C’eravamo tanto Amato

Le ultime del giorno sulla via per il Quirinale. Berlusconi a Roma la prossima settimana. Sarà lui a sciogliere la riserva. Il giudice costituzionale, ex braccio destro di Craxi, sta incontrando ministri e leader di partito. Molto dipenderà dal summit tra Letta e Salvini. La paura del Covid. Le ipotesi di voto a distanza. E se un cluster colpisse un Gruppo

Silvio Berlusconi ci crede. E la prossima settimana sarà a Roma. Verrà per fare il punto con i suoi e con gli alleati in vista della partita per il Quirinale. Si entrerà nel vivo il 24 gennaio con l’inizio delle votazioni per eleggere il successore di Sergio Mattarella. Al momento, assicurano i fedelissimi del Cav non è stato ancora convocato un vertice di centrodestra; i rumors dicono che venerdì a Villa Grande potrebbe esserci movimento.

All’ultimo summit, tenuto il 23 dicembre scorso, i leader della coalizione si erano lasciati con l’impegno di vedersi a ridosso della Direzione del Pd prevista il 13 gennaio. Berlusconi raccontano, potrebbe lasciare agli altri la prima mossa, e vedere Lega e Fdi solo dopo che i Dem avranno detto la loro.

Deciderà Silvio

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi è considerato un candidato in pectore, anche se al momento non è stata ufficializzata la sua discesa in campo per il Colle. Di certo, non ha intenzione di ‘bruciarsi‘, limitandosi a fare il candidato di bandiera. Per questo sarà lui a sciogliere la riserva, una volta verificati i ‘numeri’ in Parlamento, specialmente nella terra di mezzo dei gruppi misti.

L’ex premier fino ad ora ha tenuto un profilo basso, evitando dichiarazioni che potessero prestarsi a strumentalizzazioni politiche (non ha commento il discorso di fine anno di Mattarella). Segnale evidente che ci crede, eccome. Chi ha avuto modo di sentirlo anche nelle ultime ore assicura che è convinto di avere chances concrete nella roulette quirinalizia. Da qui la costante attività di scouting a caccia di potenziali grandi elettori. Un’attività che non si è mai fermata neanche durante le vacanze natalizie trascorse ad Arcore.

Antonio Tajani non ha dubbi. Sarà il presidente di Forza Italia a “decidere cosa fare, insieme agli altri leader. E farebbe bene a sciogliere la riserva” perché è il “miglior candidato possibile per il Colle e “può rappresentare l’unità nazionale”. Il numero due forzista dice di non credere al ‘fuoco amico‘. Ma a Villa San Martino, invece, lo considerano sempre in agguato. Escluso un piano B, si scommette sulla compattezza del centrodestra e sui voti “decisivi” del gruppo Misto, invitando a guardare con attenzione le “prossime mosse di Renzi”. Una cosa è certa: Berlusconi non intende affatto farsi eleggere delegato regionale e poi votare se stesso. A domanda esplicita, all’ultimo vertice con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, raccontano, l’ex premier avrebbe risposto: “non ci penso proprio, sono e resto europarlamentare”.

Amato, l’amico di Bettino

Giuliano Amato (Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Il settimanale l’Espresso ha voluto raccontarlo così: “Il giudice costituzionale, prossimo presidente della Corte, da settimane fa le consultazioni nello studio del suo storico istituto: ha visto ministri leghisti e democratici, leader di partito, da Di Maio a Letta fino a Orlando. A 83 anni può farcela se Draghi non fa il trasloco e Mattarella non si convince a restare”.

Il giudice costituzionale è Giuliano Amato, ex braccio destro di Bettino Craxi e poi “riserva” della Repubblica nei momenti più delicati. Sta lavorando ad una sua candidatura alla presidenza della Repubblica. Può unire i due mondi, il centrodestra e il centrosinistra. Non completamente. Ma può provarci. L’Espresso scrive: “L’auto di servizio avanza lenta sui sampietrini, il lampeggiante rigorosamente spento, i vetri seriosamente oscurati, e poi accosta al civico 4 di piazza della Enciclopedia italiana, palazzo romano del XVI secolo appartenuto alla famiglia Mattei, ramo Paganica, sede del prestigioso istituto Treccani. È sera, i lampioni di luce arancio illuminano il vuoto”. E in questo quadro Giuliano Amato, al secolo il Dottor Sottile, tesse la sua tela.

Nel Transatlantico tutti sanno che alla fine la partita potrà sbloccarsi dopo il colloquio tra Enrico Letta e il Pd. Nei Democrat, però, l’elenco di chi vorrebbe votare Sergio Mattarella anche contro la volontà del Capo dello Stato sta crescendo. Vedremo.

La marcia di Salvini

Matteo Salvini (Foto: Vincenzo Livieri / Imagoeconomica)

Mentre Matteo Salvini si sta muovendo a tutto campo. Scrive il Corriere della Sera: “Un giorno il caro bollette, un altro il ritorno al nucleare, l’altro ancora la politica dell’immigrazione. Matteo Salvini mette sempre nuovi temi sul tavolo e invoca dal governo un cambio di marcia  che a qualcuno fa maliziosamente sospettare una strategia di uscita dall’esecutivo post voto sul Quirinale, ma allo stesso tempo fa diffondere una nota per smentire desideri di rottura. Il segretario del Carroccio, si fa sapere al fine di evitare «fraintendimenti o ricostruzioni fallaci», non «sta progettando alcuna uscita dal governo: la Lega intende rimanerci, con Mario Draghi a Palazzo Chigi, per completare il lavoro». Di più, si coglie anche l’occasione per ricordare che il partito ha «una radicata tradizione di governo: amministra da decenni centinaia di Comuni e Regioni importanti» e, per soprammercato, quando Salvini è stato vicepremier e ministro la Lega ha saputo raddoppiare i consensi nel giro di un anno”.

Nella sostanza Salvini dice: la Lega resta al Governo se rimane Mario Draghi premier. In realtà che Draghi potrebbe essere eletto al Colle. In quel caso magari lo voterebbe facendo pesare il senso di responsabilità. Ma poi non potrebbe rimanere nella maggioranza di Governo un solo istante in più. A meno che, insieme ad Enrico Letta, non trovi una soluzione condivisa diversa. Giuliano Amato?

La paura del Covid

(Foto: Vince Paolo Gerace / Imagoeconomica)

In queste ore si è fatto largo il timore di un possibile contagio da Covid in occasione delle votazioni per eleggere il Presidente della Repubblica. E c’è chi ha posto l’interrogativo sulla possibilità di ricorrere al voto a distanza.

È possibile che i grandi elettori si esprimano sul futuro capo dello Stato con un voto a distanza, come chiesto da alcuni parlamentari in virtù della situazione pandemica” a rispondere oggi è stato il professore Sabino Cassese intervenendo a Sabato Anch’io su Rai Radio1. Ha spiegato che “Questa è una elezione nel senso proprio della parola. Non è previsto e non è consentito un dibattito precedente”. In pratica, in Aula si deve andre solo per votare e non per dibattere.

C’è semplicemente un voto da esprimere. Le elezioni politiche nazionali si svolgono in luoghi e momenti diversi, nel corso di uno o due giorni. La caratteristica di questa votazione, quindi, consente che le persone che debbono votare, votino non nello stesso luogo fisico, ma ad esempio in luoghi fisici vicini, ad esempio a Palazzo Madama. È un mero fatto di svolgimento della votazione. Con gli strumenti tecnici che ci sono oggi è sicuramente possibile”.

Se se ci fosse un focolaio in un Gruppo?

E se un focolaio colpisse un Gruppo parlamentare decimando i suoi voti? Su questo aspetto è intervenuto il costituzionalista Alfonso Celotto. Per il quale “Il voto a distanza non è vietato ma è fortemente inopportuno, non abbiamo precedenti nel voto parlamentare. Nel 2020, in pieno lockdown, ci fu una discussione su questo ma non si arrivò a nulla. Ci sono problemi di privacy e tracciabilità, mi sembra una soluzione difficile”.

Quanto all’allarme sulle possibili assenze di parlamentari non vaccinati che a causa dell’entrata in vigore del super green pass sui trasporti non potranno raggiungere Roma, Celotto ridimensiona. “Per votare serve un numero legale, è importante che ci siano 500 e rotti elettori, l’assenza quindi di 5-10 parlamentari non danneggia in alcun modo il voto”.

Il problema vero si porrebbe se scoppiasse un cluster in un Partito. Se ci fosse un focolaio, con 200 parlamentari coinvolti, allora sì che si potrebbe squilibrare la rappresentanza politica, il pieno pluralismo. A quel punto sarebbe opportuno un rinvio del voto. C’è una soglia della reale rappresentatività che verrà valutata il 24 gennaio”.