, gli chiedevo. E lui rispondeva: “Perché non mi va. Punto”. In realtà non se la sentiva perché aveva paura che facessi un incidente, cosa che manco a dirlo è poi successa. Mi ero ribellata un po’, lui riprende le redini da genitore, mi accompagna in questa guida e poi facciamo il botto (ride, ndr)».

Quanta politica c’è nello spettacolo?

«C’è soprattutto un pezzo relativo alla politica, che è poi l’ingresso a “1995, buon anno Ceccano”, anche con nomi di personaggi ancora viventi che saranno invitati allo spettacolo. Lì gli svelo che, nonostante le sue aspettative, le mie idee politiche sono diverse dalle sue. Ma mi dà dei consigli e anche lui, che ha sempre parlato poco del suo passato, si svela… C’è l’equilibrismo, che in scena viene vissuto come lo stare in bilico tra le tragicomiche della vita. Il primo pezzo in cui sto in equilibrio si intitola “740” e parla degli italiani che pagano le tasse».

«Il potere di una visione che va oltre»

L’avvocato Claudio Mancini e suo nonno Camillo, deputato del Regno d’Italia
Suo padre e la politica: ce ne parli.

«Lui ha passato i suoi primi 35 anni di vita a Roma. In realtà la lasciò e tornò a Ceccano quando decise di non fare più politica. In qualche modo era un attivo movimentatore della vita culturale, ma non ha mai più preso le parti. La sua potenza è stata quella di ispirare gli altri a fare. Come quella volta in cui Pinetto Bonanni (esponente cittadino della Destra sociale, ndr) decise di fondare una squadra di baseball».

Che successe quella volta?

«Presentò il magistrato Stanislao Di Donato a Bonanni, tutti dello stesso giro politico, e Pinetto si appassionò a questo sport a tal punto da fondare una squadra di baseball a Ceccano. Ispirava iniziative senza poi prenderne parte in modo diretto. Aveva il potere di una visione che va oltre. E poi le sue poesie, molte che sembrano scritte ieri. Una delle poesie che performerò si intitola il “Fisco Drago”, sulla politica di Mario Draghi appena arrivato nel 2012 alla Bce, oggi più che mai di attualità. Secondo me è uno dei pezzi più belli che abbia mai scritto».

Beatrice ricomincia da Clam, ma anche da sé stessa. La mela non è più così idealmente lontana dall’albero scorbutico. Perché lei, forse non sulle sue labbra, ma era sempre presente nei suoi pensieri e versi.