Il giorno del giudizio al Tar: oggi le elezioni, poi le casette di Natale

Domenico Malatesta

Conte della Selvotta

Domenico Malatesta

 

di Domenico Malatesta
Conte della Selvotta

 

Il giorno del giudizio è arrivato. Ore 11 di giovedi 17 novembre 2016, aula del tribunale amministrativo regionale (Tar) di Latina. In calendario il ricorso elettorale di Petrarcone ed altri. Per la Chiesa ricorre Santa Elisabetta d’Ungheria, principessa del Medioevo e consolatrice degli afflitti. Per il serafico Carlo Maria D’Alessandro, primo cittadino di Cassino in virtù della strategica ammucchiata di voti generata dal commander in chief Mario Abbruzzese, è il giorno della riflessione dopo il ciclone Sebastianelli.

Per Giuseppe Golini Petrarcone è il giorno più lungo. Sta sulle spine da quando è stato estromesso, per 249 voti, dalla stanza tricolore dove troneggia un pensieroso San Benedetto in un dipinto della scuola napoletana del XVII secolo donato al Comune dall’abate di Montecassino don Bernardo D’Onorio. D’Alessandro è andato più volte a Montecassino a pregare davanti la statua del santo patrono d’Europa e della città martire. E per essere più convincente nelle sue orazioni, si è sobbarcato anche il viaggio fino a Norcia, alle origini del monaco. Ora tutti e due attendono su opposte rive il passaggio del cadavere. Sulle spine anche Sarah Grieco e Claudio Trotta per una disputa interna. Il Tar deve dire se nei seggi hanno sbagliato a fare le addizioni o no. Nel primo caso, Trotta entra in consiglio comunale al posto di Grieco. Se i conti quadrano, resta tutto com’è.

Alla vigilia, il commander Abbruzzese effettua un tour d’ispezione nel palazzo municipale dopo l’uragano Sebastianelli (per frenare le matricole a rischio). Ancora una volta (leggi qui il precedente) l’ansia è tale che scambia il bicentenario cronista de Il Messaggero Domenico Tortolano per Tiresia, l’indovino della mitologia greca, figlio di Evereo degli Sparti. Come la settimana scorsa lo interpella chiedendo: «Secondo te che farà il Tar?» Tortolano, sarà pure antico, ma non è rimbambito. E di fronte allo stesso quesito posto a distanza di pochi giorni, comincia ad avere qualche sospetto. Pensa che in realtà sia Mario Abbruzzese la persona che lo sbertuccia ogni settimana nascondendosi sotto il nome di Domenico Malatesta, Conte della Selvotta. A dirla tutta, Carlo Maria D’Alessandro pensa che il Conte sia Domenico Tortolano. E Massimiliano Mignanelli è convinto che il conte invece sia proprio il sindaco D’Alessandro.

Tortolano, terrorizzato dall’idea di dover apparire ancora una volta su queste pagine, si chiude a riccio. E memore degli anni trascorsi ad insegnare l’idioma della perfida Albione a centinaia di studenti svogliati, risponde nella maniera che più british non si può.  “No comment”.

Mario Abbruzzese traduce quella frase. Ai giovani che lo circondano dice: «State tranquilli, succederà nulla». Ma loro non si rasserenano. Colpa dell’ex adorato delfino Nikita Dragonetti da Caira che ha messo in giro la falsità secondo cui Mario dice le bugie. Giovanotti e giovinotte rimangono in preda al panico. Tremano nel timore di perdere lo scranno dell’aula appena miracolosamente conquistato. Sono ancora scossi dalla pesante rampogna (era indirizzata anche a loro) del ribelle Peppe Savonarola Sebastianelli. In aula, durante il Consiglio, l’altra sera aveva tuonato: «Pentitevi, uomini di perdizione amministrativa ravvedetevi. Ricordatevi che il giorno del giudizio del tar si avvicina». (leggi qui).

Anche Massimiliano Mignanelli è interessato all’esito del Tar. Perché da primo eletto dei 24 consiglieri in aula (oltre 600 voti) non ha potuto ancora acquisire una leadership. E’ sul banco scomodo della minoranza insieme al suo ex candidato sindaco Francesco Mosillo. Ed entrambi sperano nel “rivoto” per ribaltare la situazione.

Nel frattempo, appare il serafico Carlo Maria. Vedendo Tortolano e convinto di parlare con il Conte gli dice: «Attendo sereno il verdetto. E poi io ho vinto». Peppino Petrarcone, che ancora fatica a padroneggiare lo smartphone e non ha ben chiara questa faccenda che ci sia un nobile che non sia lui stesso, n giro per il municipio, nel dubbio dice: «Io sono sereno ed anche fiducioso».

Uno è sereno, l’altro è fiducioso ma intanto a due passi da loro sta per esplodere un problema non da poco. L’altro giorno è arrivato dalla Lapponia tale Natale Babbo: conoscendo Cassino è andato a controllare che fosse tutto a posto con le casette da allestire in piazza Labriola alle spalle del municipio. E nelle quali distribuire regali, ma anche panini, torrone e qualche birra. Non stava apposto un bel niente. Così è salito in municipio, intenzionato a piantare una grana di quelle che non si vedeva dai tempi di Bruno Scittarelli. Ma ha trovato la fila. Prima di lui, a sbraitare con il funzionario ci ha trovato un tale che organizza concerti. Uno che porta a Cassino tanta gente che non la vedi manco al Festivalbar. Sbatteva una carta sul tavolo e diceva: «Io ho vinto un bando!». Dall’altra parte, a gestire la questione, c’era un tizio che o è un appassionato audiofilo oppure ha un evidente problema di udito. Perché gli domandava: «Ma lei è Stereo o no? Perché se è Stereo allora va bene, altrimenti a quest’orecchio non ci sento…».

Se fosse scemo o volesse fargli capire qualcosa lo sa solo lui. Sta di fatto che il tizio e Natale Babbo hanno deciso di prendere la strada del tar pure loro. Presenteranno ricorso per l’affidamento delle casette di Natale.

Se continua così, una sezione distaccata del Tribunale Amministrativo Regionale, converrà che la mettano a Cassino.

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