Il binario obbligato di Salvini per arrivare a tutto e non restare senza niente

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La crisi di governo è il binario obbligato sul quale Matteo salvini si è dovuto indirizzare. L'unica possibilità per spezzare l'assedio. Nel quale sarebbe finito in autunno. I segnali da Bruxelles. E quelli dalla Regione Lazio

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il voto sulla Tav e la spaccatura tra gli alleati Lega e Movimento 5 Stelle non c’entrano niente. La crisi di Governo è il binario obbligato sul quale Matteo Salvini non ha potuto fare a meno di indirizzarsi. Destinazione: o tutto o niente.

Un percorso che il Capitano è stato costretto ad imboccare. Per evitare di andare a schiantarsi. Perché nonostante i risultati delle elezioni, i numeri dei sondaggi, Matteo Salvini alle Europee di maggio ha vinto la battaglia dei voti ma ha perso in maniera disastrosa la battaglia della politica. È stata quella sconfitta a cambiare in modo completo l’itinerario che invece lui avrebbe preferito.

In Europa non hanno vinto i sovranisti. La Lega è isolata a Bruxelles ed a Strasburgo, non può bussare alle porte dell’Eliseo e nemmeno a quelle di Berlino. Nessuno è disposto ad aiutare Salvini: nemmeno lì dove i sovranisti hanno vinto. Perché applicano il suo stesso principio: “Prima i nostri“. E per quale motivo dovrebbero rinunciare al pacco di miliardi d’euro che l’Italia deve restituire, dopo esserseli fatti prestare per finanziare Quota 100 e Reddito di Cittadinanza? A chi ci prestava i soldi avevamo detto che quei provvedimenti ci avrebbero fatti ripartire. E ora è arrivato il momento di tracciare la linea dei totali sui conti.

Il primo segnale della manovra di isolamento è arrivato con l’elezione di David Sassoli a presidente del Parlamento Ue: è chiaro già da lì che a dare le carte sono altri ed i leghisti non toccano palla. Il destino del Governo italiano è segnato nel momento in cui il Parlamento Ue elegge Ursula von der Leyen al timone dell’Unione.

Lo sa benissimo il Movimento 5 Stelle. Che allora gioca l’unica carta buona rimasta nel mazzo: sganciarsi dalla Lega, appoggiare l’elezione della von der Leyen mettendo a disposizione i suoi voti fondamentali. Giuseppe Conte in quell’occasione si rivela uno stratega: incanala i voti dei 5 Stelle sull’unico binario che gli consente una via d’uscita.

Apre così una linea di credito con l’Ue: sarà lui ed il suo ministro Giovanni Tria a dover concordare con l’Europa quanto dovranno essere stretti i cordoni nella manovra economica d’autunno. Non Matteo Salvini, non un ministro leghista. In autunno la manovra dovrà garantire la tenuta dei conti, altrimenti lo scenario greco sarà che una minaccia per l’Italia. Il taglio deciso in queste ore degli 80 euro dati dal governo Renzi alle fasce più deboli è solo l’inizio dell’incisione della polpa. Le mirabolanti promesse elettorali leghiste rischiano di essere cancellate con la manovra d’autunno da uomini del 5 Stelle.

C’è un altro fronte aperto: nel Parlamento italiano c’è una maggioranza alternativa. Ampia. Dannatamente ampia. Pronta a comporsi su un tema aggregante: la nuova legge elettorale. E di quella maggioranza sarebbero pronti a fare parte tutti per arginare il consenso popolare che solo in questa fase storica la Lega può vantare.

Il segnale gli è arrivato nelle ore scorse dalla regione Lazio. Non è una qualsiasi: è quella in cui siede come governatore Nicola Zingaretti che è il segretario nazionale del Partito Democratico. E in quell’Aula siede Roberta Lombardi, avversaria dichiarata della linea di Luigi Di Maio, solo lei aveva ha il coraggio di dire a Grillo ed al vice premier che stavano prendendo una via sbagliata; da capogruppo M5S a Montecitorio s’è ritrovata ai banchi della Pisana per togliersela di torno.

C’è una linea di dialogo che Nicola Zingaretti è riuscito a costruire. E che si è materializzata nelle ore scorse con la seduta del Consiglio Regionale: Centrosinistra e 5 Stelle hanno portato a casa tutti i risultati che avevano stabilito. (Test Pd – M5S: tensioni in Regione, «Preparano la nuova maggioranza»). Fondamentale la pista costruita in silenzio per mesi dall’attuale numero 2 di Zingaretti, Daniele Leodori, con l’attuale presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini. Una pista solida. Tanto che oggi nel seguito del Consiglio il capogruppo dei Totiani Antonello Aurigemma ha rivelato il patto: «La nuova maggioranza Pd-M5s ha imposto con prepotenza la discussione generale su una legge che non era prevista».

Un segnale chiaro per Salvini. Una linea di dialogo c’è. Una maggioranza alternativa è possibile.

Matteo Salvini ha una sola possibilità per rompere l’assedio interno ed europeo. Andare al voto. Andarci adesso. Prima che si debba mettere mano ai conti, prima che gli ‘alleati’ vadano a sedersi a Bruxelles per parlare di cifre. Prima di dover mettere mano ai conti del Paese. Prima di dover imporre una nuova fase di sacrifici e risanamento.

La Tav non c’entra niente. I binari imboccati da salvini sono gli unici sui quali incanalarsi. Per sperare di prendere tutto ed evitare di rimanere senza niente.