I big locali non garantiscono (quasi) nessuno

Gli ultimi colpi di scena sulle candidature dimostrano che i big locali non garantiscono (quasi) nessuno. Nonostante siano emerse, negli ultimi anni, figure di assoluto spessore. Ma allora a cosa serve stare in un Partito?

Nicola Ottaviani ha centrato il bis come sindaco di Frosinone, Carlo Maria D’Alessandro ha vinto a Cassino, Roberto Caligiore ha espugnato la roccaforte rossa di Ceccano. Questo per quanto riguarda il centrodestra.

Giuseppe Morini governa Alatri, Simone Cretaro Veroli, Marco Galli Ceprano, Fausto Bassetta Anagni. Qui parliamo di Partito Democratico.

Si potrebbe continuare. L’unica eccezione è rappresentata da Antonio Pompeo, che ha scelto volontariamente, e in tempi non sospetti, di ricandidarsi a sindaco di Ferentino e, poi, alla presidenza della Provincia.

Naturalmente non ci sono soltanto i sindaci, perché dietro loro sono emersi consiglieri ed assessori che hanno preso tantissime preferenze.

La politica dei “grandi” tiene fuori il territorio. La suddivisione dei collegi avviene su tavoli nazionali nei quali gli strumenti più usati sono il compasso ed i righelli. Oltre naturalmente al “sempre verde” Manuale Cencelli, fondamentale per effettuare divisioni o spartizioni.

A livello di candidature regionali sono i leader locali a prendere l’iniziativa, con una logica di area che premia sempre gli stessi. Allora succede che chi vuole candidarsi deve farlo al di fuori del proprio Partito. E’ il caso di Noberto Venturi: tanti voti nel Pd alle comunali, ma designazione in una delle liste civiche di Nicola Zingaretti.

Gianluca Quadrini (Forza Italia) potrebbe essere “costretto” a fare più o meno la stessa cosa, lui che alle Provinciali ha ottenuto una marea di voto ponderato, dimostrando cioè di poter contare su tantissimi amministratori.

Arriverà il 5 marzo e perfino il 5 aprile, quando, spenti i riflettori nazionali e regionali, la politica locale dovrà fare i conti con sé stessa.

Non soltanto con le prossime elezioni amministrative comunali, ma pure con quelle assemblee dei sindaci nelle quali si decidono argomenti fondamentali e delicati.

Sul servizio idrico per esempio. Sui rifiuti per esempio. Sulla sanità per esempio, come ricorda il caso della dottoressa Isabella Mastrobuono.

In quel momento sindaci e amministratori locali di tutti i partiti saranno davanti al bivio decisivo. Se i big provinciali non sono stati in grado di valorizzarli alle Politiche e alle Regionali, perché continuare ad andare avanti con la logica di Partito? Forse davvero servirebbe un Partito dei sindaci.