Nuova fumata nera: Ceccano ha un Senatore ma non il vice sindaco

Nulla di fatto: a Ceccano non viene ancora individuato il nuovo vice sindaco che dovrà sostituire Massimo Ruspandini. Da dove nasce lo stallo politico. Quali frizioni sta generando. Chi sta con chi.

Alla morte di papa Clemente IV (addì 29 settembre nell’anno del Signore 1268) i 17 cardinali che componevano il Sacro Collegio erano divisi in due fazioni: 7 erano filofrancesi, filoangioini, o guelfi; gli altri 10 (ma due morirono durante il conclave) erano invece filotedeschi o ghibellini. Furono necessari 1006 giorni prima di giungere all’elezione di papa Gregorio X (addì 1 settembre nell’anno del Signore 1271) al secolo Tebaldo Visconti, arcidiacono di Liegi, momentaneamente impegnato in Terra Santa per la Crociata.

 

A Ceccano non siamo arrivati ancora a contare i 1006 giorni di quel Conclave. Ma siamo sulla strada buona: sono trascorsi 168 giorni da quando il vice sindaco Ruspandini Massimo è stato elevato alla dignità del laticlavio di Senatore della Repubblica, lasciando vacante la sede vicaria del sindaco Roberto Caligiore.

 

In queste ore c’è stata un’altra fumata nera. I cardinali non trovano il nome degno per rimpiazzare il senatore, nella sua terrena carica di vice sindaco ma soprattutto di fu assessore ai Lavori Pubblici, assessore all’Edilizia Scolastica, assessore alla Manutenzione ed altre 270 deleghe.

 

L’origine dello stallo

Per comprendere lo stallo attuale occorre tornare indietro di qualche pagina. E tornare fino a febbraio dell’anno del Signore 2018. È il periodo in cui, ottenuta la candidatura blindata a Palazzo Madama, il vice sindaco di Ceccano aveva l’incombenza di presentare però una lista dignitosa alle Regionali. E fare risultato.

Il suo Think Tank pensa allora che la cosa più semplice da fare sia schierare l’asso: Fiorella Tiberia. È la signora delle preferenze a Ceccano: eletta sempre a furor di popolo a prescindere dal Partito e dalla lista; ogni volta è la donna più votata; spesso è il candidato con più preferenze in assoluto.

Così facendo, la lista regionale del predestinato Senatore ha la certezza di partire da 400 voti di base. E poi si cerca di convincere gli altri, toccando le corde dell’unità, del voto utile a tutto il Partito, importante per tutta la maggioranza e non solo al senatore in pectore ed al sindaco che così potranno rivendicare, sui tavoli romani, la messe di voti provinciali.

Come convincere tutti? Il Think Tank non ha dubbi: mettendo il posto in giunta a disposizione di chi si impegna. Facile.

Qualcuno pone il dubbio: ma non rischiamo di avere contendenti per una sola fascia? Il clima è di euforia e aspettativa. Tanto da pensare: Dio vedrà e Ruspa provvederà.

 

Il gioco su tre tavoli

Iniziano così le trattative su 3 fronti.

1.Lista Caligiore – Fiorella Tiberia candidata, Colombo Liburdi porta i suoi voti a FDI ed entrerà in giunta, Roberto Savy primo dei non eletti, non vota Iannarilli con i quali ha rapporti storici e converge su FdI entrando in consiglio comunale.

2.Lista Corsi – Assessorato ad uno dei loro, risoluzione di una questione politica a Angelo Macciomei che altrimenti avrebbe votato Lega con la coppia Amata/Savo.

3.Lista Gizzi- Savoni – Stefano Gizzi resta in giunta, Alessandro Savoni entra al posto di Ruspandini in giunta, Antonella Del Brocco in consiglio comunale.

 

Il momento di incassare le fiches

Passano le regionali e le politiche, Fiorella Tiberia ottiene il buon risultato previsto, scampato il rischio di una figuraccia sulla città del Senatore, nonostante si palesi il bluff dell’accordo con il coordinatore Paolo Pulciani, il quale ottiene meno voti del cassinate Gabriele Picano.

Iniziano così le fibrillazioni. Tutti capiscono che di 3 pretendenti solo 1 potrà sedere sulla poltrona lasciata (non ancora) libera da Massimo Ruspandini.

Su 7 parlamentari eletti in provincia di Frosinone, Massimo Ruspandini è quello che capisce al volo l’importanza del suo ruolo. Evita di impelagarsi in vicende locali: sa che più vola alto e meno rischia di restare impantanato.

Lascia campo libero al sindaco ed ai Gruppi. Ma siccome a Ceccano comunque fai sbagli, la cosa viene letta in due modi: a) grande senso istituzionale del neo senatore che rispetta fino in fondo i nuovi ruoli e non si immischia; b) grande paraculaggine politica del neo senatore che passa il cerino politico pensando ‘E ora fatemi vedere quanto siete bravi…’.

 

Sei mesi nel pantano

Passano 6 mesi, nel corso dei quali Ruspandini per ovvie ragioni non è presente. Ma nemmeno il suo sostituto viene individuato. I Lavori pubblici e le sue decine di deleghe restano senza indirizzo politico e manca anche una presenza fisica in uno dei settori strategici per la città.

Tornati dalle vacanze Marco Corsi rompe gli indugi. Il riposo e l’abbronzatura lo hanno caricato e ancora con la salsedine sulla pelle affronta il problema: dice che bisogna affrontare il tema rimpasto.

Viene organizzata una riunione e Massimo Ruspandini partecipa. Qualcuno paragona il clima a quello della riunione del Gran Consiglio in cui si decise la revoca della fiducia al Duce. Ma se tra i presenti c’è chi spera di avere un Ruspandini sazio e distaccato, sbaglia i conti. Infatti il senatore si gioca la partita, alza i toni, sfida Corsi, si altera anche con Liburdi al quale rimprovera “stavi con Montoni e parli?”.

La riunione finisce con un nulla di fatto ma le divisioni sono palesi. Da una parte Tiberia, Liburdi, Savy, Corsi e Macciomei. Dall’altra Caligiore, Ruspandini, Gizzi, Savoni e Sodani.

 

Il grande scontro nel Conclave

La frattura si allarga, il ragionamento dei primi è semplice: non può essere che noi portiamo migliaia di voti e poi incassano liste con 300 voti in tutto. La reazione è riassumibile in un “ora basta: o Gizzi o Savoni. Se entrambi restano in giunta non garantiamo la tenuta oggi e l’appoggio domani”.

La riunione viene aggiornata. Ruspandini tiene il punto e tira dritto, sfida lo scommettitore Corsi, gli dice la strada è questa e chi non gli sta bene “ella la via”: Sodani vice, Savoni in giunta e Gizzi resta dove sta.

 

Fiorella Tiberia resta incredula, capisce di essere solo stata utilizzata. Ruspandini le spara dritto: “È stato un errore candidarti era meglio puntare su Antonella Del Brocco”. E lei: “Nemmeno i socialisti erano scorretti come voi!

Corsi prova a correre ai ripari, propone la nomina di vice per Fiorella Tiberia come onorificenza per essersi candidata ed avere salvato al baracca mettendoci la faccia. Ma niente. Il senatore ha deciso.

Il sindaco fiuta l’aria. Capisce che rischia di essere lui a pagare il conto: rompere oggi con gli alleati di ieri significa perderli nelle sfide di domani. Per questo inizia a proiettare il discorso politico in avanti: fa girare un foglio in bianco dove chiede l’appoggio per le prossime comunali del 2020.

Nessuno lo firma, diventa paonazzo. Il sondaggio pubblicato nei giorni scorsi su Ciociaria Oggi che da il 72.4% di sfiducia verso l’amministrazione comunale finisce col toglierli il sonno.

 

La frattura si allarga, sindaco e senatore provano a recuperare i transfughi. Ma ci sono troppi scogli da superare: Aversa e Roma chiedono la testa di Corsi ed un assessorato. Un modo per farsi dire no.

Tonino Aversa, dopo aver salvato la maggioranza, dice: “o io o Angelo. Scegliete, come vi ho salvato, vi affosso”. E si schiera con i ribelli Corsi e Tiberia.

 

 

Come finirà lo scontro a Palazzo Antonelli? Chi ne uscirà vincitore? Il Senatore o Il ribelle Corsi con La prode Tiberia?

Alla prossima puntata di cronache dalla Contea. Nella speranza che non avvenga come per l’elezione di papa Gregorio X: stanchi dell’attesa, il podestà Alberto di Montebuono ed il Capitano del Popolo Raniero Gatti, rinchiusero in una stanza i cardinali e gli razionarono il cibo.