I tre livelli di maleducazione ed uno squillo (R. Cacciami)

Tre livelli di maleducazione. Come per la conoscenza delle lingue. Come riconoscere il livello di maleducazione di chi hai di fronte. Basta guardare come interagisce con il cellulare.

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Tre livelli. Come per la conoscenza della lingua straniera. Base. Medio. Avanzato. Sono i tre stadi di perfezionamento della maleducazione.

 

Come riconoscere un principiante è semplice. Non deve neanche aprire bocca. Basta verificare come guarda di sottecchi un cellulare mentre si trova in pubblico. Se donna, sbircerà nella borsa e dopo una fugace occhiata tornerà all’azione precedente senza neanche battere ciglio. Se uomo, avrà cura di tenere distante dal tavolo del ristorante il proprio smartphone e rigorosamente con suoneria in modalità silenziosa.

 

Il livello basico, invece, prevede già una certa dimestichezza con l’insolenza umana. Il telefono è accanto alle posate, tra una portata e l’altra è d’obbligo controllare eventuali chiamate e messaggi in arrivo. Squillo forte e chiaro. Si girano tutti, il commensale arrossisce, il burino di prima fascia non si scompone affatto. Imbraccia l’arma e risponde scandendo bene nomi, luoghi e appuntamenti inderogabili.

 

Il secondo livello, quello medio, è di caratura alta. E molto, molto radicato. Basta presentarsi ad un convegno, accomodarsi in prima fila e attendere che al relatore venga data la parola. Il riflesso condizionato immanente è quello di far roteare lo schermo tra le dita. Sembra sia solo una voglia irrefrenabile di immortalare l’attimo. Invece no. La concentrazione è finita, scaduta in pochi secondi.

C’è da postare, rispondere, chattare. Dalla seconda fila di poltroncine in poi, è tutto un mostrare video, fissare immagini, commentare.

Un professore universitario accenna un mezzo sorriso, lui che social non è. E sbotta. Dice che la sfida al tavolo è quella non di dire cose intelligenti, ma di riuscire a sradicare la platea dal proprio cellulare.

Siamo ormai al delirio. La citazione ha l’effetto contrario. Si illuminano decine di display. Qualcuno distrattamente alza la testa, ogni tanto. Ma è roba di poco. E poi si rituffa giù. Se li interrogassimo, chissà. Dal buongiorno a tutti in poi, difficile che sia rimasto impresso qualcosa. Peccato.

L’evoluzione di massa passa attraverso pochi caratteri. Mentre la disaffezione ad essere educati e composti galoppa senza ritegno.

 

E veniamo al terzo ed ultimo livello. E’ sera. O è l’alba. L’ultimo gesto istintivo della giornata è quello di controllare il telefono. Il primo appena svegli altrettanto. C’è da chiedersi dove si potrà trovare il tempo e lo spazio per collocare altro. Tra le lenzuola il terzo incomodo c’è sempre. Al bagno non si è mai soli.

Eppure, c’è ancora qualcuno che riesce a perderselo il cellulare. Chissà dove, però. Chiamatelo al telefono per chiederglielo. Vi risponderà via whatsapp. Con un audio. Che riascolterà da solo per ore.

Il maleducato adora la sua voce.

 

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