Coletta eletto sindaco: una proclamazione di ordinaria follia

Damiano Coletta rieletto sindaco. la Commissione elettorale convalida il risultato del mini turno in 22 sezioni tenuto domenica. Il ricorso per il ballottaggio. Che la Commissione non considera: non è sua competenza. Una giornata sul filo del Codice: mai finora un caso simile. Alla fine salta la proclamazione. Finirà al Tar. Ecco perché.

di Lidano Grassucci, Andrea Apruzzese, Alessio Porcu

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“Quel che importa non è vincere o perdere, ma accettare serenamente la sconfitta”. (Abraham Lincoln)

La Storia narra che Clementine, moglie di Winston Churchill l’uomo che aveva salvato dal nazismo il mondo ed il Regno Unito, va dal marito a comunicargli l’esito delle prime elezioni dopo la guerra: “Winston, abbiamo perso“. Gli inglesi liberi avevano votato Laburista e non lui, Conservatore. Churchill le rispose “No cara, abbiamo vinto perchè noi abbiamo combattuto afficchè ci potessero votare anche contro“. Gli rodeva, ma era un grande della Storia.

A Latina c’è poco di British e poco di grandezza. Ma molto di latino. La sconfitta non si accetta per principio. E quando è evidente la si attribuisce sempre a qualcun altro. Non si accetta di essere battuti: ci deve essere per forza un complotto, un errore, un’interpretazione fallace, un cavillo al quale aggrapparsi per gridare all’usurpazione.

Umberto II, nel prendere atto del risultato del Referendum che aveva sancito la fine della Monarchia, salendo sull’aereo che lo avrebbe portato in esilio a Cascais firmò le ultime nomine dei Conti (i famosi conti ‘della scalettadal luogo in cui vennero nominati) ed il ricorso contro il risultato elettorale.

Il nuovo ricorso

Foto Valerio Portelli © Imagoeconomica

Damiano Coletta non è uomo che susciti simpatia in modo unanime. Come per tutti i politici “metà del Popolo sta con te e metà contro di te” insegnava il rais Anwar el Sadat. In più nella sua cerchia vige un malcelato senso di superiorità che suscita una naturale orticaria. Questione sociale, ma ora sentire che la Destra pensa ad un ennesimo ricorso dopo avere perso per la terza volta le elezioni Comunali è troppo.

Premesso che per Diritto si può ricorrere al Tar, al Consiglio di Stato, alla suprema Corte di Cassazione, alla Corte Europea di Giustizia ed infine alla Corte dei Diritti dell’Uomo. E premesso che se il centrodestra si sente leso in un suo diritto fa bene a ricorrere in eterno. A tutto c’è un limite.

Un limite che rischia di essere superato nel momento in cui oggi la convalida degli eletti con le Comunali bis di domenica è rimasta sub judice. La Commissione Elettorale del Tribunale di Latina ha dovuto tenere conto delle memorie presentate dal candidato sindaco del centrodestra Vincenzo Zaccheo, bi sconfitto dal sindaco uscente progressista Damiano Coletta.

Zaccheo ha presentato un’eccezione chiedendo che venga ripetuto anche il turno di ballottaggio. Non sulle 22 sezioni in cui si è rivotato domenica ma su tutte e 116 le sezioni di Latina. E non 14 giorni dopo la tornata del 4 settembre, ma al 25 settembre andando quindi sulla scia delle politiche.

Pronti al ricorso al Tar

Vincenzo Zaccheo

Il ragionamento delle memorie di Zaccheo è lineare. Sostiene che se la sentenza del Tar ha riportato le lancette inidetro al primo turno in quelle 22 sezioni, logica vuole che abbia annullato gli atti conseguenti. E allora – è il ragionamento – deve considerarsi annullato anche tutto il successivo ballottaggio, che non può considerarsi valido.

Non è così perchè il ballottaggio non è stato impugnato? O è così? Perché in Italia ogni Giudice pronuncia le sentenze in base al libero discernimento: può anche andare contro la Legge se ritiene che non preveda quel caso particolare; poi ci si vede in Cassazione a Sezioni Unite.

La Commissione Elettorale del Tribunale ha esaminato nel pomeriggio l’eccezione, presentata in Aula da Agostino Marcheselli per Zaccheo. Ed ha risposto che non è loro competenza. Perché? Loro devono attenersi a quanto valutato dal Viminale: non c’è ballottaggio. Non c’è perché nessuno lo ha impugnato. La Commissione ha svolto la sua parte: verifica dei voti dai verbali di seggio.

Sindaco si, Consiglio no

Damiano Coletta

Tutto chiaro? Macché. Latina e queste sue elezioni sarebbero piaciute a Franz Kafka, genio letterario dell’assurdo generato dalla burocrazia. In apertura dei lavori, la Commissione spiega che una volta compiuta la verifica non ci sarà convalida degli eletti, in quanto questo è un primo turno di voto, ma una ripetizione in 22 sezioni. E la commissione non ha facoltà di proclamare il sindaco eletto, essendo non già un primo turno ma solo la ripetizione d’una parte di esso.

E allora chi lo deve proclamare il sindaco? Se il povero Damiano Coletta stasera si presentasse nel suo ufficio per riprendere il lavoro, gli uscieri potrebbero domandargli “ma lei con che diritto sta qui?

La Commissione specifica che non è sua competenza. Ma spedirà tutto in Prefettura. E lì, preso atto dei numeri, preso atto delle indicazioni del Viminale che non c’è ballottaggio ulteriore, proclamerà sindaco Coletta sulla base del ballottaggio precedente.

A quel punto, Zaccheo farà ricorso al Tar. E se invocasse l’intervento della Neurodeliri sarebbe comprensibile.

Scontro interno

Alle ore 19.15 la Commissione valida i voti del sindaco: la vittoria di Coletta è confermata. Nel frattempo si alzano i mormorii dalle sedi di FdI e Lega: incavolati perché la civica di Zaccheo Latina nel cuore non li aveva avvertiti della manovra. Per loro la soluzione era un altra: proclamazione, dimissioni in massa dal momento che il centrodestra ha la maggioranza nel Consiglio guidato dal sindaco Progressista, tutti a casa e nuove elezioni. Candidando un altro al posto di Vincenzo Zaccheo.

Sta tutto qui il nocciolo. Il ricorso è stato presentato perché Zaccheo o vince per sentenza o il suo centrodestra manda tutti a casa e per lui è finita. Candideranno un altro al posto suo.

Intanto, alle 19:19 la Commissione valida i voti di lista. Ed avvia la verifica dei voti personali ottenuti dai singoli candidati al Consiglio. Finite le addizioni e verificato che sia tutto in regola, spedisce il plico al signor prefetto e se la vedano tra lui ed il Ministero dell’Interno.

La Prefettura rispedisce alla Commissione

Ma siccome la burocrazia italiana è figlia un po’ dei Bizantini ed un po’ dei Pontifici, sarà complessa ma una soluzione la trova. La Prefettura prende atto. Ma non è sua competenza proclamare il sindaco. Con la recente riforma il Comune è un organo autocefalo: tutto si deve svolgere in automatico.

Ma chi lo deve proclamare Coletta? Fuori si diffonde il panico. Qualcuno teme che la Commissione adisca il Tar in sede di ottemperanza, ai sensi dell’art 112 del Codice Amministrativo. Cioè dica ai giudici: ma come accidenti la applichiamo questa sentenza?

Cinque righe di pazienza. Il tema sollevato da Zaccheo non è campato in aria. Sostiene che la sentenza ha annullato il verbale di proclamazione e dunque il procedimento deve riprendere dalla fase in cui è stato annullato. E procedere sino alla conclusione. Perché è un atto ‘non definitivo’. Tradotto: si deve rifare pure il ballottaggio. Allora perché la Commissione è andata avanti? La procedura dice che in assenza di disposizione espressa della sentenza circa la conservazione del ballottaggio, non è possibile proclamare sindaco sulla base del vecchio ballottaggio, ne tale decisione può’ essere rimessa alla Prefettura in assenza di un chiarimento del TAR. Qui invece si va avanti perché il chiarimento è stato chiesto. Al Viminale. Secondo il quale la sentenza è chiara.

In pratica, si ritiene che si debba prendere atto del risultato nelle 22 sezioni, poi sommarlo con il primo pezzo di elezioni che era valido, quindi prendere atto che nessuno dei candidati ha superato il quorum previsto per legge del 50% +1 ma non procedere con la convocazione del ballottaggio. Perché non è stato annullato.

Va bene tutto. Ma a chi compete la proclamazione? A me no, dice la Commissione. A me no, dice la prefettura. E comunque Zaccheo ricorrerà contro il Viminale o chiunque altro.

Il triste finale

In politica ci sta tutto. Ma anche a tutto c’è un limite. Ci sono mille modi per uscire di scena, al termine di una carriera politica encomiabile ed al limite del superlativo. Quello scelto da Vincenzo Zaccheo rischia di ricordare tanto il ferroviere che non accettava d’essere andato in pensione. E trascorreva le sue giornate nel Dopolavoro ferroviario, bevendo Pinot Nero ed immaginando treni in continuo transito ai suoi ordini. C’è un momento in cui si deve prendere atto dell’evidenza.

Peché è già tanto essere riusciti a trasformare Coletta da sindaco trieletto a novello Lazzaro che risorge dal Sepolcro. Ma a Latina il centrodestra non si accontenta. Vuole esagerare. Nella vittoria come nella sconfitta. E ora rischia di rendere Damiano Coletta un novello colonnello Chabert che esce dalla fossa comune con i morti di Napoleone dopo la carica di Heyalu dove lo avevano ficcato ritenendolo erroneamente già spacciato. La resurrezione di Coletta mancava a questa storia che già troppo è durata. Renderlo martire sarebbe troppo.

Nella vita devi saper perdere, te lo insegnano da bambino. le evidenze dicono che quell’antipatico di Coletta ha vinto le elezioni nel 2016, due volte nel 2021, una volta nel 2022 ripetendo i dieci minuti finali della partita.

Zaccheo non deve chiedersi chi ha tradito, ma cosa gli è mancato. Coletta dovrebbe non bearsi della vittoria ma capire dove è debole il suo vincere. Ma non c’è Churchill in giro.

Arriva un momento in cui dire basta. C’è una volontà popolare. Che a metà della città non piace. E c’è oltre la metà di Latina che la pensa in modo diverso dal sindaco. Sta alla politica trovare iuna sintesi tra Aula e Giunta. E se non sarà possibile, amen tutti a casa. 

Ma per impossibilità di fare il bene di Latina. Non per cavillo.