Conte con Gualtieri, da Michetti segnali alla Raggi

È un finale di campagna elettorale per cuori forti nella Capitale. Giovanni Floris accende la miccia, facendo capire che l’ex sindaca potrebbe sostenere il candidato del centrodestra. Mentre l’ex premier annuncia il suo voto all’esponente del Pd. Ma a titolo personale. Giorgia Meloni intanto sa di non poter perdere nella corsa al Campidoglio

A Roma si sta giocando una partita politica enorme al ballottaggio, in grado di condizionare le scelte successive dei partiti. Forse perfino nell’indicazione del nuovo presidente della Repubblica. Ieri sera Giovanni Floris, nella puntata di DiMartedì, ha chiesto a bruciapelo al leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte: “Perché Virginia Raggi sostiene Enrico Michetti?”.

L’ex premier ha provato a salvarsi in calcio d’angolo, dicendo che lui a Roma, da cittadino, voterà per Roberto Gualtieri, perché non si riconosce nelle posizioni di Michetti e soprattutto del centrodestra. Affrettandosi ad aggiungere che però quella era la sua posizione personale. Conte però è il capo di un Partito.

Giuseppe Conte

Ma la domanda di Floris sul sostanziale sostegno della Raggi non nasce per caso. Chi sa leggere i segnali della politica, perfino quelli subliminali, sa che nelle ultime ore Michetti ha voluto lanciare più di qualche messaggio. Per esempio su Expò.

Virginia Raggi ufficialmente si è limitata a dire che lei sarà all’opposizione in ogni caso, ma evidentemente le diplomazie degli schieramenti sono al lavoro.

In politica tutto è possibile

Ma può il pupillo politico del leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni avere l’appoggio dell’ex punta di diamante di quei Cinque Stelle che i FdI hanno costantemente “bombardato”? Certamente sì nella politica italiana. Giorgia Meloni sa che se non si vince a Roma, non è possibile pensare di poter governare il Paese. E’ sempre stati così.

Gualtieri e Michetti

Per questo motivo ha ribaltato il fronte di contrapposizione con il Pd, dicendo che i “poteri forti” non saranno mai dalla parte della destra. Lo ha fatto sul palco con Matteo Salvini (Lega) e con Antonio Tajani (Forza Italia), mettendo insieme tutto. Ma non condannando il fascismo come invece fece Gianfranco Fini tantissimi anni fa.

Sull’altro versante il centrosinistra ha stretto un accordo con Carlo Calenda, anche se con il leader di Azione erano volati gli stracci. Ma per Roma si fa tutto. Mancano ormai pochi giorni all’ora della verità. Dopo probabilmente si tornerà ad una dialettica politica più parlamentare e meno stradaiola da entrambe le parti. Ma intanto una cosa queste elezioni l’hanno già determinata: il ritorno al bipolarismo.

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