Quello che fai ti si ritorce prima o poi, anche ad Anagni (di F. Ducato)

Chi la fa prima o poi se l'aspetti. O, se preferite, la legge del Contrappasso. Come è accaduto in queste ore ad Anagni. Si va verso la rottura definitiva

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Contrappasso (o contrapasso) s. m. [dal lat. mediev. contrapassum, comp. di contra «contro» e pati «soffrire», part. pass. passus]. – Corrispondenza della pena alla colpa, consistente nell’infliggere all’offensore la stessa lesione da lui provocata all’offeso, e più comunem. detta pena o legge del taglione (v. taglione1).

Nella Divina Commedia, il rapporto per cui la pena alla quale sono sottoposti i peccatori nell’oltretomba riproduce – in estensione o in contrasto – i caratteri essenziali della colpa, o alcuni di essi: Perch’io parti’ così giunte persone, Partito porto il mio cerebro, lasso!, Dal suo principio ch’è in questo troncone. Così s’osserva in me lo contrapasso (Dante, Inf. XXVIII, 139-142)”.

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Così la Treccani indica il contrappasso: lo schema per cui si viene puniti con una pena che possa ricordare il peccato commesso. O, per estensione, l’idea che prima o poi quello che fai ti si ritorce contro.

Quello che sta capitando ad Anagni in queste ore è un caso perfetto, da manuale, di contrappasso. Che riguarda alcuni uomini del gruppo Progetto Anagni. Proprio mentre è ufficiale l’uscita dalla maggioranza del Partito Democratico (leggi qui Anagni, ipotesi dimissioni in massa: contattato già il notaio), quasi una pietra tombale sulla maggioranza anagnina del sindaco Fausto Bassetta, sembra si stiano moltiplicando le telefonate ed i contatti che il gruppo che fa capo, tra gli altri, a Giuseppe Felli, candidato alle regionali per la Lista Zingaretti, sta facendo a tutti gli esponenti dell’opposizione.

Telefonate che sembra siano arrivate un po’ a tutti. Ma soprattutto agli esponenti ritenuti in qualche modo più “morbidi” o “trattabili”: quelli che insomma, lavorandoci un po’, potrebbero fare marcia indietro e bloccare la strada che porta alla fine del governo Bassetta.

Una cosa che si può capire, in fondo; la fine (politica) del Colonnello provocherebbe, tra le altre cose, il blocco di tutta una serie di progetti già praticamente cantierati. Cosa che sarebbe un danno per la città; ma anche per le campagne elettorali prossime venture di chi potrebbe prender spunto da quei lavori per successi politici futuri.

Di qui i toni concitati che più di qualcuno ha usato contro i consiglieri che, ad oggi, hanno firmato la mozione di sfiducia contro il sindaco. Pare che siano volate parole grosse: “traditori” sarebbe stato il termine più morbido.

Comprensibile, visto che in queste ore si assiste alla fine di una legislatura. Forse di un’era, comunque di un progetto politico. Che, in questa forma, potrebbe non riproporsi più.

Colpisce però che a pronunciare parole con toni così veementi contro chi sta staccando la spina, stando a quanto si ascolta, siano coloro che all’epoca della fine della giunta Noto, nel dicembre 2013, vennero tacciati di tradimento, se non peggio. Già; quando alcuni consiglieri dell’allora maggioranza passarono in opposizione, segnando la fine del governo Noto, le dimissioni, l’arrivo del commissario e poi le elezioni, su quei tre si scatenò una vera e propria aggressione. Manifesti, accuse , calunnie delegittimazioni. Tanto che i tre furono costretti in più circostanze a difendersi, per rivendicare la legittimità del loro operato.

Ecco. Sorprende che adeso, dall’altra parte della barricata, proprio alcuni di quelli che erano stati a suo tempo ingiustamente (ripetiamo, ingiustamente) attaccati, ora cerchino di cambiare le sorti di una partita politica ricorrendo a mezzi simili.

Oscar Wilde diceva che “La coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive d’immaginazione”.

Ma qui d’immaginazione ce n’è fin troppa.