Via alla nuova Legislatura in Consiglio Regionale. Intrighi, sgambetti, accordi, patti e strette di mano. La cronaca della seduta di insediamento. Aurigemma presidente ma su tutte le altre votazioni...
Via della Pisana numero 1301, la Prima Repubblica non è mai morta ma si è ritirata qui. A quattro passi dai palazzi che furono scenario del vero potere, abbastanza distanti per poter lavorare al riparo da sguardi indiscreti: Uscita 32 del Raccordo Anulare, direzione fuori Roma, campagna.
Gli intrighi e gli abbracci, i riti e le liturgie, le coltellate alla schiena e gli scontri frontali, i veleni e le strette di mano: sta tutto qui, come se il tempo non fosse mai passato. Politica vera. Come ha dimostrato questa mattina la seduta di insediamento del nuovo Consiglio Regionale: con il Dna del centrodestra dopo i dieci anni di Nicola Zingaretti, a trazione Fratelli d’Italia che ha due terzi della maggioranza e li ha fatti pesare fino all’ultimo grammo. Reclamando e prendendo tutto quello che gli spettava. (leggi qui: Via alla giunta di FdI con cui Rocca guiderà il Lazio).
Baci, abbracci e selfie
Il corridoio principale che porta all’Emiciclo viene chiamato ‘Il piccolo transatlantico‘: perché è lunghissimo come il corridoio del Transatlantico a Montecitorio sul quale passeggiano i deputati. Per il resto le similitudini finiscono qui: tanto è lussuoso e raffinato quello della Camera dei Deputati, tanto è spoglio e razionale questo della Pisana.
Qui si è consumato il rito della prima seduta, l’insediamento dopo le elezioni. I più ansiosi sono cominciati ad arrivare verso le 9.30 del mattino, i più scafati non si sono fatti vedere prima delle 11. Già alle 10 c’è la folla di via del Corso nei giorni dei saldi o quelli dei regali di Natale. Baci, abbracci, selfie, foto di gruppo: manca solo la mamma premurosa che aggiusta lo zaino sullo spalle del suo ometto o della sua principessa.
Ma qui non è un educandato, in questo corridoio la politica vera fa morti e feriti gravi. Lo testimoniano le presenze ‘non convenzionali‘: big nazionali venuti a marcare il territorio, verificare il rispetto dei patti. A metà mattinata spunta la pelata del vice presidente della Camera dei Deputati Fabio Rampelli, asciutto come un’alice c’è l’ex potentissimo sottosegretario Marco Verzaschi che qui fu assessore; sembra l’ologramma di se stesso il deputato Luciano Ciocchetti (FdI) perché è identico a quando 23 anni fa era qui come capogruppo del Ccd e poi assessore all’Urbanistica.
I più accorti riconoscono il senatore Andrea De Priamo e l’inconfondibile profilo di Arianna Meloni vero motore del “mondo tricolore”.
Un attimo di magone
Presiede la seduta il Consigliere Anziano, guida i lavori nelle prime battute per procedere all’elezione del Presidente del Consiglio Regionale titolare. In base allo statuto l’anziano è Daniele Leodori: fino a pochi giorni fa è stato il reggente della Regione al posto di Nicola Zingaretti andato a Montecitorio; doveva essere il suo erede, il candidato naturale dopo esserne stato efficientissimo vice e capomacchina per un’intera legislatura: le logiche della politica Pd hanno voluto altro.
Il destino vuole che oggi non ci sia l’uomo più convinto su quella candidatura e che fece di tutto per realizzarla: Bruno Astorre è venuto a mancare una decina di giorni fa. In questa Aula fu mattatore e presidente quando Guido Milana andò in Europa.
Con il groppo in gola, Daniele Leodori apre la seduta e dice “Sono a chiedervi, e non avrei immaginato di farlo io, un minuto di silenzio in memoria del senatore Bruno Astorre“. L’Aula si alza in ricordo di un gigante.
La festa è finita
Fine della festa. Ora si comincia a fare sul serio. Bentornati nella Prima Repubblica. Chi conosce l’Aula capisce le fibrillazioni. Attraversano tanto in centrodestra quanto il centrosinistra in questo avvio della XII Legislatura. A destra è in atto un braccio di ferro all’interno dei Partiti: l’assegnazione degli assessorati e degli incarichi non ha lasciato tutti soddisfatti. A sinistra è già arrivata l’onda di Elly Schlein: i rumors dicono che la pattuglia Dem spianerà la strada all’elezione di un grillino in Ufficio di Presidenza voltando le spalle ai renziani di Italia Viva alleati delle elezioni di febbraio.
Tutto fila liscio sull’elezione del Presidente del Consiglio Regionale: Antonello Aurigemma. Alla prima chiama gli manca un solo voto per raggiungere la maggioranza qualificata; al secondo giro di votazioni gli basterebbero 31 voti ma ne incassa ben 36. È il primo segnale che qualcosa sta succedendo. A votarlo sono stati anche esponenti del centrosinistra: ci sono i 2 voti dei renziani che hanno appena saputo del voltafaccia Dem e ce n’è pure qualcuno del Pd.
È solo l’inizio. Quando si è arrivati a scegliere i vicepresidenti i conti non sono tornati nella maggioranza. Pino Cangemi (Lega) è rimasto un voto sotto il “quorum” dei 31 consiglieri della maggioranza. Qualcuno non ha gradito il suo sfogo su Facebook dove non ha nascosto che puntava a ben altro ruolo (la presidenza al posto di Aurigemma o un assessorato). “Forse avevo altre aspettative visto lo straordinario risultato elettorale: primo degli eletti nel Lazio con oltre 15mila preferenze… e primo anche rispetto agli eletti nella Regione Lombardia. Ma in politica ci sta anche questo… Un round alla volta“.
Il secondo vicepresidente spetta alle opposizioni. Che hanno eletto Daniele Leodori con 20 voti ed una scheda bianca. È un segnale politico importante che lascia intuire i futuri assetti del Pd nel Lazio ora che si dovrà eleggere il successore del compianto Bruno Astorre nel ruolo di Segretario regionale. Diverso sarebbe stato se avesse scelto di guidare il Gruppo. Invece lo ha lasciato nelle mani dello zingarettiano Mario Ciarla eletto nel pomeriggio.
L’onda Schlein
Per capire cosa sta succedendo bisogna aspettare l’elezione dei tre consiglieri Segretari che affiancano il presidente Antonello Aurigemma e si aggiungono i due vicepresidenti Pino Cangemi (Lega) e Daniele Leodori (Pd).
La cronaca dice che vengono eletti Micol Grasselli (Fratelli d’Italia) con 18 voti e Fabio Capolei (Forza Italia) con 13 voti, in quota maggioranza; Valerio Novelli (Movimento 5 stelle) con 17 voti, in quota opposizione. Un voto va a Marietta Tidei (Azione – Italia viva) e due schede sono state votate in bianco. Sono tutti consiglieri regionali eletti nella circoscrizione di Roma Capitale e tutti al secondo mandato consecutivo, tranne Grasselli.
Il centrosinistra è attraversato da fortissime fibrillazioni. La linea è quella di privilegiare il dialogo con il M5S anche se questo mette in secondo piano Azione – Italia Viva con cui erano alleati alle elezioni. Ma il voto in Aula mette a nudo che il blocco di 20 consiglieri delle minoranze (Pd – Verdi Sinistra – Italia Viva – M5S) non ha rispettato la linea di votare un esponente M5S per il segretario d’Aula di ‘competenza’ delle opposizioni.
Novelli non è stato votato dai due consiglieri renziani che hanno saputo solo oggi della decisione; con ogni probabilità non lo ha votato nemmeno il candidato governatore sconfitto Alessio D’Amato, imposto da Carlo Calenda come nome di convergenza per partecipare all’alleanza.
La rabbia di Luciano Nobili
Non c’è solo il fatto che Italia Viva sia stata tenuta all’oscuro della decisione di convergere sul grillino Novelli. Ma c’è il fatto che i renziani si aspettavano quel posto da Segretario per la loro Marietta Tidei. La nuova linea Schlein ha cambiato le cose. Ed il super renziano Luciano Nobili (responsabile organizzativo nazionale di Iv) ha messo subito in chiaro che così si va alla rottura.
“Ci è dispiaciuto apprendere solo oggi all’apertura del Consiglio della scelta di un esponente del M5S come Segretario d’aula. Siamo stati in coalizione con il centrosinistra per Alessio D’Amato e ci aspettavamo un incontro di coalizione per decidere i primi passi e condurre insieme una attività di opposizione ha detto Nobili. Invece nessun incontro. Ed i renziani sono stati messi di fronte alla scelta compiuta.
Nobili dice di non comprendere “perché riabbracciare subito chi ha fatto vincere la destra. Come se si fosse già conclusa la parentesi di una coalizione di centrosinistra riformista. Magari è il nuovo corso del Pd… Spero che si possa lavorare insieme per incalzare la coalizione di centrodestra”.
Lancia messaggi sibillini. Che scuotono l’amministrazione comunale di Roma. Chiedendo chiarezza sul futuro del termovalorizzatore di Roma. “Muterà la posizione del Pd? Immagino di no perché il sindaco Roberto Gualtieri è a favore e noi lo sosteniamo. Spero che questa apertura di oggi ai Cinquestelle in ufficio di presidenza non significhi tentennare su cose che servono a Roma e alla Regione“.
Leodori ed il sassolino nella scarpa
Daniele Leodori sparge il sale sulla ferita. Nega che le cose stiano come dice Luciano Nobili. Lo impone il pragmatismo della politica. E lui sa esserlo come il suo maestro Bruno Astorre: apparentemente dolce, profondamente pragmatico.
“Abbiamo rispettato ciò che è sempre accaduto in quest’Aula nelle passate legislature” spiega Leodori. Pertanto “dei due posti in Ufficio di presidenza spettanti alle due opposizioni che si sono contrapposte al centrodestra, quello di vicepresidente d’Aula è andato alla coalizione arrivata seconda e l’altro di Segretario d’aula, è andato alla seconda opposizione“.
Dalle parole di Nobili trapela il rischio della fine del percorso comune tra Terzo Polo e PD iniziato in campagna elettorale e quindi di una frattura nel campo del centrosinistra alla Pisana. Non sarà Daniele Leodori a stracciarsi la camicia per il dispiacere: lo scorso autunno ha dovuto incassare lui il diktat del Terzo Polo che di fatto lo ha silurato sulla via della candidatura a Governatore imponendo al suo posto Alessio D’Amato. Fece un passo di lato, ribadendo la sua fedeltà. Ora sono le truppe di Leodori e Astorre ad avere il governo della scelta. È la politica, bellezza.
Leodori ribatte: “Non è la conclusione di un percorso ma l’inizio di un altro percorso. Sia l’elezione del Vicepresidente che quella del Segretario d’aula hanno dato dimostrazione di un tentativo di tracciare una visione di un’opposizione unita anche in prospettiva. Al di là delle diverse visioni elettorali che ci hanno portato alla sconfitta, oggi inizia un nuovo percorso che dovrà vedere unite le opposizioni nel non fare sconti alla maggioranza di centrodestra“. Il sassolino nella scarpa sta tutto nell’espressione diverse visioni elettorali che ci hanno portato alla sconfitta.
E Alessio D’Amato? Isolato. Dice “Condivido la necessità di istituire un coordinamento delle opposizioni”. Aspetta e spera.
Fibrillazioni a destra
Ma il clima non è migliore a destra. Fratelli d’Italia s’è presa 7 assessori (6 in aula più 1 ad interim con la Sanità al governatore Francesco Rocca), il presidente del Consiglio regionale ed il vicepresidente della Giunta. Inoltre si è scelto le deleghe migliori ed ha lasciato poco più delle briciole agli alleati. La Lega e Forza Italia hanno avuto solo due posti in Giunta. Lo stesso schema di ripartizione pare destinato a ripetersi sulle Commissioni. (Leggi qui: Regione, il fight club della giunta: tutto fatto, la firma è alle 11 di domenica).
Fratelli d’Italia chiede 7 presidenze lasciando a Lega, FI, Udc e Lista Rocca le altre 4 di competenza della maggioranza. Le 2 delle opposizioni (Vigilanza sul pluralismo dell’informazione e Trasparenza dovrebbero essere divise tra le sensibilità interne: una dovrebbe andare al Consigliere rieletto Sara Battisti di Frosinone, vice segretario Regionale del Pd. più il Comitato di Controllo Contabile ed il Comitato per il monitoraggio dell’attuazione delle leggi.
Il vero nodo per cercare di riequilibrare i pesi è rappresentato dai 4 sottosegretari che andrebbero a integrare la Giunta. Verranno istituito cambiando lo Statuto regionale, sull’esempio di quanto fatto dalla Lombardia. Oggi Francesco Rocca ha confermato che verranno fatti: uno per ogni Partito. Ma dovrà giustificarne la necessità dal momento che gli assessori vennero tagliati dalla Spending Review, il loro ingresso farà aumentare i costi e lo stesso governatore ha già denunciato gli squilibri nei conti del Lazio.
Sottosegretari ma con calma
Non saranno istituiti in tempi rapidi. Infatti, serve una modifica allo Statuto con doppia votazione in Consiglio regionale a distanza di due mesi l’una dall’altra.
In mezzo a tutto ciò entro un mese al massimo l’Aula dovrà approvare un bilancio “tecnico”, anche per consentire le assunzioni del personale esterno nei gruppi e in Giunta. E poi, verso luglio (forse), si andrà ad un assestamento di bilancio più “politico”. In quell’occasione potrebbero essere “infilati” i sottosegretari, sempre che prima ci sia stata la modifica dello Statuto. Ma i tempi sono strettissimi
L’allargamento, di fatto, della Giunta aiuterebbe a risolvere qualche mal di pancia nel centrodestra. Come quello dell’Udc, rimasto fuori dall’esecutivo e che al momento, al massimo, potrà avere una presidenza di commissione. A Pontecorvo l’ex sindaco Riccardo Roscia aveva già festeggiato pubblicamente, stappando lo spumante e rilasciando interviste ai giornali nelle quali annunciava il suo assessorato in quota Udc. Oggi l’unico eletto dello scudo crociato Nazareno Neri ha sostanzialmente annunciato l’appoggio esterno: voterà solo i provvedimenti previsti dal programma di Rocca, sul resto si vedrà.
È altrettanto vero però che la scelta dei sottosegretari riaprirà le discussioni dentro i Partiti. Primo tra tutti Forza Italia, dove l’ala romana riconducibile a Claudio Lotito (che ha eletto Giorgio Simeoni) cercherà di avere la meglio su quella di Antonio Tajani, che non è riuscito a fare eleggere nessun Consigliere. La pattuglia azzurra in Regione è tutta di Lotito e Claudio Fazzone.
Il Risiko delle Commissioni
Per quanto riguarda le commissioni, il quadro è ancora da definire ma Marco Bertucci (FdI) e Angelo Tripodi (confermato capogruppo della Lega) salvo sorprese in extremis avranno la presidenza della Bilancio e della Sanità. Commissione sulla quale pare avesse puntato i piedi la neo eletta Alessia Savo (FdI)
Posti sicuri nel ruolo più importante anche per gli esponenti Laura Corrotti, Enrico Tiero (molto contrariato per la scelta di Elena Palazzo come assessore nonostante sia arrivata dietro di lui alle elezioni), Edy Palazzi, il consigliere comunale di Frosinone Alessia Savo (per lei si parla dell’Agricoltura), l’ex sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano (Forza Italia), Nazareno Neri (Udc) e Mario Crea (Lista Civica Rocca).
Sempre in tema di commissioni e fibrillazioni, anche nel centrosinistra c’è qualche crepa da sanare. La scelta di optare per il pentastellato Valerio Novelli come Segretario d’aula aumenta le aspirazioni del Terzo Polo che vede una presidenza come una forma di compensazione. Ma ci guardano con attenzione anche i Verdi-Sinistra rappresentati in Aula da Claudio Marotta e che non vogliono restare fuori.
Tuttavia, il PD punterebbe a dare tre presidenze a Enrico Panunzi, Eleonora Mattia e Marta Bonafoni, quest’ultima non iscritta al Partito ma in predicato di entrare nella segreteria Dem nel nuovo corso targato Elly Schlein. I conti, al momento, non quadrano. Anche in considerazione dei numeri di Sara Battisti: il dato più alto in percentuale nel Pd, il numero di preferenze in termini assoluti; e poi il fatto che nelle due postazioni principali sono andati uomini. E che lei rappresenterebbe i territori mentre quasi tutto finora è andato a Roma.
Si torna in Aula giovedì 16 marzo. I lavori riprenderanno con l’intervento del presidente della Regione Francesco Rocca: presenterà la Giunta “unitamente al programma politico e amministrativo“. Ma oramai è chiaro. È qui che abita la Prima Repubblica. Se la politica vi piace.