«Chi è rimasto umile scagli la prima pietra». E ci voleva Nesta per dirlo

Foto © Emiliano Grillotti

Per il mister troppi in città si sono montati la testa. "Due anni di Serie A non possono cambiare la storia". Può sembrare presuntuoso, anche un po' offensivo il discorso fatto da Nesta. Ma non è nulla di più e nulla di meno della sacrosanta verità

Fabio Cortina

Alto, biondo, robusto, sOgni particolari: molti

La conferenza stampa di presentazione di una gara è come la corsa di un treno: segue binari ben precisi, si parte da un’analisi, si sviluppa un tema, si prova a chiedere la formazione e si conclude arrivando in stazione con l’allenatore che dice che la squadra darà il massimo. A Frosinone, così come alla Continassa o alla Ciudad Deportiva di Madrid. E non è così piatta perché noi giornalisti siamo scarsi, ma semplicemente perché il treno, prima del match, deve partire ed arrivare.

Il tecnico del Frosinone Alessandro Nesta

A volte però accade qualcosa, un inghippo sulla linea ed il tecnico (giornalista in questo caso) per sbloccarla va a toccare qualche filo, il più delle volte stravolgendo il percorso che Trenitalia (l’allenatore) ha tracciato. Ecco, un po’ quello che è successo quest’oggi a Frosinone, dove un bravo tecnico ha toccato il filo giusto, il treno è ripartito e Trenitalia ha detto cosa non stava andando. Meglio – e non ce ne voglia il direttore – di quanto ha provato a dire con estremo garbo Ernesto Salvini ieri.

Al di là di ogni colpa tattica, della quale non dobbiamo discolpare noi Alessandro Nesta, l’allenatore ha posto l’accento su un fattore: l’umiltà. “L’altro giorno – ha detto il Mister – mi hanno detto che avevamo poca umiltà. L’umiltà dobbiamo averla tutti. Perché due anni di serie A non segnano tutta una storia. La serie A è stata affrontata con grande sforzo e grande merito ma ora tutto quello che viene bisogna per forza metterlo a paragone, altrimenti è la piazza che ha perso l’umiltà“. 

Ha detto qualcosa di sbagliato? Ne siamo proprio certi? L’immagine che ha riscattato Frosinone nel mondo del calcio e ci permettiamo di dirlo, anche in altri, è quella della standing ovation a retrocessione avvenuta nel 2016. Quella di gente che ne ha viste di tutti i colori, ma che di fronte ad un arcobaleno si alza ed applaude, anche se ha preso schiaffi per un anno. Un aspetto che, lo stesso Nesta ha sottolineato, si viveva anche l’anno scorso. 

Il Frosinone appena retrocesso riceve gli applausi del pubblico

Lo scorso anno – ha detto il tecnico – ho visto Frosinone-Sampdoria 0-5 col mio vice Rubinacci, il pubblico applaudiva, spingeva la squadra. E dissi: ‘questo posto è fantastico’. Quest’anno alla quarta fischiano. Noi sappiamo che dobbiamo fare di più però l’umiltà deve essere di tutti. Vogliamo mandar via l’allenatore? Magari il problema rimane. Io farò di tutto per restare,  giocarmi questa grande carta che è il Frosinone e sperare di portarlo fuori da questa situazione che non è facile. Lo sapevamo già. Qui tutti stanno facendo il massimo“.

Forse Alessandro Nesta, dall’alto della sua Coppa del Mondo, dei suoi scudetti, della sua Champions e delle altre svariate coppe e supercoppe vinte, ha il disincanto di non dover rendere conto a nessuno e di dire ciò che pensa. Senza filtri e senza il timore reverenziale che qualcuno in precedenza – a ragione o torto, non sta a noi giudicare – aveva avuto nei confronti dell’ambiente. Ma il tecnico è lui, lui ha gli strumenti per provare ad uscire da questa situazione, lui lavora ogni giorno per far sì che ciò accada. 

Nessuno sta assolvendo a prescindere Alessandro Nesta, la cui classe da allenatore è tutta da dimostrare, qui il discorso è un altro: sta venendo meno la genuinità tipica del Frosinone. E bisogna fare un distinguo: se la curva fischia, se i tifosi voltano le spalle alla squadra, lo fanno per dare un segnale, perché dopo centinaia di chilometri fa male perdere, ma la domenica dopo cantano e lo fanno più di prima.

Alessandro Nesta

I tifosi del Frosinone però, ringraziando Iddio, sono molti di più di una splendida curva. Sono un popolo che vive lo stadio, la strada ed i social, soprattutto i social. Ecco, in questi megafoni a tutto volume sparati in scatoloni vuoti, tutti credono di tifare Real Madrid.

E’ lecito incazzarsi, è lecito dire cosa non va, è lecito dire “Basta con la storia dei campi di serie C e serie D pieni di fango”. Non è lecito però cambiare pelle e diventare snob solo perché si è stati invitati due volte ad una cena di gala. La serie B è tecnica e tattica, ma anche sangue, sudore e lacrime. In Serie B serve saper giocare a pallone, ma anche un altro elemento che forse ancora il mister non conosce declinato alla ciociara: la tigna. 

Ecco mister, continua a far studiare ai giocatori il nuovo modulo, le scalate, i raddoppi delle mezz’ali in supporto ai terzini, ma poi ricorda loro della tigna. Quella fantastica sostanza magica che scorre nelle vene della rappresentazione del ciociaro supereroe, quello che non molla, quello che lotta, quello che non si arrende. Anche se non è che poi i Ciociari sono tutti così, anzi.

Non preoccuparti mister, tu trova la quadra, il resto lo faranno i risultati, quelli curano ogni malattia: anche la superbia di chi a volte dimentica da dove viene.

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