Il vescovo di Frosinone sul Corriere della Sera contro la strage silenziosa di un'intera generazione. Denuncia i troppi casi di irregolarità. E le mancate protezioni. I numeri dei Nas gli danno ragione. La posizione del Sant'Egidio. E la possibile soluzione: tornare ad avere solidarietà
Ad Ariano Irpino oggi effettuano il tampone a degeneri ed operatori, appena ieri la Asl di Avellino ha scoperto che è stato il Covid-19 ad uccidere due anziane ospiti di una Rsa. Nello stesso momento a Sarteano (Siena) in una casa di riposo sono stati registrati 34 casi positivi al coronavirus: 22 anziani ospiti e 12 operatori. A Dicomano (Firenze) sempre domenica sono stati riscontrati 41 casi positivi al Covid-19 tra gli anziani ospiti di una Rsa e 3 di questi sono attualmente ricoverati presso l’ospedale del Mugello. Peggio è andata a Bucine (Arezzo) dove domenica sono morti altri due anziani degenti ospiti della casa di riposo “Fabbri Bicloli’. E cresce la preoccupazione a Tricarico (Matera) per il focolaio di contagio che si registra al polo riabilitativo della Fondazione Don Gnocchi dove si trova anche una struttura residenziale per anziani. Solo in un pomeriggio, solo una parte del totale.
Muore una generazione
«Possiamo permetterci di far morire una generazione intera?»: il grido del vescovo Ambrogio Spreafico, presidente della commissione Cei per il Dialogo, si è alzato in queste ore dalle colonne del Corriere della Sera. Scomodo non più di sempre il vescovo ha domandato « Non si dovrebbero pensare delle soluzioni per chi vive in RSA per evitare il contagio e quindi l’aggravarsi della situazione? È sufficiente isolare gli infetti e proibire le visite dall’esterno, lamentandosi con le autorità pubbliche della carenza di mascherine e disinfettante, ma senza investire nella sicurezza? Non si dovrebbero fare i tamponi a tutti e portare immediatamente via coloro che non sono contagiati, per salvarli?»
Sono bombe a orologeria pronte a esplodere. Alcune lo hanno già fatto. Ma nessuno può avere i numeri reali. Perché centinaia di case di riposo sorte negli ultimi anni in molti comuni del Lazio sono abusive. Prima che arrivasse il Covid-19 i carabinieri del Nas avevano già effettuato 65 controlli e scoperto, tra gennaio e febbraio, 26 attività non in regola.
Un dato che colpisce monsignor Ambrogio Spreafico. Che sempre sul Corriere della Sera scrive «Rimango però ancor più colpito dalla situazione degli anziani nel nostro Paese, soprattutto di quanti sono “ospiti” nelle RSA, dove non sempre si è provveduto ad attrezzarsi in tempo per evitare il contagio. Chi ha pensato che anche la vita di un vecchio ha valore fino all’ultimo istante? Gli anziani sono un “capitale umano”: non mi riferisco solo al fattore economico, dei magri bilanci familiari risollevati dalle pensioni, quanto piuttosto al valore sociale di una generazione che si è spesa per quella successiva, la nostra. L’Italia ha conquistato una vita longeva, un’età media invidiata dal resto del mondo. Dovrebbe essere un risultato da proteggere, una benedizione per un intero popolo».
La Comunità di Sant’Egidio
La Comunità di Sant’Egidio fa sentire la sua voce. Viene rilanciata dal quotidiano Vita. «Le più recenti e tragiche cronache di Rsa e case di riposo messe in isolamento per l’alto numero di positivi al test, rivela il fatto che in molti casi non si è messo in sicurezza il personale che li assisteva, ugualmente vittima di questa grave mancanza». Una doppia mancanza: verso gli anziani e verso chi li assiste. «Si poteva e si doveva infatti assicurare che i lavoratori di queste strutture fossero protetti per garantire la loro salute come quella delle persone ospitate. Se non si è attivata questa rete di protezione è per una cultura troppo diffusa, quella che nega pari dignità alla vita delle persone più fragili con conseguenze che potrebbero essere catastrofiche, come numero di vittime».
A sconvolgere molti sono state le immagini arrivate dalla Spagna. In alcuni istituti le salme dei deceduti sono state trovate in mezzo a persone vive, disorientate e abbandonate.
Una realtà che scuote le coscienze. Di fronte alla quale il vescovo di Frosinone dice che «è tempo di pensare seriamente al futuro, adottando soluzioni alternative al ricovero in grandi istituti anonimi o in villette isolate dal tessuto sociale della città».
Cambiare soluzione
La soluzione proposta da Ambrogio Spreafico è quella basata sull’umanità, sul ritorno alla solidarietà familiare. «Si deve favorire la permanenza degli anziani a casa, con un’assistenza più leggera e di gran lunga meno costosa per lo Stato. Costruendo attorno a loro una rete di prossimità e di solidarietà. La formula c’è già, è il co-housing, piccole convivenze opportunamente monitorate e imperniate sull’assistenza domiciliare; basterebbe applicarla su larga scala, senza cedere a scorciatoie istituzionali o, peggio ancora, ad interessi di privati».
Un modello sperimentato da anni e che è stato attivato anche nella Diocesi di Frosinone, attraverso una sinergia tra volontariato e comune. Con un solo obiettivo. Quello che conclude l’articolo sul Corriere: Salviamo gli anziani!