Il futuro segnato della Segretaria Pd di Ceccano

Spaccatura sempre più verticale nel Pd di Ceccano. I dissidenti non vanno al Direttivo. "Non riconosciamo la Segretaria che lo ha convocato". Nessun cenno di trattativa da Emanuela Piroli. Se non lo farà, sarà il segretario Provinciale Alfieri a dover intervenire. A quel punto sarà inevitabile il commissariamento

Alla fine non sono andati. Ma non significa che intendano fare un passo indietro. Non tolgono l’assedio i 22 che hanno sfiduciato il segretario del circolo Pd di Ceccano Emanuela Piroli.

Non intendono rinunciare alla richiesta di avere la sua testa: anche se martedì sera non si sono presentati alla riunione del Direttivo di circolo convocato per le 21.30.

Non ci sono andati perché «Per noi la decisione è presa, lei è stata sfiduciata e non ha più alcuna legittimità nel convocare gli organismi dirigenti: non andando abbiamo ribadito ulteriormente il nostro dissenso e la nostra sfiducia».

 

Lo scontro a distanza

Il segretario Emanuela Piroli invece è andata avanti per la sua strada. Ed ha ignorato i 22 dissidenti. Non ha messo all’ordine del giorno il loro documento di sfiducia. A sua volta è lei a non riconoscere il documento.

Come fa ad ignorarlo? Sostiene di non averlo mai ricevuto, che nessuno glielo ha mai consegnato. E che non essendo stato depositato nei luoghi e nelle forme previste dallo Statuto è come se quel documento non esistesse.

Per questo, nell’ordine del giorno del Direttivo di martedì sera c’era “Congresso regionale”, “Tesseramento”, “Varie ed eventuali”.

Volendo, i 22 avrebbero potuto attendere il terzo punto ed accendere la miccia.

Invece, ognuno resta arroccato nel suo fortino.

 

L’atto al reggente

Perché il Segretario dice di non avere il documento? Perché non lo ha. È stato consegnato al Segretario Provinciale reggente Domenico Alfieri.

Che ha informato Emanuela Piroli giovedì di due settimane fa.

La decisione della Segretaria di non prendere atto della sfiducia innesca ora un braccio di ferro politico. Del quale la Segreteria Provinciale non potrà ignorare l’esistenza.

Per un motivo semplice: il mancato avvio di un confronto politico interno, la totale assenza di dichiarazioni con le quali tentare di avviare una mediazione, la mancanza della minima  traccia di disponibilità a sospendersi dal mandato di segretaria per favorire una discussione, porteranno in una sola direzione. Al muro contro muro.

Una situazione che il Pd non può permettersi ad un anno e mezzo dalle Comunali. Non a Ceccano. Dove il Centrosinistra ha tutta l’intenzione di riprendersi Palazzo Antonelli.

Se Emanuela Piroli continuerà ad ignorare la situazione, sarà il Segretario Provinciale a dover avocare a sé la crisi.

Il minimo sindacale è il commissariamento e l’incarico affidato ad un dirigente provinciale di  esperienza, se non allo stesso Segretario provinciale.

Se non lo farà, sarà il ruolo stesso e la figura di Domenico Alfieri a risultarne indebolita, perché apparirebbe incapace di affrontare le crisi. E risolverle.

Non è possibile ignorare che da una parte ci sia la firma sul documento di sfiducia messa dal capogruppo consiliare Giulio Conti, dal presidente del Circolo di Ceccano Davide Di Stefano e 20 altri dirigenti. Con la Segretaria ci sono i due vice, Mariano Cavese e Giulio Pizzuti. Ed un totale di 15 dirigenti.

 

Renzista più che renziana

Perché sono arrivati alla rottura? Perché hanno percepito la volontà della Segretaria di tenerli fuori. Cosa glielo ha fatto pensare: la composizione delle delegazioni incaricate di incontrare le altre forze politiche, per costruire le alleanze in vista delle elezioni comunali che ci saranno da un anno e mezzo.

La segretaria è stata tacciata di “renzismo”. Non di essere renziana: ma di avere una atteggiamento deviazionista e non inclusivo, con lo scopo di escludere quelli che non la pensano come lei. Un po’ come avvenuto durante la gestione del Pd affidata a Matteo Renzi.

Ma soprattutto non condividono le strategie e le alleanze intessute nel frattempo da Emanuela Piroli.

Una scelta di campo ben precisa. Che stava collocando il Pd insieme all’ala socialista dell’ex sindaco Manuela Maliziola (ma così si tengono fuori i socialisti che otto anni fa ne determinarono la caduta al culmine di una sedizione interna). E lo stava avvicinando alla civica Nuova Vita: che ha il ‘peccato originale’ di avere appoggiato per un certo periodo l’amministrazione di centrodestra guidata da Roberto Caligiore.

Scelte fatte perché i Socialisti non risposero al suo appello per la creazione di un grande fronte di centrosinistra.

Una manovra con la quale la segretaria puntava a superare «i vecchi schemi ormai logori, che hanno condotto questa realtà democratica all’autocombustione. Appoggiare oggi chi sta provando ad invertire la rotta di una nave alla deriva è un imperativo. Un categorico obbligo morale per chi come me, e molti altri, porta nel cuore il proprio territorio».

La cena

La decisione di procedere con la sfiducia è stata avvallata nel corso di una cena. Alla quale erano presenti alcuni dei personaggi chiave del Pd. Che, secondo una vulgata, non avrebbero fatto segno con il pollice in giù. Ma avrebbero detto: “Se non la riconoscete come Segretario sfiduciatela”.

Che in politica è la stessa cosa.

 

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