Caro Zingaretti, perché il silenzio in direzione?

Nicola Zingaretti non ha parlato durante la Direzione del Partito Democratico. Lo farà domani all'ex Dogana. Ma quel silenzio apre tanti interrogativi, Perché ci sono momenti nei quali il silenzio è d'oro. Altri in cui non è possibile tacere.

Ci sono momenti nei quali il silenzio è d’oro, ma ci sono anche situazioni nelle quali è impossibile continuare a tacere.

Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti non è soltanto uno degli uomini forti del Partito Democratico, ma rappresenta l’unica speranza per tutti quegli elettori che sognano di rivedere un Partito di sinistra. Elettori, non dirigenti.

Domani, dalle ore 10.30 alla Ex Dogana a San Lorenzo a Roma Nicola Zingaretti lancerà “l’Alleanza del Fare – Governare bene per radicare il cambiamento“. Lui stesso ha presentato l’evento in questo modo:

«Io ci sarò, e penso che sia molto importante partecipare per diversi motivi. Il Lazio è da sempre un laboratorio politico nazionale, e lo è a maggior ragione oggi in cui le coalizioni progressiste fanno fatica a essere elettoralmente in tutto il paese. Le sconfitte delle ultime tornate sono lo specchio di politiche inefficaci un contrasto alla crisi che da tanti anni affligge l’Italia e l’Europa. Leadership litigiose, personalismi, soluzioni fuori misura. Tutto questo ha prodotto un progressivo allontanamento dei cittadini dalla politica, dalla fiducia nelle istituzioni e infine dalle proposte a sinistra storicamente intesa».

 

Ha ragione. Proprio per questo la domanda è: perché il sostanziale silenzio nella direzione nazionale del Pd dell’altro giorno?

C’è stata l’ennesima vittoria (di Pirro) di Matteo Renzi, che ha chiuso le porte ad un confronto con i Cinque Stelle. Quella riunione doveva servire proprio a decidere se aprire o meno un dialogo con i pentastellati. Invece è bastata un’intervista di Renzi da Fabio Fazio per far capire chi è che comanda davvero.

Maurizio Martina, il segretario reggente, mancava solo che chiedesse scusa. Tutti coloro che avevano criticato il blitz di Renzi non hanno detto nulla. Perché?

Nicola Zingaretti forse sta risparmiando le energie per la volata alla segreteria nazionale del Partito, qualora si facessero le primarie.

Ma Renzi e i renziani diranno sì alle primarie? Ci sono alcune domande che ci permettiamo di avanzare.

 

Non ritiene Zingaretti che aver chiuso la porta in faccia ad ipotesi di dialogo con i Cinque Stelle abbia rappresentato uno schiaffo anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale aveva incaricato il presidente della Camera Roberto Fico di provare a verificare eventuali spazi?

E da quando il Pd bypassa il senso istituzionale?

La sconfitta alle politiche del 4 marzo è stata una disfatta terribile. Il Partito Democratico ha perso milioni di voti, senza che nessuno abbia avuto davvero il coraggio di fare un’analisi seria. Un’analisi seria non può prescindere dalle responsabilità politiche di Renzi e del Giglio Magico. Sotto la loro guida, a parte l’illusione del 40% alle europee, ci sono state sconfitte enormi: il referendum (personalizzato) del dicembre 2016, i risultati delle amministrative di Roma, Torino e via di questo passo, la perdita di numerose Regioni. Ma soprattutto l’allontanamento di milioni di elettori. Cosa altro deve succedere?

Le dimissioni di Matteo Renzi non servono a nulla, rappresentano solo l’escamotage con il quale l’ex segretario si sottrae alla discussione e all’assunzione di responsabilità. Renzi aveva detto che avrebbe lasciato la politica in caso di sconfitta al referendum e, dopo il 4 marzo, che sarebbe rimasto un semplice senatore osservando un silenzio di due anni. Ha fatto tutto il contrario. Davanti a tutto questo, Nicola Zingaretti cosa pensa?

Ma cosa pensa Zingaretti del fatto che il Pd ormai vince solo ai Parioli e al centro di Milano, mentre è scomparso nelle periferie?

Cosa pensa Zingaretti del fatto che la Dc ha “pappato” il Pci e che il Partito Democratico non riesce a dire una parola sulla precarietà del lavoro, sui diritti di cittadinanza, sullo ius soli, sulla necessità di politiche inclusive sull’immigrazione? Il Pd è lontano anni luce dal disagio sociale dei cittadini e ormai non ha più nulla di un Partito di sinistra.

Non crede Zingaretti che un accordo con i Cinque Stelle avrebbe perlomeno potuto far riprendere al Partito un percorso di sinistra, iniziando magari a recuperare qualche elettore?

Da quando un partito come i Democrat ragiona con la pancia facendo prevalere il rancore?

 

Tanto più che invece Nicola Zingaretti ha dimostrato, con la vittoria nel Lazio, che è possibile mettere in campo un Pd diverso, che rappresenta il perno del centrosinistra e che dialoga con i Cinque Stelle. Un Pd vicino alle periferie e alla gente.

Nicola Zingaretti ormai rappresenta un punto di riferimento ma pure una speranza. Probabilmente l’unico in grado di sfidare apertamente Matteo Renzi. Questo non è il Partito immaginato da Walter Veltroni, non ha nulla dello spirito inclusivo dell’Ulivo di Prodi, ha lasciato andare via un pezzo di partito guidato da un ex segretario come Pierluigi Bersani, che nel 2013 le elezioni le aveva vinte.

 

Caro presidente Zingaretti, quando romperà il silenzio? Matteo Renzi non se ne andrà, va battuto in campo aperto. Nel Partito.

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