La bomba Orlando a La7. Perché il Pd non teme il voto

I sondaggi delineano un quadro nel quale l’eventuale partito di Giuseppe Conte toglierebbe consensi di Democrat. Nicola Zingaretti è stanco di “trasfusioni di sangue” e il suo vice ha delineato uno scenario diverso. Conclusione: o Conte si adegua o può andare a casa.

Nicola Zingaretti si sta preparando alle elezioni anticipate. Lo hanno capito tutti ieri sera, quando il vicesegretario nazionale del Partito Democratico Andrea Orlando ha sganciato la “bomba” nel corso della trasmissione Piazza Pulita condotta da Corrado Formigli.

Orlando dixit

Andrea Orlando

Ha detto Orlando: Elezioni più vicine? Purtroppo sì. Un Governo che deve gestire 200 miliardi di recovery, affrontare una pandemia e una recessione gravissima, non si tiene su per un voto o due. E’ evidente che dobbiamo allargare. Non è che parlo dell’ipotesi delle elezioni fischiettando. Ma quando si apre una crisi politica bisogna capire se si può allargare la maggioranza o meno. Se escludo un governo con un altro premier? Se si toglie Conte questa maggioranza implode”.

Questa presa di posizione va letta nel contesto dell’analisi politica che fa il quotidiano La Repubblica. Questa: “La “bomba” Udc, dopo la notizia del coinvolgimento dell’ormai ex segretario Udc Lorenzo Cesa in un’inchiesta per ‘Ndrangheta, piomba sulle trattative di governo a un passo dalla chiusura. Per Giuseppe Conte la partita sembrava avviata verso la conclusione, con la fase due del piano già impostata: entro lunedì sarebbe dovuto avvenire lo stacco dello Scudocrociato da Forza Italia, per dar vita a quel contenitore politico di centro in cui tenere insieme socialisti, liberali e democristiani. Da lì, poi, sarebbe nato il suo Partito futuro. Ma la trattativa ora rischia di bloccarsi. Sul punto Luigi Di Maio è stato chiarissimo: mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi”.

Il sentiero stretto di Conte

Luigi Di Maio (Foto Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Giuseppe Conte ha davanti un sentiero molto stretto. Luigi Di Maio non vuole elezioni anticipate, ma gradirebbe (e molto) un cambio del premier. Il Partito Democratico invece si è molto irrigidito dopo i sondaggi sul gradimento dell’eventuale Partito di Giuseppe Conte. Perché quel Partito andrebbe a togliere voti proprio al Pd.

Nicola Zingaretti ha immediatamente alzato il muro. Facendo capire che certamente non si torna con Matteo Renzi, ma che altrettanto certamente i Democrat non sono più disponibili ad ulteriori trasfusioni di sangue. Anche perché in questo modo nei sondaggi il Pd continua a pagare un prezzo alto.

Le elezioni anticipate non son un tabù, neppure per Goffredo Bettini. E in ogni caso sarebbe il segretario Nicola Zingaretti a fare le liste. Un particolare non di poco conto. (Leggi anche Chi deciderà le candidature che contano. E come).

Ancora La Repubblica: “Per aggirare l’ostacolo, a Conte resta ancora la carta Pd. Il partito di Nicola Zingaretti, infatti, sta incessantemente corteggiando i senatori renziani che a settembre del 2019 uscirono dal gruppo dem per seguire l’ex segretario in Italia viva. Ma al tempo stesso si riaffaccia l’ipotesi elezioni, prefigurata sia dai “tessitori” centristi come Bruno Tabacci, sia dallo stesso Pd, con il sottosegretario Andrea Martella che oggi afferma di non temere le urne”.

La traduzione è una sorta di esegesi autentica: o Giuseppe Conte archivia il progetto di uno suo Partito politico o per i vertici del Nazareno può anche andare a casa. La prospettiva è completamente cambiata. Ma cambierà ancora.