Più lavoro ma meno prospettive: la Ciociaria allo specchio

I dati analizzati dall'ufficio Studi della Cisl. Un territorio pieno di contraddizioni. Ma che riesce a resistere. Dove molto si potrebbe fare se venisse 'allineato'. Ci sono professionalità che le aziende non riescono a trovare. E altre in esubero. In calo il reddito. Ma meno che altrove

Un territorio pieno di contraddizioni. Attraversato da ataviche incoerenze: a vocazione agricola ma basato sul tessuto industriale, unito a Latina ma orientato a Roma, con un grande polo universitario ma in difficoltà nell’individuare figure professionali specifiche.

Una provincia in precario equilibrio, nonostante il passaggio ed il perdurare di situazioni sfavorevoli.

A dirlo è la ricerca messa a punto dal Centro Studi della CISL di Frosinone.

 

Ciociari in fuga, ci salvano i forestieri

Dalla ricerca emerge che nell’arco del 2017 la popolazione residente ha continuato la fuga dalla Ciociaria: il saldo della popolazione residente continua a scendere con ben 2.435 persone in meno. Segno di una Provincia dalla quale si va via.

Sono 21,66 ogni mille i residenti che scappano dalla Ciociaria. Non ce ne accorgiamo perché arrivano tanti ‘forestieri’. Infatti nel 2017 sono stati 20,72 ogni mille gli individui che sono arrivati.

 

Richieste di lavoro: uguali

La domanda di lavoro, rimasta pressoché costante negli anni 2013/2015, con una leggera tendenza alla flessione. È è diminuita repentinamente nel 2016, per risalire nel 2017.

La flessione del 2016 è stata determinata dalla stabilizzazione di parte del personale dell’Istruzione: erano gli anni del governo Renzi e della prima ondata di stabilizzazioni nella Scuola; fatta con criteri che avevano sollevato qualche polemica ma nella sostanza hanno ridotto di molto il numero delle persone in fila per un’occupazione.

La risalita nel corso dell’anno 2017 è stata determinata dall’aumento convulso dei contratti di somministrazione che hanno registrato un’impennata.

Nel 2017, per il terzo anno consecutivo, è tornato il segno positivo pari a 2.216 assunzioni in più rispetto alle cessazioni di rapporto di lavoro.

L’analisi della Cisl è cruda: se è vero che ci sono state oltre 2mila assunzioni in più dei licenziamenti e pensionamenti, allo stesso tempo è vero anche che non c’è un miglioramento delle condizioni occupazionali e quei posti di lavoro non generano prospettive concrete.

 

Meno industria tradizionale

Sul lato delle imprese è avvenuta una contrazione del settore Manifatturiero: le cose non le fabbrichiamo più qui. Perché conviene farle altrove: non tanto in termini di costo del personale, il vero problema è una burocrazia che soffoca e rallenta ma soprattutto aumenta il costo finale per via dei ritardi che impone.

I finanziamenti europei per l’Agricoltura hanno fatto tornare il segno positivo nel comparto.

Segni positivi anche dal Turismo: +0,9%.

Il 2017 in provincia di Frosinone si è chiuso con 47.552 imprese registrate alla Camera di Commercio di Frosinone (+0,5% rispetto al 2016).

Le attività manifatturiere nell’arco dell’ultimo anno hanno perso oltre 200 imprese (-5,7%).

 

Ciociaria da esportazione

Restano trainanti alcuni settori per l’export, in cui Frosinone conquista, addirittura, il podio nazionale per il distretto farmaceutico dell’area nord della provincia.

I farmaceutici, chimico-medicinali e botanici risultano il primo settore di esportazione della Regione con una quota del 38,8%:  hanno registrato una crescita del 16,6%.

Boom dell’automotive, grazie ai modelli sfornati da Alla Romeo nello stabilimento Cassino Plant. Auto, rimorchi e semirimorchi registrano un +140,6% di export su scala regionale.

Il dato del Lazio è trainato, in entrambi i settori, dai risultati ottenuti in provincia di Frosinone.

 

Cercasi lavoratori e non qualificati

Le figure lavorative più ricercate in Provincia di Frosinone sono professioni commerciali e dei servizi, operai specializzati, conduttori di impianti e di macchine, che rappresentano il 33% della domanda di lavoro.

La sofferenza maggiore, invece, è dei laureati, che in provincia rappresentano soltanto l’11,5% della forza lavoro ciociara.

Migliori possibilità per i diplomati (33% degli occupati) e per coloro che posseggono una qualifica professionale (28%).

Addirittura nel 27% dei casi, per accedere e permanere nel mercato del lavoro, è sufficiente la scuola dell’obbligo.

Anche questo è un campanello di allarme per la Cisl. Significa che il mercato del lavoro in Ciociaria ha bisogno di braccia. È un rischio perché la manifattura può facilmente essere esportata in altre regioni d’Europa. I centri progettuali, concettuali, decisionali, sono invece quelli che determinano il radicamento di un’impresa al territorio.

 

Il ritardo della politica

Per Cisl la questione è «certamente, legata allo scollamento dell’istruzione/formazione ed il mercato del lavoro, ma altresì all’incapacità degli attori locali ed istituzionale di fare sistema ed orientarsi alla progettazione del futuro prossimo, posizionandosi soporiferi su traiettorie casuali ed alquanto fataliste».

Tradotto dal linguaggio sindacale: chi deve stabilire gli indirizzi delle scuole non sta programmando in modo efficace i corsi di istruzione. Bisogna pianificare oggi quei corsi che daranno lavoro tra cinque anni. Altrimenti si corre il rischio di sfornare professionalità già vecchie e delle quali non c’è più bisogno.

L’analisi dell’ufficio Studi della Cisl è particolarmente precisa. Sostiene che «Le maggiori carenze del mercato del lavoro si riscontrano nell’inadeguatezza delle skills possedute e nella mancanza di esperienza nel settore lavorativo specifico. Pertanto, l’offerta di lavoro non è capace di proporre hard e soft skills, quali competenze altamente referenziali per essere desiderabili nelle ricerche di lavoro». 

 

Mancano elettronici ed elettrotecnici

Nel 2017 si sono laureati circa 2.800 studenti in Provincia di Frosinone. Fra le figure più difficili da reperire per le imprese della provincia ci sono i diplomati specializzati in elettronica ed elettrotecnica.

Difficoltà che se volessimo misurare, si attesterebbe al 72,2%.

Mancano anche i diplomati in informatica e telecomunicazioni (difficoltà pari al 40,7%).

Le aziende che stanno mostrando una maggior propensione all’assunzione sono quelle dei servizi alle imprese (20%), seguite dall’industria manifatturiera, dai servizi pubblici (13,8%) e dal turismo (12,5%).

 

Mobilità

Nella provincia di Frosinone, nel corso del 2017, sono state presentate complessivamente 847 domande di mobilità in deroga. Un risultato al quale si è arrivati grazie all’Accordo quadro sugli ammortizzatori sociali per area di crisi complessa tra Regione Lazio e Parti Sociali. È l’intesa del 17.07.2017.

I beneficiari della mobilità in deroga, nel 2017, hanno percepito un sostegno al reddito, in 12 mensilità, di circa € 12.000,00 lordi annui. 

C’è un limite enorme: si tratta di iniziative dalla connotazione meramente risarcitoria nei confronti della forza lavoro. Cioè ti ‘risarcisco’ così per il lavoro che hai perso. Non è una strada verso un lavoro nuovo, una professionalità diversa e della quale c’è bisogno sul mercato.

Il principio che era alla base dell’accordo raggiunto nel 2017 prevedeva invece la costruzione di un nuovo lavoro. Un processo che è stato avviato e monitorato dalla Cisl con gli altri sindacati.

Perché non ha funzionato? Per quello che Cisl chiama «disallineamento temporale, essendo alquanto breve il periodo di 12 mesi, talvolta retroattivo, per completare il percorso di ricollocazione».

La traduzione è: non bastano 12 mesi a convertire un’area industriale e creare nuovi posti. Infatti il processo di riconversione e reindustrializzazione dei Comuni nell’area industriale di crisi complessa, resta ancora in fase embrionale.

 

Cala il reddito ma meno degli altri

Il reddito medio provinciale, dichiarato dai contribuenti nel 2017, riferiti all’anno di imposta precedente, si è attestato a € 22.242,00 (-2,89%) È la minor variazione percentuale negativa nel Lazio, su base annua: in pratica siamo quelli che ci hanno rimesso di meno.

Con tali redditi, però, Frosinone si avvicina ai dati dei capoluoghi meridionali e si estende la forbice tra chi dichiara redditi superiori ai € 120.000,00, che fa registrare impennate di incrementi e chi dichiara sotto i € 10.000,00, che vede contrarre maggiormente le proprie disponibilità.

La media ponderata dei redditi, che salgono e che scendono, determina l’aumento del tenore di vita e Frosinone passa dal 79esimo posto del 2016 al 56esimo del 2017.

Con € 1.074,00 pro capite per consumi e € 739,70 come importo medio mensile a pensione, il capoluogo resta, comunque, in linea con la media nazionale.

 

La qualità della vita

Dalla classifica nazionale, stilata da ItaliaOggi, Frosinone ottiene il 107esimo posto, davanti le sole città di Palermo, Napoli e Crotone.

Numeri che ci collocano, altresì, in fondo alla graduatoria regionale per qualità della vita.

Anche nel sistema sanitario si riscontrano inadeguatezze, soprattutto per la carenza di posti letto in reparti specialistici, con un deprecabile 94esimo posto a livello nazionale. Paghiamo ancora oggi le scelte della ‘macroarea’: cioè quando la Regione Lazio (a guida Polverini) decise di far fare media tra i posti negli ospedali ciociari e quelli negli ospedali romani. Il risultato fu che a Roma non tagliarono un posto letto mentre a Frosinone non ne venne aumentato nessuno ma anzi vennero chiusi tutti gli ospedali più piccoli.

Gravi insufficienze in cardiologia, cardiochirurgia e unità coronariche (103esimi con 9,49 posti per 1.000 abitanti), in rianimazione e terapia intensiva (100esimi con 3,63 posti per 1.000 abitanti) o nei reparti di oncologia (78esimi con 2,42 posti per 1.000 abitanti).

Infine, il sistema di sicurezza provinciale risulta essere molto efficiente, facendoci collocare ad un rispettabile 22esimo posto nella classifica generale sulla criminalità.

Pochi i reati contro la persona e contro il patrimonio, nella media nazionale per quanto riguarda, invece, i reati connessi allo sfruttamento della prostituzione ed alle rapine in banche/uffici postali.

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