Cominium, tante sorprese nel cuore della Val di Comino

Torno in giro per cantine e faccio di nuovo tappa nella bellissima Val di Comino...per parlare di Cabernet? Non proprio.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

La Val di Comino è sempre stata per me foriera di tante sorprese: natura incontaminata, borghi meravigliosi, paesaggi mozzafiato e una vasta selezione di prodotti enogastronomici di assoluta qualità. È sempre un piacere dunque tornarci e passare una  giornata a passeggiare tra le vigne, degustare vini e ascoltare storie. Non mi aspettavo però di restare così sorpreso da una realtà come Cantina Cominium.

Attenzione però, dico questo perché nel panorama vitivinicolo del Basso Lazio Cominium è tra le realtà più conosciute ed apprezzate, ho assaggiato i loro vini diverse volte e quando si parla di Cabernet di Atina si parla molto spesso dell’azienda. La sorpresa nasce dalla visita, dal toccare con mano una realtà e soprattutto dal fatto che siamo in Val di Comino e in degustazione non vi parlerò di Cabernet… Sorpresa?

Da Napoli alla Val di Comino

I vigneti Cominium

L’avventura Cominium è iniziata alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, proprio mentre nasceva la D.O.C. Atina. Ma il cuore pulsante dell’azienda, il casale che oggi ospita le cantine  è stato ricavato da un vecchio rudere costruito nella seconda metà del 1800.

Proprio lì mi accoglie Maria Pinto, titolare dell’azienda insieme al fratello Armando. “Questo è un classico fabbricato rurale in cui il piano superiore era riservato alla famiglia: ci abitava e ci dormiva; quello inferiore era adibito a stalla. Il restauro ha previsto l’abbattimento del piano superiore con la creazione di un unico ambiente adatto ad ospitare i fermentini e di un locale più piccolo in cui custodire le barrique“.

Ma in questo posto si respira storia in ogni angolo, in un’altra stanza gelosamente conservati in una teca ci sono reperti bellici della Seconda Guerra Mondiale: munizioni, proiettili, posate, scodelle e addirittura un passaporto col marchio del Terzo Reich. Sono appartenuti a De Carolis Flaminio, abitante di Alvito.

Proseguendo la passeggiata Maria va a ritroso negli anni: “Tutto è nato da un’intuizione di mio padre Giuseppe e di Angelo Cosenza, entrambi di origine partenopea ed entrambi accomunati dalla passione per la natura. Acquistano il primo lotto di terreno ad Alvito, proprio nel cuore della Valle di Comino, per iniziare il loro percorso vitivinicolo convinti che il ritorno  all’agricoltura rappresentasse il futuro“.

Maria ed Armando, il motore del presente

Ci avevano visto lungo perchè l’azienda si è evoluta di pari passo con l’avanzare della DOC Atina, diventando una realtà consolidata nel territorio. Ma quando un’azienda può a tutti gli effetti sentirsi “consolidata“? Certo i premi e gli apprezzamenti contano, l’attenzione anche fuori regione fa tanto sicuramente. Ma quello che conta davvero in un percorso è la garanzia di avere un lascito, una continuità.

Armando e Maria sono quel lascito, loro sono il presente. Il primo  si occupa dell’aspetto agronomico ed enologico dopo un lungo percorso di studi, la seconda cura le pubbliche relazioni e tutti gli aspetti dell’accoglienza.

Quando poi vai in visita alla cantina ti accorgi che il futuro è già in cantiere. Perché già sulle botti dove riposa il vino ci sono scritti i nomi di figli e nipoti. “La vigna ormai è talmente radicata nei nostri cuori e nei nostri comportamenti che ci ha convinti ad insistere con lo stile di vita basato su pochi ma fondamentali cardini: famiglia, amicizia, rispetto, volontà“.

Il territorio ed il percorsio biologico

L’azienda attualmente lavora circa 24 ettari di cui 20 vitati e gli altri coltivati ad olivo ed ortaggi. Il terreno è argilloso calcareo compreso tra i 450 metri sul livello del mare per i vigneti ed i 650 metri per gli oliveti. Questi ultimi sono nel comune di San Donato Valcomino e comprendono le varietà Leccino, Pendolino e la Marina peculiare della zona. Sia per l’olio che per il vino Cominium è certificata come azienda biologica, percorso in realtà cominciato già da qualche anno ma ufficializzato recentemente.

La vigne si sviluppano ad Alvito e i vitigni sono quelli autorizzati dal disciplinare della D.O.C. (Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot) e da altre cultivar a bacca rossa come Cesanese e Shiraz. Recentemente l’azienda ha iniziato ha iniziato un percorso che guarda con occhio più attento al passato vitivinicolo del basso Lazio. Lo ha fatto dando spazio a uve come il Maturano ed il Cesanese.

Ed è proprio su questi che voglio dedicare la mia attenzione, dunque in alto i calici!

Maturano Extra Dry

Al caldo del focolare, con una bella porzione di fagioli cannellini di Atina iniziamo la nostra degustazione. E si parte col botto, si stappa una bolla di Maturano ed è subito gioia. Vinificato col metodo charmat con brevissima rifermentazione questo spumante è ottimo da bere come aperitivo: fresco, effervescente, immediato. Giallo paglierino, perlage sottilissimo, servito alla giusta temperatura può dare davvero tanta soddisfazione e si sposa benissimo con snack e formaggi freschi, ma anche con crudi e frutti di mare.

Trentaremi Maturano Lazio IGT

Maturano in purezza coltivato in collina a circa 500 metri s.l.m. su terreno argilloso calcareo; questa bottiglia rappresenta una scommessa vinta da parte dell’azienda, perché permette a Cominium di essere riconosciuta anche senza scomodare per forza il Cabernet. Affinato in barriques di rovere per circa 12 mesi Trentaremi si presenta al calice di un giallo che tende al dorato, raggiante e di buona consistenza.

Al naso irrompe subito la frutta matura: albicocche, susine gialle. Poi leggermente miele e frutta candita. Il sorso richiama le sensazioni olfattive, ma tiene bene in freschezza e sapidità, un prodotto fine e morbido ma anche di buon corpo, non adatto alla beva immediata ed istintiva. Va goduto ed apprezzato magari con formaggi anche di media stagionatura, carni bianche o un bel risotto.

Io però l’ho bevuto in un contesto lontano da una cena o un pranzo, si chiacchierava tra amici e c’era tanta pasticceria secca: tozzetti, ciambelline, cantucci…ebbene,  Trentaremi non ha sfigurato affatto! Bella sorpresa.

Caten’ Cesanese Lazio IGT

Ma se vogliamo parlare di sorprese parliamo di Caten’, un degno Cesanese in Val di Comino. Fa strano in effetti perché il Cesanese appartiene alla zona più a nord della Provincia di Frosinone e più in generale quella fetta di territorio che parte da Roma Sud a scendere.

Ma Caten’ si difende egregiamente, anzi ha personalità da vendere e mantiene fedelmente le caratteristiche anche a discapito di un territorio nettamente diverso. Vino che si caratterizza per morbidezza e corpo, al calice è rosso rubino, intenso. Intrigante la sua complessità olfattiva che richiama le visciole, more e lamponi; sorso pieno ed avvolgente, tannini lievi ma percettibili, un vino che non punta sull’irruenza ma sull’ eleganza e ci riesce piuttosto bene.

Da abbinare a carni alla griglia, alla brace ma io lo preferisco di più con quelle cucinate al forno, regge bene i formaggi stagionati o primi piatti con sughi sempre di carne.

Val di Comino, ritornerò, il Boss mi è testimone!

Ecco quindi che la visita ad una cantina conosciuta riesce a sorprendere più del dovuto, la chiacchierata con Maria e Angelo continua, abbiamo assaggiato anche i classici e mi permetto di consigliarvi anche La Casetta, il rosato di Cabernet, davvero notevole!

Non mi ci sono però soffermato perché è bello ricevere e dare sorprese, è bello leggere Cominium, Atina DOC e parlare quasi per niente di Cabernet. Intanto La Casetta me lo porto a casa, me lo gusto per bene e penserò alla prossima visita a Cominium…perché la Val di Comino fa questo effetto, ci vuoi tornare. E questa, fortunatamente, non è una sorpresa, ma una granitica  certezza!

Consiglio di assaggiare i vini di Cantina Cominium con “Tougher Than the Rest” del Boss Bruce Springsteen, colonna sonora in macchina mentre si torna a casa…ammirando la valle, naturalmente.

(Leggi qui tutte le recensioni di Marco Stanzione)

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