Il neo presidente di Unindustria Cassino - Gaeta a tutto campo: parla ai sindacati, agli industriali, alla politica. E disegna il sogno dell'innovazione. Fatto di uomini e capacità di lavorare. Strategico al punto da resistere a qualunque crisi
Era il 2010. Fca non esisteva ancora. Per tutti la più grande e importante fabbrica del Lazio era semplicemente la Fiat. L’uomo arrivato dalla finanza Sergio Marchionne stava mettendo a punto quello che sarebbe poi stato il piano “Fabbrica Italia”. A Cassino si iniziava già a lavorare al polo Alfa Romeo. Sulle linee dello stabilimento pedemontano, insieme alla Fiat Croma e alla Lancia Delta, arrivava infatti Giulietta. La vettura che ha segnato il decennio di trasformazione dello stabilimento di Cassino su cui Marchionne ha puntato per trasformarlo nel polo del lusso.
Dieci anni importantissimi
Un decennio che è stato segnato da lotte sindacali importanti. Dalla trasformazione di Fiat in Fca. Dall’arrivo di Giulia e Stelvio. Dalle nuove assunzioni agli operai mandati a casa con un messaggino la sera di Halloween del 2017. Dal continuo ricorso alla cassa integrazione, in quest’ultimo anno anche e soprattutto a causa dell’emergenza sanitaria. Fino alla svolta verso l’elettrico, al momento solo teorizzata. In questi dieci anni Giulietta c’è sempre stata.
Ha mantenuto in vita lo stabilimento anche quando la Croma e la Delta sono uscite fuori produzione e più di qualcuno temeva la chiusura o l’accorpamento dello stabilimento Fca di Cassino con quello di Pomigliano. Un decennio che era iniziato con il piano “Fabbrica Italia” di Marchionne e che ora culminerà con Stellantis.
Ciao Giulietta, benvenuto Grecale
Non ci sarà più posto per Giulietta, nel nuovo corso di Fca. O almeno: non nell’immediato. Tornerà forse, un domani, in una nuova veste. Quel che è certo oggi è che la prossima settimana si ultimeranno le ultime unità dopo di che la linea della compatta di segmento C verrà dismessa definitivamente.
Dallo stabilimento ai piedi dell’Abbazia non usciranno più le bisarche cariche di Giulietta. Resterà attiva solo la cosiddetta piattaforma Gorgio, quella di Giulia e Stelvio, per intenderci. Che potrebbe non bastare a saturare l’intero stabilimento che oggi circa 3.500 addetti.
Per questo dopo la cassa integrazione i sindacati temono che nel 2021 si possa fare un massiccio ricorsi ad altri tipi di ammortizzatori sociali: i contratti di solidarietà. Ma si temono anche gli esuberi. Questo a voler vedere il bicchiere mezzo vuoto.
Ma il 2021 come detto sarà anche l’anno di Stellantis e dell’arrivo di un nuovo modello: il Suv Grecale della Maserati. Sarà l’anno in cui inizierà una trasformazione epocale per il settore dell’automotive.
Lo ha spiegato il neo presidente del comprensorio di Cassino e Gaeta di Unindustria Francesco Borgomeo. Che ieri, nella conferenza stampa di presentazione, parlando dell’automotive ha messo subito in chiaro come sia strategico il settore.
E ha detto: «Automotive non significa Cassino. O almeno: non solo Cassino. E’ un settore di rilevanza nazionale o quantomeno regionale. Per questo abbiamo molto apprezzato il tavolo avviato dal presidente del Consiglio della Regione Lazio Mauro Buschini». (Leggi qui La rivoluzione Borgomeo sul futuro del Lazio Sud).
L’automotive visto da Borgomeo
«Noi, come Unindustria, a quel tavolo abbiamo predisposto un piano di ampio respiro. Questo in vista di uno scenario che cambia a tutto tondo e in cui tutta la filiera sarà investita. La nuova mobilità sostenibile è una sfida straordinaria. E’ un’area di crescita importante per i prossimi vent’anni. Noi lo approcciamo con la preoccupazione che uno stabilimento possa andare in crisi. Ma in tutto il resto del mondo si guarda alla mobilità sostenibile come la più grande opportunità di sviluppo che c’è».
«Dobbiamo anche noi entrare mentalmente in questa logica. Perché anche noi qui abbiamo qualità delle risorse umane e qualità degli investimenti fatti. Il cambiamento epocale della mobilità verso l’elettrico, verso il green, ci deve trovare protagonisti».
E sull’area di crisi complessa al Sud della provincia di Frosinone ha spiegato: «Non è un problema se sarà area di crisi complessa o se ci sarà un contratto di filiera. Le risorse per favorire la transizione verso il green ci sono. Innovazione digitale sui processi produttivi: questo è il tema forte». Quindi Borgomeo ha evidenziato che a livello regionale l’automotive conta circa 30mila occupati, il doppio del settore farmaceutico che di occupati ne ha circa 14.000.
Le fabbriche come organismi
E ha infine mandato due segnali ben precisi. Il primo è sembrato indirizzato ai sindacati. Quando ha detto: «Noi dobbiamo essere bravi a capire che le fabbriche non sono solo della proprietà formale. Tuttavia sono il frutto di storia, di esperienza, collettività e presenza. Questo fa sì che quando uno stabilimento è in grado di produrre, di essere competitivo al di là della proprietà che c’è, avrà sempre la capacità di stare sul mercato».
È un messaggio chiaro. Per la prima volta qualcuno ha il coraggio di delineare ad alta voce lo scenario peggiore: Stellantis in futuro potrebbe dire che Cassino Plant non gli è strategico. Con il percorso tracciato da Borgomeo non sarebbe un dramma. Così come non lo è stato per ex Marazzi Sud e per ex Ideal Standard che lui ha tenuto in vita, risanato, trasformato.
Lo conferma nella frase successiva. «Cosa significa? Che se un domani qualcuno deciderà di andare via non avremo problemi. Se lo stabilimento è competitivo, le risorse umane sono di grande qualità, c’è energia, c’è forza e c’è volontà politica in maniera coesa».
Fare soldi dove gli altri chiudono
«Nel mio piccolo l’ho vissuto con l’Ideal Standard. Lo dico perché il nostro retro pensiero è sempre che se Fiat decide di andar via, decide di dismettere e sarà un problema. Sono convinto che avremo tutti gli argomenti per dimostrare che Cassino possa essere uno degli stabilimenti dove conviene continuare ad investire. Ciononostante sono talmente convinto che questo è vero che anche se qualcuno pensi che non conviene, ci sarà qualcun altro che crede che convenga».
«Quando si decide di chiudere uno stabilimento non è perché non si può più produrre. Ma è perché qualcuno ha deciso. Ma ci può essere un punto di vista diverso: la mia storia imprenditoriale è fatta di questo. Ho sempre dimostrato che dove qualcuno ha deciso di chiudere, invece si possono fare soldi».
L’importanza di cercare consenso
L’ultimo passaggio il presidente Borgomeo lo ha riservato per la classe politica del territorio. E ha inviato un altro messaggio importante, nel giorno del suo insediamento.
Ha spiegato: «La qualità della politica qui sul territorio a me piace. Perché c’è una cultura di vicinanza alle persone. Qui c’è gente che sa prendere i voti. Oggi la politica è fatta di gente che non prende più voti. Ci siamo quasi abituati a politici nominati che non hanno avuto la capacità di misurarsi con il consenso».
«Qui c’è gente che invece sa fare questo. Ma ora occorre pensarsi di più come parte di un collettivo di un territorio piuttosto che come parte politica e di filiere partitiche. E’ necessario sapere ascoltare, stare insieme e fare squadra. Soprattutto in questo momento. Perché non sempre ci si può permettere di litigare».