Chi gestirà i rifiuti? La proposta che spariglia il centrosinistra

Rifiuti, cambierà tutto. L'assessore rompe lo stallo e presenta una sua proposta di legge regionale. Chi li gestirà, chi avrà le competenze su cosa

Il tira e molla è finito. Non si mettevano d’accordo: da un lato la Giunta del presidente Nicola Zingaretti e dall’altra la sua maggioranza di Centrosinistra in Consiglio Regionale. A mettere fine allo stallo è stato oggi l’assessore ai Rifiuti del Lazio, Massimiliano Valeriani. Lo ha fatto presentando una sua proposta di legge sulla creazione dei nuovi enti che dovranno governare la gestione dei rifiuti nelle 5 province del Lazio. (Leggi qui il precedente: Quella rivoluzione sui rifiuti che apre lo scontro nel centrosinistra in Regione).

In giunta entro una settimana

Massimiliano Valeriani (Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica)

Il testo è stato depositato attraverso l’assessorato: la proposta di legge sarà discussa in Giunta la prossima settimana. Imprimerà una forte accelerazione alla rivoluzione nella gestione dei rifiuti.

Oggi i Comuni sono responsabili del servizio di raccolta, mentre alla Regione compete la decisione sugli impianti e le relative tariffe; in particolare per le discariche e gli stabilimenti Tmb (come la Saf di Colfelice che trita e recupera i rifiuti indifferenziati). La Regione oggi stabilisce cosa autorizzare sulla base dei fabbisogni e fissa i prezzi di conferimento.

Domani cambia tutto. La proposta di legge prevede la nascita degli Enti di governo degli ambiti territoriali ottimali – Egato. Saranno loro i veri protagonisti di tutto ciò che accadrà nei rispettivi territori delle province in termini di raccolta, impiantisti, luoghi dove realizzarli, individuazione dei gestori del servizio. In pratica, dalla raccolta al trattamento, incenerimento e smaltimento.

Inoltre fisseranno le tariffe. Il tutto per garantire l’autosufficienza di ogni singolo ambito, secondo quanto disposto dal piano regionale dei rifiuti varato ad agosto 2020.

I nodi da sciogliere

Marco Cacciatore (M5S)

Due i nodi gordiani da sciogliere che avevano portato al pantano, nonostante la maggioranza avesse prodotto un testo unificato; un testo che era nato dalla fusione di due proposte: quella del presidente della commissione Rifiuti Marco Cacciatore e della grillina Gaia Pernarella.

Il primo nodo è relativo a Roma. La gran parte dei consiglieri regionali di centrosinistra, che non provengono dalla Capitale, vogliono garanzie rispetto al fatto che la Città Eterna si doti di tutti gli impianti necessari al raggiungimento della sua autosufficienza. Perché non intendono più essere il suo “pronto soccorso”. O, secondo il vocabolario di altri, le province del Lazio non vogliono più essere la pattumiera di Roma.

   Questo vale tanto per i comuni della Città Metropolitana quanto per quelli delle province confinanti. Questo perché nel piano vigente Roma fa parte dell’ambito con gli altri 120 comuni della ex Provincia. E quindi, in virtù del principio di prossimità (se vado in emergenza posso bussare gli ambiti che mi sono più prossimi), in caso di crisi di questo ambito le province confinanti sarebbero chiamate a intervenire in aiuto. Cosa che non accadrebbe se Roma avesse un ambito a sé stante.

La spaccatura

Foto: Livio Anticoli © Imagoeconomica

La Giunta non intende assecondare questa presa di posizione, perché un ambito autonomo della Capitale non è previsto nel piano rifiuti (dove invece si menziona un sub Ambito di Roma). Ma per sbloccare la situazione ha stabilito nella sua proposta che il futuro piano d’ambito dell’Egato della Città Metropolitana di Roma preveda la gestione in forma separata del servizio di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani relativi al territorio di Roma Capitale.

 Questa decisione e la disposizione del piano rifiuti in base alla quale Roma deve avere nel suo territorio tutti gli impianti di trattamento e smaltimento capaci di garantirne l’autosufficienza costituiscono un “ambito Roma” di fatto.

Inoltre, spacchettare Roma dagli altri 120 Comuni aiuta a porre fine a un’altra paura di tanti territori: la costituzione di una mega soggetto gestore metropolitano del servizio (magari a guida Acea) che fagociterebbe le diverse realtà pubbliche già esistenti, peraltro con l’aggravante di tariffe penalizzanti soprattutto per i piccoli comuni, che pagherebbero la coabitazione nello stesso Egato con un inquilino ingombrante come Roma.

Le altre garanzie

Foto Silvere Gerard © Imagoeconomica

 In questo senso, per fornire un’ulteriore rassicurazione, l’assessorato ha previsto nel suo testo che il piano d’ambito dell’Egato può prevedere la gestione in forma separata del servizio di raccolta, trattamento e smaltimento. O di suoi singoli segmenti per determinate aree territoriali dell’Ambito, purché presentino differenze territoriali e socio-economiche rilevate sulla base di parametri tecnici, demografici, amministrativi e morfologici. Il gestore del servizio dovrà essere individuato tramite gara europea oppure anche in house, il che salverebbe le realtà pubbliche esistenti che si occupano della raccolta.

Gli affidamenti ai futuri soggetti gestori avranno una durata minima di 15 anni. Ma fino all’aggiudicazione da parte degli Egato ad occuparsi della servizio di gestione integrata dei rifiuti saranno sempre i comuni. I quali, una volta entrata in vigore la legge, non potranno fare affidamenti che scadano oltre l’1 gennaio 2025. Rispetto a tutto ciò sono fatti salvi gli affidamenti esistenti al momento dell’efficacia della nuova normativa e quindi andranno a naturale scadenza.

Come saranno gli Egato

Foto: Livio Anticoli © Imagoeconomica

Sempre secondo la proposta dell’assessorato ai Rifiuti, gli Egato saranno composti: da un’Assemblea, formata dai sindaci dei Comuni appartenenti a quel determinato ente di governo; da un presidente (eletto a maggioranza dai membri dell’assemblea); dal Consiglio direttivo (costituito dal presidente e da quattro membri nominati dall’Assemblea); dal direttore generale (nominato dal Consiglio direttivo e individuato attraverso una procedura pubblica) e dal revisore dei conti.

Il presidente (il cui compenso sarà uguale all’indennità di funzione del sindaco di Roma o del sindaco del capoluogo di provincia) e i membri del Consiglio direttivo (il cui compenso sarà uguale all’indennità di funzione degli assessori) resteranno in carica 5 anni e potranno ricevere un solo rinnovo.

   La Giunta fisserà i criteri attraverso i quali stabilire le quote di rappresentanza dei comuni negli Egato, fermo restando che Roma o un comune capoluogo non potrà pesare più del 40%. Oggi, nell’assemblea dei sindaci Saf in provincia di Frosinone, ogni Comune vale 1 voto: a prescindere dal numero di abitanti e dalla quantità di rifiuti prodotta.