Covid, è allarme bis: torna la mascherina per tutti

Foto © Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Nicola Zingaretti firma l’ordinanza per il ritorno alla mascherina. Da lunedì test salivari nelle scuole del Lazio. E “chiamata alle armi” delle farmacie. Saranno loro a somministrare 100.000 vaccini antinfluenzali in più.

La mascherina torna obbligatoria nel Lazio: all’aperto dovrà essere indossata sempre; unici esentati: i bimbi, malati specifici, chi sta facendo sport. Test della saliva in tutte le scuole della regione, incremento dei vaccini antinfluenzali e ‘chiamata alle armi’ per le farmacie per iniettarli ai cittadini; ma non saranno più obbligatori per chi ha oltre 65 anni. La Regione Lazio affronta l’offensiva bis di Covid.

Offensiva bis

Nicola Zingaretti con il test. Foto © Carlo Lannutti

Lo fa partendo con un provvedimento massivo, coinvolgendo il maggior numero possibile di persone. Il senso della mascherina obbligatoria per tutti all’aperto è proprio questo: alzare la barriera anti contagio, far capire che la situazione rischia di finire fuori controllo se tutti non fanno attenzione.

L’annuncio lo ha dato Nicola Zingaretti in persona dopo un summit con i vertici di settore alla Pisana, in primis l’assessore Alessio D’amato. Lo fa dal luogo simbolo della lotta al Coronavirus nel Lazio: l’ospedale Spallanzani che è stato il fortino dal quale è stata coordinata la difesa dall’ondata dello scorso inverno. Perché il virus non solo circola ancora, ma nel Lazio ora fa numeri importanti, che non creano isteria ma inducono a mettere in atto le prime misure di quasi emergenza. Nelle ultime ventiquattrore i nuovi casi registrati nel Lazio sono stati 264, praticamente come nel giorno precedente: sono tanti, sono troppi. Anche nelle Provincie si è tornati alle due cifre costanti: Latina registra 27 nuovi infetti, in Ciociaria i casi nuovi sono 17.

Al vertice della Sanità regionale hanno ben chiaro che o si attesta adesso l’argine oppure c’è il rischio che l’onda d’autunno possa tracimare. Nasce da qui il piano operativo per affrontare il secondo grande step a cui ha fatto riferimento il ministro Roberto Speranza in queste ore.

I test della saliva

Nicola Zingaretti e Alessio D’Amato. Foto © Carlo Lannutti / Imagoeconomica

I test della saliva partiranno con un progetto pilota lunedì. E riguarderanno «le fasce di età fino ai 13 anni per le scuole dell’infanzia, quelle elementari e medie». Con un obiettivo primario: fare argine lì dove Covid ha più gioco: nelle scuole. Cioè lì dove un’attività di screening potenziato può essere argine alla diffusione e viatico riuscire a portare avanti le lezioni. Ma con un protocollo meno invasivo ed altrettanto efficace.

Il prelievo avverrà nella mattina. E i campioni prelevati saranno elaborati presso i laboratori autorizzati, in questo caso quello del San Camillo. In serata ci sarà la conferma di negatività o positività. In caso di positività verrà tempestivamente avvisata la famiglia e partiranno le attività di contact tracing e di isolamento.

I numeri del già fatto sono importanti. Nel Lazio ad oggi sono stati già eseguiti circa 1 milione e 200 mila tra tamponi, test rapidi, test negli aeroporti e nei porti e test sierologici. Ma non basta: i numeri del da farsi dovranno esserlo ancora di più.

La Regione Lazio è stata «la prima ad avviare l’attività di testing nelle scuole. Ha acquistato un milione di test rapidi antigenici aderendo alla gara della Regione Veneto».

Lo scopo è strategico. Avere a disposizione un panel di test validati dallo Spallanzani.

Mascherina per tutti

Mauro Buschini

Ma non basta neanche questo. La decisione bis era nell’aria già da 24 ore. Ha il sapore di una misura amara ma necessaria, una delle barriere obbligatorie sulla strada che porta ad un nuovo lockdown se l’argine non dovesse reggere.

«È disposto l’obbligo, su tutto il territorio regionale, di indossare la mascherina nei luoghi all’aperto e durante l’intera giornata. Fatte salve le ulteriori specifiche misure di sicurezza previste nelle linee guida e nei protocolli di settore vigenti ai sensi dell’Ordinanza n. 56/2020 e delle disposizioni nazionali vigenti».

L’ordinanza firmata da Nicola Zingaretti è inequivocabile: si torna allo stato dell’arte prima dell’estate per non dover fare i conti con il terrore della primavera. Sono esclusi dall’obbligo i bambini al di sotto dei sei anni e i portatori di patologie incompatibili con l’uso della mascherina. In più, coloro che stanno praticando attività motoria e/o sportiva.

Il vaccino per l’influenza

Il sottosegretario Sandra Zampa si vaccina contro l’influenza. Foto © Imagoeconomica / Saverio De Giglio

Ma c’è un ulteriore aspetto dell’ordinanza che è passato più sottotono della questione mascherine, mainstream per ovvi motivi. Ed è quello del vaccino antinfluenzale.

Nelle prossime settimane le domande cresceranno in maniera esponenziale. Ergo, una quota di ulteriori 100.000 dosi vaccini dovrà essere messa a disposizione delle farmacie del Lazio. Con prezzo uniforme e «previo rimborso alla Regione del costo sostenuto».

E proprio le farmacie dovranno diventare spot di vaccinazione. Questo secondo «l’organizzazione di un servizio di somministrazione/inoculazione del vaccino con conseguente assunzione di responsabilità. In tal caso il prezzo verrà definito tenuto conto della maggiorazione generalmente corrisposta ai MMG/PLS». A definire il numero definitivo di dosi vaccino, modalità di somministrazione e servizi contribuirà un protocollo operativo.

A metterlo in atto la Direzione salute e integrazione socio-sanitaria in raccordo con l’Unità di crisi regionale.

Ma non è obbligatorio

Foto © Luigi Avantaggiato / Imagoeconomica

Il vaccino però non è più un obbligo. In giornata il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha annullato l’ordinanza con la quale il 17 aprile scorso il Presidente della Regione aveva imposto l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale stagionale.

Era obbligatorio per tutte le persone al di sopra dei 65 anni di età (pena il divieto di frequentare luoghi di facile assembramento come centri sociali e case di riposo) nonché per tutto il personale sanitario e sociosanitario che opera nel Lazio.

Il Tar del Lazio ha accolto un ricorso proposto dall’Associazione Codici Nazionale e Regionale. Nelle settimane scorse i giudici avevano detto No alla sospensiva, in attesa di entrare direttamente nel merito della questione. Cosa che hanno fatto oggi. (Leggi qui Lazio, il vaccino non attende: il Tar dice no a Codacons).

I giudici hanno detto no perché la competenza a fissare la soglia tra obbligo e raccomandazione spetta allo Stato e non può essere derogata dalle Regioni. Allora perché il Lazio ha adottato quel provvedimento? Perché una sentenza della Corte costituzionale prevede la possibilità che le Regioni possano legiferare in settori riservati al legislatore statale.

Vero, ma oggi il Tar ha spiegato che questo è possibile “a condizione che vengano rispettati i ‘principi‘ fissati dalla legge statale”. “Nel caso delle vaccinazioni contro l’influenza, peril Tar la ‘soglia’ stabilita dal legislatore statale tra obbligo e raccomandazione del vaccinonon potrebbe essere derogata dalle regioni neppurein senso più restrittivo. Perché la normativa Covid non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie”.