Corden Pharma, il sindacato: «Così noi non ci stiamo»

Si riaccende la vertenza Corden Pharma. Il sindacato Filctem Cgil denuncia i mesi di silenzio dopo l'insolito annuncio fatto dal prefetto. I sospetti di Chiarlitti. «Se è un piano pensato solo per sollevare dalle responsabilità la proprietà tedesca noi non ci stiamo»

Nessuna convocazione, nessuna comunicazione. È per questo che non ci credono e che i loro dubbi sono aumentati. I sindacalisti della Filctem Cgil hanno aspettato due mesi in silenzio. Ora si preparano a dissotterrare l’ascia di guerra e ripartire con la vertenza Corden Pharma. Lo stabilimento chimico farmaceutico di Sermoneta specializzato nel confezionamento dei medicinali.

«Quasi due mesi e nessuna nuova o buona notizia. La cosa non ci piace. Perché aveva creato grandi attese l’annuncio fatto, seppure in maniera irrituale, dal prefetto di Latina lo scorso 21 aprile. A sorpresa, quel giorno ci comunicava che la più grande è storica fabbrica della provincia di Latina stava per essere venduta ad una non meglio precisata società, con un non meglio precisato progetto, con un non meglio precisato investimento. Dunque ad oggi non siamo in grado di capire se il sipario sia calato o debba restare alzato». Sandro Chiarlitti è il Segretario della Filctem, il settore Chimici della Cgil per tutto il Sud del Lazio E non è un sindacalista di primo pelo.

Tutto fermo da due mesi

Chiarlitti con i lavoratori durante una manifestazione davanti alla Corden Pharma

Quel 21 aprile i sindacati ed i lavoratori erano in assemblea. Stavano analizzando la situazione in presenza dell’assessore regionale alle Politiche del Lavoro Claudio Di Berardino e di un funzionario del Ministero dello Sviluppo Economico specializzato nelle crisi industriali. All’insaputa di tutti intervenne il prefetto di Latina annunciando la soluzione della vertenza.

Spiegò che era in corso l’acquisizione di quel ramo d’azienda, in crisi ormai da 4 anni. Bene. Chi è il cavaliere bianco che compra tutto? «Manteniamo ancora la massima riservatezza sul nome di chi vuole acquisire». E come mai? «Ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere, però il piano industriale è pronto». Quindi si torna a produrre farmaci per conto delle grandi aziende di Big Pharma? Non solo, si cambia. E cosa si farà? «Un polo di ricerca per biotecnologie, biofarmaceutica e nanotecnologie, portando a Latina scienziati di fama internazionale tra cui il pontino Ennio Tasciotti». Ma chi è questa gente? Genericamente «alcuni investitori» rappresentati nell’occasione dall’Ingegner Stefano Di Rosa, direttore del Parco scientifico e tecnologico pontino. Più nel dettaglio? Una cordata di manager provenienti dal mondo farmaceutico, appoggiati da un finanziatore e da una banca d’affari

Assessore e funzionario se ne sono andati perplessi: qualcuno avrebbe quantomeno potuto avvisarli che l’oggetto dell’incontro era la soluzione della crisi e non più la ricerca di una soluzione. Altrettanto perplessi i sindacati. Che davanti alla parola del prefetto hanno sotterrato l’ascia della vertenza.

Vedere e toccare con mano

Segretario Chiarlitti, anche voi andaste via perplessi?

«Non fummo i soli. Anche le istituzioni ebbero da ridire sulla inusualità di un annuncio così azzardato».

Lei manifestò subito i suoi dubbi…

«I dubbi sollevati dalla Cgil sul soggetto attuatore, sulla robustezza di un piano industriale, sulla uscita dalla procedura concorsuale, rimangono tutti aperti . Ad oggi abbiamo ricevuto nessuna risposta».

Per voi il piano è credibile?

«Non possiamo dirlo perché non siamo a conoscenza di piani. Ci siamo fidati delle parole dette dal prefetto. E ci siamo fidati dei contatti che l’ingegner De Rosa sta avendo con banche, istituzioni, ministeri affinché si possa definire un piano industriale credibile. Ma la fiducia fino ad oggi non è stata confortata da alcunché».

Cosa non vi convince sul caso Corden Pharma di Sermoneta?

«Appare abbastanza folkloristico che una realtà dalla quale si producevano perdite per milioni di euro ogni un anno possa riuscire a triplicare il fatturato in pochi anni come ci è stato garantito. La perplessità in questi casi è un dovere. Altrimenti rischieremmo di peccare d’ingenuità».

Foto © Saverio De Giglio / Imagoeconomica
Questo è il dubbio sul piano economico. È evidente che ce ne sia anche uno sul profilo industriale…

«Si è parlato di fantomatici biofarmaci e di nuove molecole. Il Sindacato sa benissimo che le Big Pharma impiegano anni per arrivare alla definizione di un farmaco nuovo. Il solo iter di sperimentazione richiede anni, una volta ottenuto il via libera alla commercializzazione occorrono altri due o tre anni».

Avete compiuto le vostre verifiche tra le Big del settore e non vi risulta che qualcuna sia in campo per l’operazione di Sermoneta: questo ha aumentato le vostre perplessità.

«Purtroppo la storia ci ha insegnato che senza un pedigree del settore, difficilmente il progetto bello su carta sarà realizzabile. Noi vogliamo sapere quali farmaci si intendono produrre, quali contratti sono già stati stipulati al punto da rendere credibile l’acquisizione di uno stabilimento; quali soldi vengono utilizzati e sopratutto di chi. Non possiamo rischiare di chiedere soldi allo Stato senza avere tutte le garanzie occupazionali ed industriali».

Se continuerà l’attuale fase di silenzio?

«Senza questi elementi, difficilmente sosterremo una iniziativa che salverebbe dalle responsabilità l’attuale proprietà tedesca, con la complicità dello Stato italiano. Ma lascerebbe sulla strada decine e decine di lavoratori e senza pane le loro famiglie. Noi non saremo complici».

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright