Incarico stravagante in Regione: politici e tecnici devono rimborsare

Non ha preso nemmeno un centesimo. Ma la Corte dei Conti lo ha chiamato lo stesso a risarcire. L’ex presidente del Consiglio Regionale del lazio Mario Abbruzzese dovrà tirare fuori una quota dei 628mila euro che la magistratura contabile ora reclama da un gruppo di politici, dirigenti e consulenti della Pisana.

 

INIZIA CON MARRAZZO

La storia inizia durante il governo regionale di centrosinistra guidato da Piero Marrazzo. Una delibera del 13 maggio 2009 affida al dirigente M., quale esperto di regolamenti, il compito di studiare le modifiche da apportare alle norme che regolano l’attività del Consiglio: vanno armonizzate con il nuovo Statuto. L’incarico prevede che il dirigente relazioni periodicamente il segretario generale Nazzareno Cecinelli e l’Ufficio di Presidenza della Regione Lazio (il comitato composto da un rappresentante di ogni gruppo politico presente in aula, lo presiede il Presidente d’Aula). In quel bollettino periodico, il consulente deve dire quali temi ha esaminato, quali problemi ha individuato, quali soluzioni propone.

 

E PROSEGUE CON POLVERINI

Nel 2010 cambia il colore dell’amministrazione regionale del Lazio. Vince le elezioni il centrodestra guidato da Renata Polverini. Ad arbitrare i lavori nell’aula del Consiglio viene eletto Mario Abbruzzese. Che chiede un parere alla commissione esaminatrice, rileva che il supervisore Luca Petrucci non ha avanzato contestazioni. Gli conferma l’incarico per altri due anni.

 

L’INDAGINE DELLA FINANZA

Il caso viene alla luce quando la Guardia di Finanza avvia una serie di verifiche sull’uso del denaro pubblico in Consiglio Regionale. E’ una costola dell’inchiesta che ha passato al setaccio ogni movimento operato dall’allora capogruppo Franco Fiorito e dai consiglieri del Popolo delle Libertà.

A carico di Mario Abbruzzese nulla emerge. Non ci sono spese sospette riconducibili a lui. Addirittura si scopre che ha rifiutato la carta di credito ‘aziendale’ che compete al Presidente del Consiglio Regionale per le spese di rappresentanza. Non l’ha voluta e quando gli hanno detto che non potevano annullarla l’ha fatta tagliare in due con una forbice per essere sicuro che nemmeno per errore venisse usata.

 

I CONSULENTI ALLEGRI

I Finanzieri però scoprono che alcuni consulenti approfittavano della confusione tra gli uffici per non produrre lavori ‘brillanti’. Salta fuori il caso di un consulente che si è fatto pagare due volte la stessa relazione. E salta fuori il caso.

Quando gli investigatori gli chiedono cosa abbia prodotto per la Regione Lazio, in cambio dei soldi che gli sono stati pagati, il consulente esibisce due relazioni. Il verbale della Guardia di Finanza le definisce simili «nei contenuti a una tesina di laurea».

Non è un reato. Se anche la relazione è fatta in maniera non brillante, al limite si può rimproverare la Regione d’avere scelto male un consulente. Però quell’incarico, partito con Marrazzo e proseguito con Polverini – Abbruzzese, non convince. Al punto che i finanzieri inviano una nota alla Corte dei Conti. Facendo partire un’inchiesta contabile per accertare se si sia trattato di denaro sprecato.

Dove sta l’anomalia? Sta in «un incarico affidato senza dover raggiungere obiettivi concreti». Nel mirino finisce il nucleo di valutazione che doveva controllare se l’incarico veniva svolto in maniera compiuta e stesse conseguendo dei risultati.

 

LA SENTENZA

Alla fine, la Corte dei Conti condanna il nucleo di valutazione: 5 persone. E con loro ci mette anche il presidente Mario Abbruzzese, il segretario generale Nazzareno Cecinelli, il consulente.

Con la sentenza n.403 depositata alla Corte dei Conti il 5 maggio 2014 dispone che ciascuno risarcisca una quota. Sentenza confermata ora anche in Appello.

Non hanno preso nulla. Ma devono risarcire. Per non avere vigilato se qualcun’altro prendeva in base ad un incarico stravagante.

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