Buoni a nulla ma pronti a tutto: la partita della crisi non è finita

Foto: © Imagoeconomica, Paolo Cerroni

Dopo gli effetti speciali a Palazzo Madama (rosari, rubli, attacchi e tradimenti) si dovranno fare i conti con la realtà. Nel Pd ci sono due linee. Il M5S vuole continuità e Salvini ha lasciato una porta aperta. Il penta leghismo potrebbe avere un colpo di coda

Saranno i leader a determinare il corso di questa crisi di agosto, la più pazza ed inspiegabile della storia della Repubblica. Dopo gli “effetti speciali” in Parlamento nel dibattito di ieri, tra rosari, rubli, citazioni dotte, tradimenti, giravolte e ipocrisie in quantità industriali, (leggi qui Il pokerista battuto, l’abusivo al resort, il premier Sansone: facce da una crisi) i diversi big dovranno adesso dire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella quali proposte hanno e quali soluzioni ritengono praticabili.

La partita in realtà è ancora molto aperta e neppure l’ipotesi di un Conte bis con Movimento Cinque Stelle e Lega è tramontata.

Foto: © Imagoeconomica, Paolo Cerroni

Molto dipenderà dal Partito Democratico, dove però il ballo dell’estate resta la tarantella. Vediamo di riepilogare le posizioni. Matteo Renzi, che controlla i gruppi parlamentari, si è ripreso la scena. E’ lui ad aver messo in difficoltà l’alleanza gialloverde, è lui il primo ad aver indicato l’orizzonte di un Governo di scopo che scongiuri l’aumento dell’Iva, metta in sicurezza i conti e poi porti il Paese alle urne. In primavera, data nella quale (sospettano in molti nel Pd) potrebbe aver costituito un nuovo partito. Renzi ha pure aggiunto che non intende far parte del nuovo Governo. Non lui, non Maria Elena Boschi, non Luca Lotti. Eppure, un esecutivo del genere non potrebbe prescindere dai renziani.

Nicola Zingaretti, il segretario, ha una visione molto diversa: ai Cinque Stelle chiede discontinuità forte (impossibile un Conte bis) negli uomini e nei programmi. Aggiungendo di essere interessato all’ipotesi di un Governo forte di legislatura. Non ad un “governicchio”. Significa rivedere le impostazioni economiche dei Cinque Stelle. Per non parlare di temi come la giustizia. Difficile che Luigi Di Maio possa accettare quella che verrebbe interpretata come una resa senza condizioni.

Giuseppe Conte e Luigi Di Maio Foto: © Imagoeconomica, Paolo Cerroni

E se saltasse sul nascere l’opzione di un esecutivo giallorosso, allora i pentastellati potrebbero perfino riprendere in considerazione l’idea di un Governo di scopo con la Lega. Nonostante gli insulti di ieri. Un esecutivo che tagliasse 345 parlamentari, intestandosi una manovra economica tale da scongiurare l’aumento dell’Iva e l’attivazione delle clausole di salvaguardia.

Matteo Salvini, il Capitano dimezzato, ha lanciato comunque dei segnali ieri. Ritirando la mozione di sfiducia e offrendo ai pentastellati una piattaforma di fine legislatura anticipata. Perché l’obiettivo di Salvini resta quello delle urne.

Fratelli d’Italia vede soltanto le urne, Forza Italia oscilla tra le tentazioni di partecipare ad un Governo Ursula e restare soltanto all’opposizione. La situazione in realtà è molto confusa.

Nella tarda mattinata di oggi si riunisce la direzione nazionale del Pd. Ci sono due linee. Almeno. Quella del segretario Nicola Zingaretti ha come approdo preferibile le urne: non è semplice guidare un Partito nel quale il mattatore è un altro, che peraltro controlla i gruppi parlamentari e che potrebbe perfino consumare una scissione.

Poi c’è quella di Renzi, parametrata su motivazioni economiche: scongiurare la possibilità che siano gli italiani a pagare l’aumento dell’Iva e i fallimenti dell’esecutivo pentastellato. Un Governo giallorosso potrebbe essere guidato da una personalità come Raffaele Cantone o Salvatore Rossi.

Ma i Cinque Stelle accetterebbero? Difficile. Men che meno un’ipotesi Enrico Letta. Mentre per Conte l’opzione commissario europeo è valida.
Se invece dovesse riproporsi l’idea Cinque Stelle-Lega, allora a guidare il Governo potrebbe essere Luigi Di Maio. Sempre con Giuseppe Conte in Europa.

Unica variabile: Beppe Grillo e Davide Casaleggio che farebbero? Nuova piroetta oppure barricate? Perché a quel punto davvero Di Maio si giocherebbe tutto. Sergio Mattarella vuole una soluzione rapida, ma potrebbe non farcela. Dopo le elezioni del 4 marzo 2018 passarono 89 giorni per arrivare al Governo. Tre mesi stavolta sarebbero troppi: l’Italia non può rischiare l’esercizio provvisorio, associato all’aumento dell’Iva e all’impennata dello spread.

Altro che scenario greco: i mercati ci farebbero a pezzi. Non è finita finché non finisce. La partita si sta continuando a giocare.

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