C’è un cancro che sta uccidendo la Sanità ciociara

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il postino suona sempre due volte. Ma il medico convocato a Frosinone non risponde. Nessuno vuole saperne di venire a lavorare negli ospedali ciociari. I laureati in medicina di tutto il Lazio non vogliono indossare il camice bianco per venire a lavorare nelle corsie dello Spaziani di Frosinone, tanto quanto nei reparti del Santa Scolastica di Cassino, del Santissima Trinità di Sora o del San Benedetto di Alatri.

La scena sta per ripetersi. I telegrammi sono pronti. Partiranno lunedì. Mittente: Direzione Generale della Asl di Frosinone. Destinatari: i medici in graduatoria che verranno convocati per essere assunti e coprire così i 22 posti sbloccati dalla Regione Lazio. Servono 3 ginecologi, 5 tra pediatri e neonatologi, 5 anestesisti, 4 cardiologi, 5 medici di Pronto Soccorso.

Nei mesi scorsi, quando servivano ginecologi ed ortopedici, gli uffici della Direzione Generale Asl convocarono tutti i medici inseriti nella graduatoria della provincia di Frosinone. Nessuno si presentò. Si pensò ad un disguido, al che i telegrammi vennero spediti una seconda volta. Stesso risultato. Allora ci fu un impiegata che ebbe un colpo di genio: “Convochiamo quelli che sono nella graduatoria della provincia di Latina“. Detto e fatto. Ma nessuno prese sul serio quella convocazione. Colti dalla disperazione, gli uffici iniziarono a convocare i medici nella graduatoria della provincia di Roma. Qualcuno si presentò, seppe così che era destinato a Sora o Cassino. E rispose: “Vabbè, datemi qualche giorno per pensarci“. E non si fece più né vedere né sentire.

La goccia che fece traboccare il vaso fu quando due medici, al termine del contratto a tempo determinato, non ne vollero sentire di fare altri tre mesi. E in più una dottoressa rassegnò le dimissioni rinunciando al posto di lavoro a tempo indeterminato. Era troppo. La professoressa Isabella Mastrobuono fece convocare quei tre medici nel suo ufficio e gli domandò “Scusate, ma con la fame di lavoro che c’è voi rinunciate ed un contratto: mi spiegate il motivo? “. La risposta fu “Perchè a Frosinone non si cresce”.

E’ la frase che più di ogni altra rappresenta lo sfascio della Sanità in provincia di Frosinone.

Il vero sfascio non sono i posti letto che mancano, i pazienti ammassati sulle lettighe lungo i corridoi, i mesi di attesa necessari per essere visitati, gli ospedali chiusi, le decisioni prese sulla testa dei sindaci e di chi dovrebbe governare i processi e lo sviluppo del territorio.

La vera misura dello sfascio è che i medici in provincia di Frosinone non ci vogliono venire. Nemmeno con un contratto in mano. E quelli che ci sono se ne vogliono andare. Perchè qui non si cresce, qui non c’è quel patrimonio di qualità e tranquillità che consente ad un dottore di diventare un luminare, ad un medico di crescere e diventare un piccolo barone.

Prima non era così. Non bisogna guardare molto lontano per ricordare una Sanità del tutto diversa che curava e guariva i pazienti nella provincia di Frosinone. A titolo di esempio, in ordine sparso: che fine hanno fatto i Paolo Fanelli che a Pontecorvo fu tra i primi in Italia a fare l’artroscopia al ginocchio? Che fine ha fatto il professor Savastano che dal vecchio Gemma de Bosis di Cassino restituiva la vista ai ciechi? Dove sono finiti gli Scarlini ed i Pericoli Ridolfini che realizzarono tra le corsia una vera scuola di Medicina Interna? Dove sono finite le esperienze dei primari Pietrantuono e Maurizio Turriziani, gente che andava allo Sloan Kettering di New York ad affinare la tecnica per gli interventi di oncologia urologica? Quanti medici si sono formati osservando e rubando il mestiere in sala operatoria a monumenti della Chirurgia Generale come Baldassarre Sansoni,Baglioni e Carotenuto? E quante donne hanno potuto concepire un bambino, stringerlo al petto, evitare il prolasso dell’utero grazie alla scuola di fatto in Ostetricia e Ginecologia del professor Benito Nagar? C’è qualcuno che ha frequentato un laboratorio e non ha sentito parlare del mitico Ferruccio Di Stefano? Ed il cardiologo Savona ed il dottor Pompeo che fu talmente grande da dedicargli l’ospedale nel quale curava i pazienti a Ferentino? Vogliamo dimenticarci che a Frosinone andava in sala operatoria un tale professor Francesco Saverio Rucci che poi finì a Siena e venne chiamato ad intervenire sul pilota di Formula 1 Alessandro Nannini?

Tutta gente che stava all’Umberto I di Frosinone, al Gemma de Bosis di Cassino, al Pasquale del Prete di Pontecorvo, al Santissima Trinità di Sora, al Civile di Anagni, a Ferentino. Erano tempi in cui per partorire si andava ad Arpino all’ospedale Santa Croce. Per una frattura si andava a Pontecorvo. Per un intervento si andava a Cassino. Per una visita internistica si andava a Ferentino. La gente veniva da Roma a farsi visitare in provincia di Frosinone. I giovani medici chiedevano di venire a Frosinone, si facevano raccomandare da Giulio Andreotti per essere mandati in un ospedale di Frosinone ad imparare il mestiere.

Oggi i medici non rispondo ai telegrammi. E scappano da Frosinone.

Di chi è la colpa. Non sono i manager a disegnare le Asl. Loro applicano i disegni realizzati da altri, a mezzora da Frosinone. E se mentre si disegna, se non c’è nessuno che abbia la forza per spostare la matita nella giusta direzione, il disegno che ne esce è sbilenco, tutto orientato verso Roma.