Chi vince se… Le battaglie navali di Alatri e Sora

Partite che si giocano tenendo presente la possibilità del ballottaggio. Se il centrodestra non arriva al secondo turno a Sora si potrà parlare solo di catastrofe. Come nel caso di una sconfitta del Pd ad Alatri. Ma in generale leader e partiti hanno poco da guadagnare e moltissimo da perdere.

Con quali parametri dovranno essere giudicati i risultati elettorali di Alatri e Sora, le due città più grandi che vanno al voto in Ciociaria il 3 e 4 ottobre? Le uniche con più di 15.000 abitanti e quindi con l’opzione del ballottaggio se al primo turno nessuno avrà raggiunto il 50% più uno dei consensi?

Sul piano politico in realtà non ci si potrà inventare molto.

La battaglia di Sora

I candidati a sindaco di Sora

Iniziamo da Sora. Per il centrodestra guidato dal candidato sindaco Federico Altobelli restare fuori dal secondo turno sarebbe una catastrofe. Perdere al ballottaggio comunque una sconfitta.

Perché la coalizione aveva la vittoria in pugno dopo che il tavolo regionale aveva stabilito che il candidato sindaco (Giuseppe Ruggeri) fosse in quota Fratelli d’Italia. La notte dei lunghi coltelli scatenata da una parte della Lega (Pasquale Ciacciarelli e Lino Caschera) con la sponda di Coraggio Italia (Mario Abbruzzese) ha mandato il tavolo in frantumi.

Un’operazione che è nata per riparare due errori compiuti ab origine dal tavolo regionale. Perché Giuseppe Ruggeri non aveva il profilo del candidato: andare in ferie anziché organizzare la campagna elettorale è stata la mossa che ha messo tutti d’accordo sulla necessità di sostituirlo. E poi perché per cinque anni l’amministrazione si è retta sulla capacità del sindaco di tenere in equilibrio le aspirazioni di FdI / Massimiliano Bruni e di Lega / Lino Caschera. Indicare un candidato espressione di una sola delle due parti ha squilibrato da subito la coalizione, nata solo su imposizione provinciale e regionale. (Leggi qui Svolta di Durigon: a Sora candidato unico).

Sulla pelle di Sora, della Lega cittadina, di Lino Caschera e del suo riferimento Pasquale Ciacciarelli, si è tentato di giocare una partita ben più ampia. Assegnare il candidato sindaco a Fratelli d’Italia (che aveva già ottenuto la candidatura a Ceccano) spianava la strada al coordinatore provinciale della Lega Nicola Ottaviani per reclamare una candidatura leghista nella sua Frosinone. Bene per Ottaviani, bene per Massimo Ruspandini, ma Sora – Caschera – Ciacciarelli si trovavano a pagare il conto. Ed hanno fatto saltare il tavolo.

E se non fosse stato per il leader dell’Udc Angelo D’Ovidio (Santo subito) la coalizione non avrebbe trovato neppure una soluzione alternativa.

I big hanno tutto da perdere

I big hanno tutto da perdere se non arriva la vittoria: Nicola Ottaviani e Pasquale Ciacciarelli (Lega), Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) e Claudio Fazzone (Forza Italia).

Il Pd si è mimetizzato nel mare civico di Luca Di Stefano, ma è evidente che solo la vittoria del candidato sindaco sarà un risultato positivo. Tutto il resto no. Lo sanno bene il Segretario provinciale Luca Fantini e Francesco De Angelis. Perché la dottrina Fantini puntava alla ricostruzione del Circolo di Sora ed alla candidatura identitaria nella quale riaggregare il centrosinistra. I fatti lo hanno portato ad un diverso punto di approdo: il M5S non si è voluto aggregare, l’unità ha retto per poi finire in frantumi ad una settimana dalle candidature (l’ex segretario Pd Petricca e Lorenzo Mascolo hanno lasciato il fronte).

La decisione di convergere su Di Stefano è stata la soluzione più concreta, capace di costruire un fronte assolutamente più solido. Ma Luca Di Stefano non è nemmeno lontanamente espressione del mondo Dem: il suo è un progetto civico. Per questo per Luca Fantini l’unica opzione è la vittoria elettorale, altrimenti la sua sarà una sconfitta politica.

Quanto al sindaco uscente Roberto De Donatis, se non arriva il ballottaggio è una sconfitta. Punto e basta. E’ lui l’uscente. Mentre un successo di Eugenia Tersigni segnerebbe il capolavoro di Luigi Vacana e anche la vittoria di Antonio Pompeo. Che in qualche modo ha già vinto: comunque vada, il leader di Base riformista ha un solido caposaldo in quel collegio elettorale. Che vale oro alle prossime regionali quando serviranno le preferenze per vincere.

La battaglia di Alatri

Ad Alatri tutto il peso della responsabilità è sulle spalle del Pd e del candidato sindaco Fabio Di Fabio. Una sconfitta avrebbe effetti durissimi sul consigliere regionale Mauro Buschini e sul segretario Luca Fantini. Perché Alatri è una roccaforte. E perché sia l’ex presidente del Consiglio regionale e sia il Segretario provinciale del Pd sono alatrensi.

Antonello Iannarilli Giorgia Meloni

Poco conta il logoramento interno degli ultimi anni, attribuibile al carattere spigoloso del sindaco uscente Giuseppe Morini. Meno ancora conta il fatto che l’ex sindaco fosse poco avvezzo alle sagrestie del Partito. Alla fine conterà solo il risultato finale ed il colore della bandiera che verrà piantata nel palazzo municipale.

Il centrodestra, guidato da Maurizio Cianfrocca, sogna la spallata storica. Se andrà a vuoto sarà l’ennesima sconfitta cocente ad Alatri. Con riverberi sulle segreterie provinciali di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Non può permettersi errori Antonello Iannarilli: l’ex presidente della provincia, ex deputato ed ex assessore regionale è capolista di Fratelli d’Italia. Ha voluto un ruolo in cabina di regia, se non porterà voti con la carriola rischia di vedere messa in discussione la sua candidatura alle Regionali. A suo vantaggio c’è un fatto: conteranno i suoi voti, se dovesse andare male il candidato sindaco non sarebbe faccenda sua. Molto da guadagnare, poco da perdere.

Poi c’è Enrico Pavia: non è il terzo incomodo, concorre per arrivare al ballottaggio e poi provare a vincere. Se non arriva al secondo turno impossibile non parlare di pesante sconfitta.

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