Sanità, via dal commissariamento: Zingaretti: “Fuori entro giugno”

Durante la seduta straordinaria del Consiglio Regionale del Lazio dedicata alla Sanità, il presidente Zingaretti annuncia: “Al massimo entro giugno, una decisione definitiva del governo sul commissariamento”

Sanità della Regione Lazio al vaglio dei consiglieri alla Pisana che oggi hanno affrontato in una seduta straordinaria la questione del commissariamento. e, più in generale, dei servizi sanitari.

Risanamento grazie ai soldi dello Stato

A rompere il ghiaccio è stato il capogruppo di Forza Italia Antonello Aurigemma . Abbiamo assistito – ha detto Aurigemma – più di un anno fa ad una bellissima conferenza stampa in cui si annunciava l’uscita dal Commissariamento entro dicembre del 2018. Proprio da questi banchi più volte abbiamo chiesto chiarimenti per capire come mai, per la prima volta nelle regioni che sono sotto commissariamento, si annunciava un’uscita con oltre otto mesi di anticipo, ma soprattutto a poche settimane dalla scadenza di un’importante campagna elettorale».

Poi l’affondo. “Oggi siamo a febbraio del 2019 e naturalmente l’impegno assunto per uscire entro dicembre 2018 non c’è stato”.

«il formale rispetto dei dati per il rientro dal deficit non è dovuto ad una politica sanitaria mirata, bensì ai trasferimenti ricevuti». In pratica: se i conti della Sanità del Lazio sono migliorati, per Forza Italia non è merito né di Zingaretti né delle sue strategie. Bensì è dovuto al fatto che lo Stato ha sbloccato grosse tranche di fondi bloccati proprio a causa del buco.

Aurigemma ha poi preso di mira le assunzioni nelle Asl. «Sono in gran parte di personale precario, non nuove immissioni». Ha sottolineato il problema delle liste di attesa, specialmente nelle Asl RM1 e RM2. Le cifre in possesso del capogruppo dicono che troppi vanno a farsi curare fuori regione (la cosiddetta ‘mobilità passiva’). E per questo ha chiesto di “affrontare questo tema in maniera definitiva”.

Simeone, manca un piano

Il presidente della Commissione sanità Giuseppe Simeone (Forza Italia) ha detto che nel Lazio “Manca un piano per la sanità“. Se anche sono state fatte cose positive, la percezione dei cittadini resta quella dei Pronto Soccorso sempre affollati e dei lunghissimi tempi d’attesa per una visita specialistica.

Simeone ha citato come esempi negativi le Case della Salute, i Punti di Primo Intervento chiusi, la mobilità passiva, le attrezzature ormai vecchie.

Energie senza un dato

Per il leader di Energie per l’Italia Stefano Parisi dalla relazione di Zingaretti manca un dato. È quello del disavanzo 2018. Parisi ha ricordato tra i motivi del risanamento l’utilizzo dell’addizionale Irpef, che però ora è destinata solo per il dieci per cento a questo scopo.

In pratica, i conti della Sanità del Lazio – sostiene Parisi – hanno imboccato la strada giusta solo grazie a quella quota che i cittadini del Lazio stanno pagando in più, ogni anno, sulla dichiarazione dei redditi. Si chiama Addizionale Regionale ed ha subito un aumento negli anni scorsi proprio per coprire quel cratere. Cosa c’è di sbagliato? Che una volta tolta l’Addizionale, si tornerà a scavare se non c’è nel frattempo un piano di riorganizzazione. “Se non cambia il modello, non appena usciti dal commissariamento la spesa rischia di riesplodere“.

Un riordino in realtà è stato disegnato. Sono stati presi i modelli che nel resto d0Italia hanno dimostrato di funzionare. Come quello di istituire una All Zero che razionalizza le spese di tutte le altre, sul modello del Veneto. Per Parisi va bene “solo se serve per razionalizzare la spesa“.

Troppi assenti per i Fratelli

Fratelli d’Italia rileva i larghi vuoti tra i banchi della maggioranza. Testimoniano, secondo Fabrizio Ghera il fallimento delle politiche sanitarie; la principale conseguenza è il fatto che si ricorra alle cure private, a suo avviso. I risultati conseguiti, se pure ci sono stati, “sono stati prodotti da tagli“.

I numeri della ‘catastrofe’ Sanità? Chiara Colosimo ha annunciato di non voler fare numeri, anche perché “sono tristemente noti“, a suo avviso;
questa regione rischia di essere discriminatoria, se curarsi “non è più per tutti” secondo la consigliera di Fratelli d’Italia.

Uno al posto di tre

Il Movimento 5 Stelle mette in discussione i concetti sui quali si è mosso il risanamento. Marco Cacciatore ha fatto l’esempio dell’ospedale dei Castelli, che “è stato aperto a costo della chiusura di altre tre strutture sanitarie. Gaia Pernarella ha sottolineato in particolare le carenze nei servizi sanitari della provincia di Latina, quella più meridionale del Lazio, concludendo che la situazione di quest’ultima è “da terzo mondo”, a suo avviso.

Sono proprio i numeri ad essere diversi. Quelli in mano al M5S dicono una cosa e quelli della Asl dicono altro. In particolare a Frosinone.

Il Gruppo ha chiesto di garantire nell’annualità 2019 il pareggio di bilancio. E allo stesso tempo però di garantire la completa operatività dei servizi. Numeri alla mano si chiede di superare il disavanzo 2017 (perdita di 45,665 milioni, i Piani Operativi della Regione prevedevano una chiusura in equilibrio). E di superare il disavanzo che si profila anche per il 2018.

Dall’ultima verifica non risultano Asl in utile, quindi è di fondamentale importanza la chiusura dei bilanci in pareggio, con particolare attenzione alla Asl di Frosinone per la sua esposizione contabile a rischio”. Qualcuno non ha i numeri giusti: quelli portati a Teleuniverso dal direttore amministrativo Brusca parlano di ben tre bilanci con i conti ormai in ordine e certificati.

Le case ed i numeri fantasma

Sempre nel M5S. Il consigliere Loreto Marcelli ha sostenuto che “le case della salute sono in molti casi degli edifici fantasma“; aggiungendo la chiusura dei punti di primo intervento, “il rischio è che il territorio resti privo di copertura sanitaria“, secondo il consigliere del Movimento 5 stelle. Per il suo collega Davide Barillari, gli impegni non sono stati rispettati; non si può “spendere la stessa cifra avendo molti operatori in meno“, ha detto Barillari, che ha notato come non si sia riusciti ad abbattere il debito nonostante il contributo statale di un miliardo e mezzo.

Il dito nella piaga lo mette la capogruppo Roberta Lombardi. Nel suo intervento contestato nel merito i dati stessi dal presidente Zingaretti, specie sul miglioramento dei punteggi dei Lea: sono i Livelli Essenziali di Assistenza che misurano la qualità del servizio sanitario. Si ridicono a “meno posti letto e anche mal gestiti”, a suo avviso.

 Insieme? Allora ascoltateci

Marta Bonafoni, della civica Zingaretti, fa notare che “sull’uscita dal commissariamento non è utile dividersi” perché è un interesse comune dei cittadini del Lazio quello che il Consiglio abbia la piena disponibilità di decidere sulla materia della sanità. Fornisce un dato sul quale riflettere: il tasso di mortalità è diminuito e questo rappresenta un evidente successo sul versante sanitario, per la consigliera della lista Zingaretti.

Le risponde Pasquale Ciacciarelli di Forza Italia. Stare insieme per l’uscita dal commissariamento? Questo comporta però “accogliere qualche proposta dell’opposizione“, specie in una situazione in cui la maggioranza in Consiglio non è netta. Ciacciarelli propone allora un tavolo di confronto per uscire dall’impasse dovuta alle appartenenze politiche.

Coglie al volo il consigliere Paolo Ciani del Centro solidale. Che raccomanda di evitare la propaganda e la demagogia su questi argomenti. Perché «oggi si parla dell’uscita dal commissariamento, non dello stato della sanità del Lazio, che è tema più complesso». 

La Lega vuole uscire

Un punto di partenza” deve essere l’uscita dal commissariamento anche per Daniele Giannini della Lega, che ha focalizzato l’attenzione su ciò che dovrà essere fatto dopo in campo sanitario nel Lazio. Le carenze gestionali sono l’elemento decisivo per il suo collega Angelo Tripodi, secondo cui si vanifica così anche l’impegno dei lavoratori.

Per Sergio Pirozzi, se il Lazio esce dal commissariamento i motivi sono solo due: uno è costituito dai tagli dei posti letto effettuati e l’altro è da individuare nei trasferimenti ottenuti dalla Regione in questi anni.

Massimiliano Maselli di Noi con l’Italia, ritiene che bisogna migliorare anzitutto la situazione dell’emergenza sanitaria, ma senza incentivi per attrarre il personale nei Pronto Soccorso ciò non è possibile. “La prima battaglia è comunque la semplificazione“, ha concluso Maselli.

Buschini e la nuova stagione

A tutti risponde, per l’aspetto politico, il capogruppo Pd Mauro Buschini Ha voluto ricordareto “il punto dal quale si è partiti sei anni fa“, che in troppi a suo avviso hanno dimenticato: miglioramento dei Lea e piano assunzionale sono ora invece sotto gli occhi di tutti. In pratica: se ci voltiamo a sei anni fa i numeri dicono che la qualità è migliore oggi di ieri, le assunzioni sono iniziate da qualche mese.

Con l’uscita dal commissariamento “si apre una nuova stagione“, ha concluso Buschini.

La replica dell’assessore

Il documento unitario di tutte le regioni italiane per un nuovo patto per la salute è stato ricordato nella replica dell’assessore Alessio D’Amato. Questo documento è finalizzato ad adeguare i finanziamenti nazionali al sistema sanitario e al contempo a chiudere la stagione dei commissariamenti. I parametri sono di quindici anni fa e necessitano quindi di essere rivisti, ha proseguito l’assessore.

I prossimi mesi di marzo e di giugno, con il consuntivo 2018, sono le ulteriori tappe per l’uscita dal commissariamento, per D’Amato. Ottemperare a entrambi i criteri fissati per l’uscita dal commissariamento, quello dei Lea e quello del disavanzo, sarà “motivo di soddisfazione per l’intera regione“, al di là delle appartenenze partitiche, secondo D’Amato.

La sfida è orientata al futuro, secondo l’assessore, che ha ricordato anche i casi di eccellenza della sanità laziale che fanno da contraltare alle criticità del sistema, che sono le sole ad essere messe in evidenza in modo talvolta un po’ “ingeneroso”, ad avviso di D’Amato, che però ha detto di aver notato un clima generale collaborativo.

Fuori entro giugno

Nicola Zingaretti si è giocato molto sull’uscita dal Commissariamento. Risanare un debito da 10 miliardi, mettere la briglia ai conti fuori controllo, significa dimostrare sul campo le proprie qualità di amministratore. Nei mesi scorsi era stato prospettato il ritorno del Lazio alla gestione ordinaria entro il 2019: Zingaretti ha tentato di anticipare la data al 321 dicembre 2018. Non centrando il bersaglio per poco.

Nel frattempo il Governo nazionale è cambiato. Zingaretti sente puzza di bruciato. “Siamo alla vigilia, e mi batterò per questo un riacquisto pieno dell’autonomia della nostra regione nella gestione della propria sanità, chiudendo una situazione che ci porta ancora oggi, ogni tre mesi, a vedere vincolate le scelte del presidente e commissario alle opinioni dei ministeri affiancanti. Credo che tornare a dare piena autonomia al Consiglio e alla Giunta debba essere un obiettivo strategico di tutti noi”.

Così entrammo nel tunnel

Nel corso del suo intervento, Zingaretti ha ricordato come si è finiti nel buco del Commissariamento. Colpa di bilanci che per anni viaggiavano su binari diversi: quello della Sanità per conto suo, quello della Regione non veniva zavorrato dai debiti di Asl e ospedali. Poi la ricreazione è finita ed i conti sono stati messi insieme. Risultato: dieci miliardi di cratere nascosto sotto al tappeto.

“Due parametri – ha ricordato il presidente della Regione – hanno portato al commissariamento: un disavanzo di due miliardi di euro nel 2006, pari al 20% dell’intero fondo sanitario regionale e al 50% del disavanzo di tutte le regioni. Insieme a questo enorme e drammatico disavanzo, purtroppo, la nostra regione vantava uno dei punteggi relativi ai livelli essenziali di assistenza tra i più bassi d’Italia, perché era di gran lunga inferiore al punteggio minimo di adempienza”. Spese troppo alte, qualità dell’assistenza troppo bassa.

Nel 2009 – ha ricordato Nicola Zingaretti – il Lazio era a 114 punti, cioè 44 punti sotto la soglia di adempienza, fissata dallo Stato in 160 punti. “Inoltre, lasciatemi aggiungere, il tasso di mortalità era di gran lunga superiore al valore medio nazionale del tasso di mortalità”.

Così ne siamo usciti

Zingaretti ha ripercorso le tappe che hanno portato al progressivo rientro dal disavanzo. Il colpo di acceleratore c’è stato dal 2014: dai 669 milioni di euro di disavanzo del 2013 si è arrivati ai 45,6 milioni del 2017, significa che finalmente si era riusciti a mettere la briglia.

Parallelamente – ha proseguito Zingaretti -, sono migliorati i livelli essenziali delle prestazioni. L’ultima rilevazione è di 180 punti, ben oltre la soglia di sufficienza riconosciuta dal governo. Inoltre, c’è stato un progressivo abbassamento del tasso di mortalità, oggi in linea con il dato nazionale”.

Oggi, sostiene Zingaretti, sono dunque superati i motivi che giustificarono e portarono alla scelta commissariale. Ma il Governatore ha parlato di “un buco legislativo della Repubblica, che prevede le forme e i motivi per cui una regione entra in una stagione commissariale, ma non chiarisce le forme e i percorsi attraverso i quali le regioni, nelle loro autonomie, poi escono da questa stagione commissariale”.

Sanità di qualità

Il governatore ha ricordato l’aumento anche del numero dei trapianti, l’abbandono e il superamento del blocco del turn over, che ha permesso la riapertura della stagione dei concorsi che porterà a 8500 nuove unità di personale tra assunzioni e stabilizzazioni nel periodo 2019-2024.

Quindi, Zingaretti ha confermato l’idea di convocare gli Stati generali della sanità, “che dovranno partecipare a un confronto al quale invitare  sicuramente le forze rappresentate in Consiglio, ma anche tutti i professionisti, gli operatori del sistema sanitario regionale, la scienza, l’industria farmaceutica (e non solo l’industria farmaceutica) per ragionare insieme su come questa regione, che è la sede dei policlinici universitari, può far coincidere l’uscita dalla stagione commissariale con l’inizio della definizione di un modello di sistema”.