Cosa c’è dietro le dimissioni di Claudio Durigon

Le nuove priorità fissate da Matteo Salvini per la Lega nel Lazio. La missione delle Europee e soprattutto l'assedio al Campidoglio. Il ruolo chiave assegnato a Bordoni al ministero. Cosa c'è dietro l'avvicendamento di Durigon

Cambia lo scenario, cambiano i protagonisti. Dietro alle dimissioni di Claudio Durigon da coordinatore della Lega nel Lazio c’è la strategia che porta verso le elezioni Europee 2024 e mette nel mirino il Campidoglio. Chiusa la fase del radicamento sui territori e della costruzione di reti affidabili nelle province, Matteo Salvini detta le nuove priorità nel Lazio.

Si parte da un’evidenza ribadita dai numeri: il Lazio è per Fratelli d’Italia ciò che la Lombardia è per la Lega. Alle Regionali di febbraio le liste di Giorgia Meloni schierate a Roma e nelle province hanno raccolto il 33,6% mentre quelle di Matteo Salvini hanno avuto l’8,5%; alle Politiche dello scorso autunno il 31,4% era andato a FdI mentre la Lega aveva raccolto il 6,1%.

Effetto Durigon

Ciacciarelli tra il Nicola Ottaviani e Claudio Durigon

Scorporati e letti sui territori, qui numeri sono a macchia di leopardo. Le preferenze viaggiano sulle gambe degli uomini: ci sono persone come Giuseppe Cangemi e Pasquale Ciacciarelli che hanno portato oltre 14mila voti; Tony Bruognolo quasi 12mila, Daniele Giannini, Paolo Della Rocca e Mariano Calisse quasi 10mila. E sotto questo aspetto la missione di Claudio Durigon è stata fondamentale: la Lega nel Lazio ha raggiunto un equilibrio grazie alla sua capacità di organizzazione, individuando gli uomini e traghettandoli sul Carroccio; imponendo tregue come quella che a Frosinone ha assegnato ruoli chiari tra figure come il deputato Nicola Ottaviani e l’ex presidente del Consiglio regionale Mario Abbruzzese.

Ora lo scenario cambia. L’organizzazione sul territorio c’è e sono scomparse le risse che avevano accompagnato la prima fase: il passaggio da Noi con Salvini alla Lega vera e propria. Ora diventa strategica Roma in vista del voto alle Europee: sta qui la scelta di affidare la guida del Partito a Davide Bordoni. Che conosce benissimo il mondo delle preferenze dentro le mura della Capitale. Non è caso è stato una delle figure di punta in Forza Italia prima che cominciasse la dissoluzione: quando c’è stata l’ultima conta interna è finita 740 a 188 con la sua conferma a Coordinatore azzurro.

Effetto Bordoni

Fabio e Stefano De Lillo con Davide Bordoni (Foto Imagoeconomica / Stefano Carofei)

La missione di Bordoni ora parte dal punto in cui Claudio Durigon ha portato il carroccio e va dove Durigon non lo avrebbe potuto portare. Ai romani può parlare uno di Roma che sia riconosciuto come tale dai romani. È un cambio fondamentale ora che la spinta di Matteo Salvini si è arrestata. La Lega non è più il secondo Partito in Italia alle spalle del Pd.

Bordoni non è solo un romano. È un ex forzista che ha relazioni antiche e consolidate con tutto quel mondo berlusconiano transitato nella Lega, in primis con Pasquale Ciacciarelli e con l’uomo forte emerso in questi mesi Nicola Ottaviani; c’è molto del suo anche nel Gruppo che siede al Comune di Roma. In più Matteo Salvini gli ha assegnato un ruolo chiave nella sua squadra di Governo: chiunque debba portare un’istanza al leader se viene dal Lazio deve passare per l’ufficio di Bordoni. Evidente l’intenzione di ritagliargli il ruolo di problem solver del capo nella regione.

Chiaro che il primo target sia il pieno di voti dal Lazio in vista delle Europee 2024. Ma al tempo stesso nel mirino c’è il Campidoglio: il sindaco di Roma Roberto Gualtieri è una sorta di enclave Dem in una Regione ed un Governo nazionale a guida centrodestra. Matteo Salvini sa che Roma resta Roma e Milano resta Milano: ma le percentuali rimediate con la candidatura di Enrico Michetti non vengono considerate accettabili.

Chiaro che tra poco comincerà l’assedio. Serve un romano per condurlo.