«Il Covid-19 era in Ciociaria già a dicembre»: i medici di famiglia ne sono certi

Foto © Sara Minelli / Imagoeconomica

Il coronavirus circolava in provincia di Frosinone già a dicembre. ma nessuno sapeva cosa fosse. Il racconto della segretaria provinciale del Fimmg e i sintomi di Covid-19 quando il virus ancora non aveva un nome. E la medicina territoriale ancora non aveva un ruolo nella lotta per fermarlo

Resisteva agli antibiotici e circolava da molto prima che avesse un nome. Covid 19 era ‘pioniere’ in Ciociaria a fine dicembre e colono già ad inizio gennaio. Ed i medici di base della provincia di Frosinone lo avevano intuito. Del virus si sapeva pochissimo e solo per le news che ridondavano da oriente. Ma quelle tossi stizzose, quelle polmoniti strane e devastanti parlavano già la lingua del contagio.

Le prime tracce a dicembre

Caterina Pizzutelli, presidente della federazione Medici di famiglia Fimmg © Giornalisti Indipendenti

E in prima linea, a combattere già ciò che un nome non aveva ancora, c’erano loro, i medici di base del Frusinate. Medici come Caterina Pizzutelli, che in una intervista a Ciociaria Oggi ha confermato quanto aveva annunciato nei giorni scorsi durante la trasmissione A Porte Aperte su Teleuniverso. Ha raccontato com’è andata quando tutto sembrava solo ‘strano’ ma già meritava attenzione assoluta. Un’attenzione che non è venuta meno, mai.

La dottoressa Pizzutelli è Segretario provinciale della Fimmg, la sigla che raggruppa la più parte dei medici di base. E dalla sua ha una visione collegiale e sistemica, oltre che sul campo, della questione.

A Paolo Romano ha detto che già da fine gennaio si era creato stupore per queste patologie note ma con intensità e decorsi atipici, che lasciavano intuire come si avesse a che fare con qualcosa di nuovo e di più aggressivo.

«C’erano forme resistenti agli antibiotici. Abbiamo prescritto molte radiografie toraciche dalle quali risultava una diffusa interstiziopatia. Non si sapeva ancora del Covid».

Quelle strane tossi che duravano un mese

Provette con Coronavirus © Marco Cremonesi / Imagoeconomica

All’inizio i medici di famiglia pensano che si tratti di normali influenze. ma i pazienti hanno fatto il vaccino. Com’è possibile. Ipotizzano allora un flop del vaccino messo a punto per questa stagione.

«Sulle prime abbiamo pensato addirittura che il vaccino antinfluenzale non avesse funzionato. Ce lo siamo detti spesso tra colleghi, confrontandoci. Abbiamo visto tosse persistente, anche per un mese. Il virus girava già nelle settimane precedenti. Ho avuto sette o otto pazienti con una forma che non riuscivo a decifrare. La media è stata di 4-5 pazienti per medico».

A quel punto, con le avvisaglie di Covid che facevano capolino nel Nord Italia, è scattato il protocollo terapeutico, con i pazienti seguiti a domicilio.

«Abbiamo utilizzato il saturimetro per valutare la qualità dello scambio gassoso a livello polmonare. Ho procurato io questi apparecchi ai miei malati. Sono convinta che molti di loro abbiamo avuto il Covid-19, anche se nessuno di questi è stato sottoposto al tampone ad eccezione di due pazienti, risultati positivi».

Ci hanno coinvolti tardi

Infermiere con mascherina Foto © Imagoeconomica / Marco Cremonesi

Misure decise ma non decisive insomma, anche perché – e la dottoressa Pizzutelli non ne ha fatto mistero – il coinvolgimento iniziale dei medici di base è stato tardivo.

Per settimane si è pensato che il virus non fosse già in circolazione, non si fosse diffuso. Che si trattasse solo di un fenomeno legato alla comunità cinese. Non era così

«Avremmo dovuto essere coinvolti di più e prima. Ora si parla di unità territoriali, come noi sostenevamo sin da febbraio, per tenere sotto stretto controllo le persone positive. Ma ci servono i mezzi, a cominciare dalle auto per recarci a casa dei pazienti».

Ma la categoria a cui appartiene la dottoressa Pizzutelli è duttile, la più duttile d’Europa, ed ha fatto fronte all’emergenza puntando proprio su questa peculiarità.

«Sappiamo adeguarci rapidamente alle necessità. In due giorni i medici di medicina generale sono stati capaci di adeguarsi perfettamente alla novità della ricetta dematerializzata, lo hanno fatto grazie all’organizzazione che hanno e che può offrire una grandissimo contributo anche alla lotta al nuovo coronavirus. Chiediamo solo di essere coinvolti di più e meglio, come adesso si sta cominciando a fare».

Ruolo cruciale

I medici di famiglia

E adesso che anche i medici di base sono in trincea con il riconoscimento incondizionato del loro ruolo cruciale, le urgenze sono tutte da centellinare.

«Fare ricerca sierologica degli anticorpi per stabilire chi può ripartire con la normale attività. Ma gli esami di questo tipo non sono ancora validati. Noi abbiamo fatto un test sierologico a venti medici di famiglia e venti pazienti ormai usciti da Covid: tutti negativi i medici testati, mentre i pazienti avevano le Igg alte».

Ma la ‘sorpresa’ è in agguato: i tamponi ai medici di base non si fanno o si fanno solo in caso di sintomatologia in acuzie.

«Sarebbe comunque stato opportuno fare il tampone a questi medici di base. Questo è assurdo, si può essere portatori del virus. D’altronde capisco che è un momento di difficoltà per tutti, non sappiamo bene nemmeno quanto deve durare la quarantena.

Poi la chiosa, a metà fra l’amarezza per certe miopie e la riconoscenza per altre lungimiranze.

«Noi siamo impegnati al massimo e facciamo il possibile. La Fimmg ci ha inviato ieri un bancale di disinfettante; ne abbiamo distribuite due confezioni a ciascun medico di base e anche ai colleghi della guardia medica. Inoltre abbiamo avuto le mascherine dall’Ordine dei medici di Frosinone, che ringrazio».

Come a dire, se è una guerra, allora armate i soldati di prima linea come si deve.