L’inutile telefonata con cui fingere di fermare la caduta dell’amministrazione

Sono ridotti al minimo i margini per evitare la caduta dell'amministrazione comunale di Cassino tra qualche giorno. È emerso con chiarezza nella puntata di ieri sera di A Porte Aperte. Chiusaroli in studio. Cosa vogliamo? Nulla. Il sindaco? Deve cambiare metodo. E se questo fosse l'unico? Stacchiamo la spina

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

“Se il sindaco mi chiama e mi dice ‘Finora ho percorso una strada sbagliata. Voglio imboccare un’altra più tortuosa ma efficace’ per noi non c’è problema: siamo pronti a parlarne. Ma al momento deve essere chiaro che noi non facciamo passi indietro. La maggioranza in questo momento non c’è perché siamo stati messi all’opposizione. Ed è stata la logica conseguenza della strada percorsa fino ad oggi dal sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro”.

Come il gatto con il topo, Rossella Chiusaroli gioca a distanza con il sindaco. Apre uno spiraglio. Indica una strada per risolvere la crisi. Quella che ha spaccato in due il gruppo di Forza Italia e cancellato la maggioranza di centrodestra che dal 2016 governa tra alterni disastri la città di Cassino. Nove con il sindaco. Quattro nel limbo (Chiusaroli con il presidente d’Aula Dino Secondino, il presidente di Commissione Gianluca Tartaglia, l’esponente di Noi con l’Italia Antonio Valente). Dodici all’opposizione.

A determinare la crisi «Non sono stati gli assessorati ma il metodo di lavoro scelto dal sindaco: non c’è condivisione, sceglie lui e noi poi dovremmo solo alzare la mano». La rottura però si è consumata il 31 dicembre proprio su un assessorato: quello assegnato a Franco Evangelista, ricchissimo di competenze come i Lavori Pubblici e la Manutenzione, cioè quello che mette in evidenza un amministrazione nella sua quotidianità.

Cosa volete, un assessorato? «Ce l’hanno offerto, lo abbiamo rifiutato. Per noi è una questione di metodo». Forse non era l’assessorato giusto. «Nessun assessorato sarebbe quello giusto: vogliamo un azzeramento di tutte le deleghe ed una ripartenza».

Il sindaco ha sempre spiegato che non è possibile. Per due motivi. Il primo, perché ogni settimana potrebbe alzarsi un gruppo composto da tre persone che si sono accordate nella notte e pretendere un altro azzeramento. E così all’infinito, di tre in tre. Il secondo: ci sono cariche – come la Presidenza d’Aula – che presuppongono un accordo incrociato con il resto della maggioranza, che non è affatto intenzionata a concedere l’azzeramento.

Ma se il sindaco chiama? «E se ci dice di voler cambiare metodo, noi siamo pronti a sederci ed a parlarne». E se dopo avere chiamato, essersi dichiarato disposto a cambiare metodo ma di non avere la possibilità di fare alcun azzeramento per i motivi di cui sopra? «Stacchiamo la spina e si va a casa: la città non è governata bene, i cittadini si lamentano e noi abbiamo il dovere di rispettare la volontà dei cittadini».

L’impressione invece è che la strada sia stata imboccata: caduta dell’amministrazione sul Bilancio Stabilmente Riequilibrato, ritorno alle urne a cavallo tra la primavera e l’estate. Perché la “mancanza di condivisione del sindaco” è il pretesto sul quale si sono consumate migliaia di rotture, come il “ti amo ma non possiamo stare insieme“. In entrambi i casi la realtà è che c’è un altro. E l’altro – in questo caso – è un cartello civico da lanciare subito dopo la caduta.

In studio c’è Pasquale Ciacciarelli, oggi è presidente della Commissione Cultura in Regione Lazio e per anni è stato coordinatore provinciale di Forza Italia. Situazioni come queste ne ha dovute gestire a decine, mediando all’infinito. «Penso – dice – che dopo una scelta coraggiosa come l’approvazione del primo dissesto nella storia di Cassino ora ci sia il dovere di governare la città con il nuovo bilancio. Altrimenti lo farà un commissario. Se ci sono i margini per proseguire su quella strada coraggiosa, il dialogo va avviato. Se i margini non ci sono staccate la spina»

La risposta di Rossella Chiusaroli è lapidaria. «Noi ancora ci domandiamo perché è stato approvato il Dissesto». Ma è passato grazie ai vostri voti… «Noi non volevamo approvarlo. Eravamo contrari».

Se si prendono le distanze anche dal Dissesto, l’atto più concreto tra i pochi concreti adottato in questi due anni e mezzo, significa che è finita già da tempo.

Carlo Maria D’Alessandro ora è ad un bivio: assistere all’assassinio della sua maggioranza, in Aula, con il mancato voto al Bilancio. Oppure dimettersi assumendosi una patente di incapacità che non è nelle sue corde. La telefonata, quella sul cambio di strada, è del tutto inutile. A meno di un miracolo politico: perché la politica è quell’arte nella quale tutto è possibile. Ma in questa rappresentazione non ci sono artisti.