Covid-19, l’università avvisa: «Cambiare l’aria, importante quanto la mascherina»

Foto (c) Imagoeconomica / Alvaro Padilla

Non solo le mascherine. È importante anche e soprattutto arieggiare gli ambienti. Ne è convinto il professor Giorgio Buonanno dell'università di Cassino. Tra i maggiori specialisti italiani di polveri aerodisperse.

Evitare contatti? Fondamentale. Tenersi ad almeno un metro, evitare abbracci e strette di mano? Decisivo. La mascherina? Utile a seconda dei casi. E fino qui si sapeva. Ma c’è anche un altro aspetto importante quanto l’uso della mascherina. È la ventilazione negli ambienti. Lo sottolinea il professor Giorgio Buonanno, docente dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. Soprattutto è uno dei maggiori specialisti italiani di polveri aerodisperse – aerosol.

I rischi in casa ed al chiuso

Il virus Sars-CoV2-19 viaggia attraverso il droplet cioè gli schizzi di saliva che emettiamo quando starnutiamo e anche quando parliamo.

Quanto devono essere grossi questi schizzi per determinare impatti sulla salute umana? Piccole, molto piccole, infinitamente piccole: l’analisi dell’ingegner Giorgio Buonanno però punta l’attenzione su altri aspetti e cioè la concentrazione delle particelle, la loro dispersione.

Infatti gli studiosi di inquinamento dell’aria ritengono molto importante caratterizzare l’aerosol di una sorgente: in parole più semplici l’insieme di particelle solide e liquide disperse nell’aria. Insomma: è importante l’ambiente nel quale si disperdono le particelle

La diffusione delle particelle

Una persona è sorgente di particelle liquide emesse durante i diversi atti respiratori: respirazione orale e nasale, vocalizzazione, starnuti, colpi di tosse.

La caratterizzazione di questo tipo di aerosol ha portato a distinguere due tipi di regioni: la regione in prossimità del soggetto, compresa tra 1 e 3 metri, all’interno della quale ricadono per gravità le particelle più grandi. E quella più esterna, nella quale le particelle più piccole sono libere di diffondere.

Nel caso di un soggetto contagioso, ogni gocciolina porterà con sé un carico virale che si disperderà secondo le note leggi della termodinamica.

Quindi negli spazi confinati non sufficientemente areati le particelle “virali” tenderanno a saturare l’ambiente rendendo di fatto non sufficiente l’adozione di una distanza di sicurezza, ma necessaria una corretta ventilazione del locale con un numero adeguato dei ricambi orari.

Per evitare ciò è pertanto  necessaria una corretta ventilazione dei locali con un adeguato numero di ricambi orari.

«Per questo motivo – sostiene il professor Giorgio Buonanno, la strategia di riduzione del rischio negli ambienti confinati dovrebbe basarsi sia sul distanziamento tra soggetti per evitare il contagio del virus attraverso le particelle più grandi, che nell’adozione di idonee tecniche di ventilazione». In altre parole: bisogna sia mantenere le distanze che cambiare ogni tanto l’aria. Facendolo al momento giusto ed in maniera appropriata.

 Perché? «La semplice aerazione non è sufficiente a garantire una corretta ventilazione degli ambienti in cui c’è rischio o reale presenza del virus, gli impianti di condizionamento giocano un ruolo fondamentale» aggiuge Francesca Romana d’Ambrosio, presidente dell’Associazione tra Imprese ed Università, che si occupa dell’impiantistica per il condizionamento / raffrescamento dei locali e relative tecnologie ed innovazioni.

Ventilazione e rischi di infezione

Il professor Giorgio Buonanno

«Per minimizzare gli effetti della presenza di una persona infetta nel luogo di lavoro – spiega il professor Giorgio Buonanno è consigliabile ridurre il livello di occupazione degli ambienti passando, ad esempio, da una persona per 7 metri quadrati ad una ogni 25 m2, in modo da ridurre l’eventuale possibile contaminazione aerea».

Considerato che l’aria esterna non è normalmente contaminata dal virus, è consigliabile «areare frequentemente gli ambienti non dotati di ventilazione meccanica».

E se ci sono i condizionatori? «Se negli ambienti sono presenti impianti di ventilazione che forniscono aria di rinnovo, si suggerisce di tenerli sempre accesi, vrntiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette. E di farli funzionare alla velocità nominale o massima consentita dall’impianto per rimuovere le particelle sospese nell’aria (l’aerosol) e contenere la deposizione sulle superfici». 

Perché? «La diluizione con aria esterna e i filtri ad elevata efficienza riducono la presenza di particolato e di bio-aerosol contribuendo in tale maniera alla riduzione dei rischi di contagio».