«Siamo connessi, nel bene e nel male: riscopriamoci anche nella distanza»

Il vescovo di Frosinone ci ricorda che siamo tutti connessi: come nel bene così nel male. E consiglia: "Riscoprirsi anche in questa nuova dimensione che nasce dalla distanza cui siamo obbligati". Telefoniamo per non far sentire soli gli altri. Le letture per capire...

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

«Siamo connessi, nel bene e nel male». È il messaggio, fortissimo, di monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo della Diocesi di Frosinone, Veroli, Ferentino. Un messaggio di fede religiosa ma anche di attualità laica, un messaggio che tiene insieme le competenza della medicina e la solidarietà di “amare il prossimo tuo”. 

Eccellenza, è l’ora più buia? Quale messaggio si sente di mandare ad una popolazione che soffre? 

«Direi che è il momento di stringerci l’uno all’altro in quel legame di solidarietà e di amore, che diventa speranza per andare avanti assieme, soprattutto stando vicino a chi è più solo, come gli anziani a casa o negli istituti, o le persone in difficoltà. So che molti lo stanno facendo, e vi ringrazio. “Non abbiate paura”: mi permetto di ripetere con le parole che troviamo spesso nella Bibbia sulla bocca di Dio e di Gesù. Certo la paura c’è ed è comprensibile: tutti ne abbiamo, anche il vescovo. Ma non possiamo rassegnarci, soprattutto non dobbiamo scaricarla sugli altri, arrabbiandoci o lamentandoci. Non servirà a nulla. Oggi serve vicinanza, pur nella distanza fisica». 

Coma valuta le disposizioni adottate dal Governo? 
Ambrogio Spreafico

«Davanti all’emergenza credo che il Governo stia facendo tutto ciò che è possibile, anche con l’apporto costruttivo dell’opposizione. Oggi abbiamo bisogno di unità di intenti e di ricerca di soluzioni condivise che da una parte ci proteggano dall’estendersi del contagio (quindi giuste le restrizioni, che vanno rigorosamente rispettate da tutti), dall’altra ci permettano di superare questo momento di particolare emergenza». 

Non pensa che il taglio di risorse alla sanità di questi ultimi dieci anni sia stato un errore? 

«Non mi sembra il momento di mettersi a giudicare i tagli alla sanità in questo momento. Il problema, oggi, è capire come affrontare insieme una situazione di grande emergenza, che mette alla prova perfino le eccellenze italiane. Vorrei ricordare che in Italia, almeno, tutti, senza distinzione, hanno diritto a cure gratuite; non è così, ad esempio, nella grande democrazia degli Usa, dove per analisi e ricoveri ci vuole la carta di credito. Pensate cosa faranno i poveri! Certo, forse questa situazione dovrà farci ripensare la struttura del nostro sistema sanitario. Assicuro le mie preghiere ai medici, al personale sanitario, alle forze dell’ordine e a quanti, nel loro lavoro o nel volontariato, si stanno spendendo con coraggio per guarire e proteggere la popolazione». 

Da questa tragedia si può riscoprire il senso di solidarietà e di comunità? 

«Ne sono persuaso. Nella distanza imposta riscopriamo che ci mancano gli altri, ci mancano le relazioni, la stretta di mano, un abbraccio affettuoso. Non possiamo vivere senza gli altri, siamo fatti gli uni per gli altri. Soprattutto oggi ci accorgiamo di più come il destino di ognuno è legato a quello degli altri. Un virus venuto da lontano è arrivato a noi e ha invaso il mondo. Siamo connessi nel bene e nel male. Per questo è illusorio quando un paese, un continente, un territorio, un individuo pensa di farcela da solo, e costruisce difese, muri, che non lo salveranno. Tutto è connesso!

Ambrogio Spreafico

Oggi ci mancano le persone con cui passiamo le nostre giornate (penso ai bimbi, ai ragazzi e ai giovani che non vanno a scuola o all’università, al catechismo, presso le nostre associazioni). Allora, quando li avrete di nuovo, siate amici, siate solidali, non nemici, non prepotenti, non distanti. La solitudine non è la normalità della vita degli esseri umani. Chiedete agli anziani soli o in istituto, a volte abbandonati persino dai parenti, se è bello star soli. Senza relazione e amicizia si muore prima, come dimostrano anche statistiche.

Vi invito, perciò, a fare telefonate ad altri: la vostra voce aiuti a resistere alla paura, perché è segno di interesse e di amore. Mandate anche messaggi sui social, oppure scrivete lettere agli anziani chiusi nelle loro stanze». 

La fede e la preghiera sono un sostegno? 

«Senza alcun dubbio. Oggi ci accorgiamo della mancanza della Santa Messa domenicale, cuore della nostra vita di fede e della settimana, là dove ritroviamo l’unità del nostro popolo attorno a Gesù, alla sua Parola e all’Eucaristia. Quante volte non abbiamo apprezzato questo dono! Oggi forse ne capiamo la bellezza, la forza, l’importanza. Anche se non potremo pregare nelle nostre comunità, facciamolo personalmente e in famiglia.

Ascoltiamo qualche passo del Vangelo, preghiamo con i Salmi. Vi suggerisco, come già ho scritto ai nostri fedeli, questi salmi: 71 (70), 86 (85), 121 (120), 142. Vi aiuteranno. E poi recitiamo il rosario, perché la Vergine Maria ci protegga. Preghiamo anche i nostri santi patroni, che ci vengano in soccorso.

Leggiamo il brano della traversata di Gesù coi discepoli del lago di Galilea, quando all’improvviso una tempesta sta per travolgere la barca (Marco 4,35-41). Quella barca è oggi il nostro mondo, il nostro Paese. Gesù dorme. Ma come? Non si interessa di noi? Lo svegliano i discepoli, i suoi amici. “Maestro non t’importa che periamo?”. Gesù placò il vento e il mare e tutto si calmò. Poi disse: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” Gesù sa che abbiamo paura, ma ci vuole aiutare. Sì, nella preghiera noi possiamo svegliare Gesù e lui ci ascolterà, placherà questo flagello, ci sosterrà, metterà pace nella paura. Forse anche noi cristiani in questo momento ne sentiamo il bisogno.

La fede vive nella preghiera e vince la paura. Celebrerò domenica a porte chiuse la Messa in Cattedrale, che sarà disponibile dalle 9 di mattina sul sito della diocesi. Ascoltatela e insieme ci rivolgeremo al Signore perché ci aiuti». 

Covid-19, il flash mob Foto © Sara Minelli / Imagoeconomica
Si sente di sottoscrivere l’appello “io resto a casa”? 

«Certamente, sperando non rimanga un appello, come a volte avviene. Attuiamolo perché possa limitare il contagio. Ma ripeto, non dimentichiamo chi, a casa, manca del necessario per vivere». 

Cosa sta facendo e farà la Diocesi di Frosinone per fronteggiare questa emergenza? 

«Non abbiamo interrotto i nostri servizi agli ultimi e ai deboli, sebbene siano svolti con modalità diverse, nel rispetto delle ordinanze. Continuiamo infatti a distribuire cibo alle famiglie bisognose, ai poveri, ai profughi che accogliamo. Acquisteremo ulteriormente generi alimentari per sostenere i bisognosi.

Il programma “Viva gli anziani”, portato avanti da Diaconia e mutuato dalla Comunità di Sant’Egidio, ha offerto la disponibilità al comune di Frosinone e alla Asl di monitorare la salute degli anziani over 80 del centro storico e di offrire loro servizi di prossimità gratuiti, con la consegna a domicilio di alimenti o medicinali.

Insomma, la solidarietà sarà la nostra forza e ci darà speranza che per superare questo difficile momento insieme. Saluto tutti con affetto. Siate amici, pregate soprattutto per chi si è ammalato, per tutti, anche per me. Il Signore vi benedica e vi protegga». 

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