Da Alesia ad Azovstal: la storia si ripete sempre ma non insegna

L'assedio di Mariupol come quello di Alesia che portò alla caduta di Vercingetorige. Nessuno dei protagonisti di oggi dimostra di avere letto le memorie di Giulio Cesare. Ecco perché...

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Correva il 52 a.C. nella cittadina di Alesia capitale dei Mandubii una importante città fortificata al centro della Francia considerata sacra dai Galli e dai devoti delle divinità celtiche. Era una città fortemente protetta dalle sue caratteristiche geografiche, arroccata su uno sperone di roccia, abbracciata da ben due fiumi e dotata di un imponente cinta muraria fortificata su più livelli.

Fu così che le numerose tribù galliche riunite sotto il comando del leggendario Vercingetorige la ritennero il luogo più sicuro dove arroccarsi per difendersi dai romani che si erano spinti fino a quelle impervie terre per conquistare definitivamente i territori francesi.

Ma né Vercingetorige né gli altri Galli sapevano che quella sarebbe diventata il teatro della più sanguinaria, importante e determinante battaglia romana in quelle terre.

Dal De bello gallico ai giorni nostri

Assedio di Avarico (Foto: Rolf Müller)

La conosciamo nei minimi particolari grazie al racconto del comandante in capo delle legioni romane Caio Giulio Cesare che tramandò le sue gesta nel “De bello gallico” celebrando  infine i suoi successi militari e dai racconti dei numerosi storiografi che ne cantarono le gesta.

Amo Giulio Cesare perché nato il mio stesso giorno il 13 luglio e non a mio personale giudizio ma unanimemente nella storia considerato uno dei più intelligenti strateghi bellici della storia intera. Per questo l’ho letto e studiato sempre con passione.

Ma oggi con lo studio della storia ridotto a materia secondaria nei nostri ordinamenti scolastici il nome di Alesia dice poco ai nostri connazionali. A me invece ha immediatamente ricordato, fatte le debite proporzioni, quanto sta succedendo e sta per succedere nell’assedio dell’acciaieria Azovstal a Mariupol nella odiosa guerra Russia ucraina di questi giorni.

Anche oggi quello che veniva considerato un posto ben fortificato e fortemente difendibile rischia di diventare una orribile trappola mortale per chi la occupa ed un simbolo importante nello sviluppo della guerra. E vi spiego presto il perché.

Il legame tra Alesia e Mariupol

Le truppe dei galli e le varie tribù prima molto individualiste e frammentate erano riuscite ad unirsi per la prima volta sotto il comando di un unico condottiero: Vercingetorige.

Costui forte di un esercito numericamente maggioritario e conoscendo meglio il territorio, era addirittura riuscito poco tempo prima a costringere ad una temporanea sconfitta le truppe romane a Gergovia. Subì poi la rabbiosa reazione romana che lo costrinse a ritirarsi nella città di Alesia. A loro avviso inespugnabile dai romani. Fu allora che circondata dall’esercito romano subì un interminabile assedio che la portò ad una sanguinosa rovina.

Ma ciò che resta nella storia è come Giulio Cesare con la strategia e con la eccezionale ingegneria militare abbia sottomesso un esercito enormemente più numeroso del suo. Un ripassino che dovrebbero fare pure tutti i sedicenti esperti di strategia militare ed presunti esperti che in questi giorni hanno sostituito negli sproloqui televisivi i virologi dell’epoca covid.

I romani erano poco più di 50.000 contro i 60.000 galli asserragliati in Alesia ed i 240.000 delle tribù presenti nel territorio circostante. Un rapporto di uno a sei.

Il vallo di Cesare

Il vallo di Cesare (Grafica: Cristiano64)

Fu così che Cesare inventò, progettò ed iniziò la costruzione di una struttura militare tutto intorno alla città di Alesia formata in questo modo.

Prima fece scavare un grandissimo fossato di sei metri per sei tra Alesia e la piana circostante che avrebbe fermato gli eventuali attacchi dei Galli nel corso della costruzione delle fortificazioni.

Poi, a cento metri da questo, altri due fossati lungo tutto il perimetro da quattro metri di profondità, il più interno fu riempito di acqua deviando il corso del vicino fiume.

Dietro a questi furono innalzate delle palizzate di tre metri di altezza e il terreno rimanente tra le palizzate ed i fossi fu riempito di trappole mortali così composte.

Sotto alle palizzate file di tronchi appuntiti rivolti verso il nemico.  Ma non si fermò qui, ad ogni 25 metri di palizzate Cesare fece erigere delle torri con in cima delle macchine da guerra, probabilmente delle catapulte leggere, poi tra il primo dei fossati (quello più esterno) e gli altri, fece costruire una serie di trappole anti-uomo: la prima era costituita da quindici file di fosse con all’interno, conficcati nel terreno, tronchi con i rami intrecciati e pungenti (una sorta di filo spinato) detti “cippi”, davanti a questi otto file di pali aguzzi camuffati e mascherati con dei cespugli, erano chiamati “gigli”, infine una fascia di pioli muniti di uncini di ferro chiamati “stimoli”.

Tutto questo in entrambe le direzioni cosicché chiunque volesse uscire od entrare ad Alesia avrebbe dovuto rischiare ad ogni metro di vedersi conficcato un palo acuminato ed una punta di ferro o cadere in una buca e restare impalato insieme al suo cavallo. Sempre che prima avessero superato l’ordine dei tre fossi scavati tutto intorno.

Il peso dei civili

Una trappola mortale che costò ben un mese di lavoro. Vercingetorige approfittò di questo tempo per inviare messaggeri all’esterno per cercare aiuto. Tentò anche un assalto prima che fossero finiti i lavori ma respinto dai romani rinculò di nuovo tra le solide mura di Alesia.

Alla fine dei lavori il vallo aveva un perimetro di 15 km, mentre la circonvallazione esterna si estendeva per ben 21 km.

Cinta d’assedio e senza rifornimenti la città finì ben presto le proprie scorte e fu ridotta alla fame, situazione simile alle acciaierie ucraine in questi giorni.

I Galli allora chiesero di poter liberare i civili intrappolati nella città che erano inutili alla guerra ed inoltre consumavano cibo, nell’intento di renderli prigionieri romani che li avrebbero pure dovuti sfamare.

Infatti Giulio Cesare rifiutò di farli passare rigettandoli verso la città. Alcuni di questi impazziti per fame e stanchezza morirono tentando la fuga trafitti dalle trappole romane altri in pochi giorni nel campo davanti Alesia perché i galli non ne permisero neanche il ritorno in città e furono lasciati morire tra le due fortificazioni.

Gli scontri che ne seguirono furono diversi e feroci i romani ressero in entrambe i fronti dimostrando una forza ed un coraggio unici ma soprattutto genio militare e strategia all’avanguardia.

Parcere subiectis debellare superbos

Alla fine i transalpini dovettero arrendersi alla potenza romana. E Roma agì come sempre fece secondo il motto “Parcere subiectis debellare superbos”: risparmiare i vinti e debellare i superbi. Fu così che i capi vennero decimati mente i circa sessantamila soldati ricevettero ognuno un gallo come schiavo e le tribù che si arresero al potere di Roma vennero risparmiate.

E  Vercingetorige? L’uomo che coltivò il sogno di battere Roma? Anche lui si arrese. 

Così ci racconta Plutarco: “indossò l’armatura più bella, bardò il cavallo, uscì in sella dalla porta e fece un giro attorno a Cesare che lo aspettava seduto. Qui giunto scese da cavallo e spogliatosi delle armi restò in silenzio ai suoi piedi”. Cesare lo portò a Roma come ornamento della sua vittoria, lo tenne prigioniero a pane ed acqua per ben sei anni , il tempo di tornare a Roma da vincitore dopo aver varcato il Rubicone e risolto la guerra civile. Lo fece sfilare nel giorno del suo trionfo come un animale in gabbia e quindi lo fece uccidere subito dopo.

E questo amici miei a distanza di duemila anni e fatte le debite proporzioni tra le crudeltà delle epoche è simile all’obiettivo della battaglia che si combatte in questi giorni presso l’Azovstal.

I simboli di Putin

Foto: Kremlin Press Office

Truppe circondate ed asserragliate insieme ai civili dentro la fortezza. Drammatica carenza di cibo, acqua e rifornimenti. Gli armamenti che scarseggiano. Nessuna possibilità di collegamenti ed aiuti dall’esterno. E Putin che in diretta televisiva dichiara che non sprecherà altri uomini ed aspetterà la resa o il sacrificio.

E purtroppo così sarà. Per un motivo specifico ed importantissimo. Putin vuole creare dei simboli. Ha offerto di fare uscire i civili ma molti sono ancora asserragliati. Chi dice eroicamente, chi perché i militari non li lasciano andare. Difficile scoprirlo in questo clima di propaganda reciproca.

Ma prima o poi i famigerati membri del battaglione Azov ormai richiusi come i Galli di Vercingetorige  dovranno uscire o stremati dalla fame arrendendosi o sparando ed immolandosi. In ogni caso Putin li mostrerà al mondo, prima come prova di forza, poi esponendoli da prigionieri con i loro vessilli nazisti, i loro tatuaggi, i loro motti come prova definitiva che la presunta campagna di denazificazione aveva un motivo e non era un invenzione russa. Propaganda certo, ma oggi sembra che l’arma della propaganda sia quella più utilizzata e predominante.

Eppure mi domando: anche i Romani con i Galli prima di distruggersi trattarono, parlarono, provarono dei compromessi. Noi in duemila anni non abbiamo imparato nulla ed invece di cercare una soluzione civile a questo conflitto spingiamo solo ed esclusivamente su quella bellica che sta mietendo purtroppo vittime ogni giorno in numeri altissimi.

I selfie dei diplomatici

Joe Biden con il presidente polacco ed il Segretario Generale Nato

L’attività diplomatica è diventata solo una passerella con i capi di Stato che sfilano a farsi foto con Zelensky senza mai farsi parte attiva per la risoluzione del conflitto.

Adesso secondo il clichè occidentale inizieranno ad arrivare agli attori americani, poi i nani e le ballerine.

Ha iniziato ieri Angelina Jolie presente a Leopoli in Ucraina per dare sostegno come ambasciatrice. Non tarderà Richard Gere che non ha niente da fare tanto da andare sulle navi per prendere in giro Salvini, figurati se non farà un giretto. Forse sarebbe più utile di tutti Will Smith che dopo la pizza rifilata a Chris Rock alla cerimonia degli oscar forse porterebbe un contributo più fattivo. Non potrà venire purtroppo Jonny Depp impegnato con la moglie Amber Heard in un processo dove l’argomento è che si prendevano a schiaffi fra di loro. E non sarebbero comunque stati buoni testimoni direi.

A proposito di attori sembra che la7, che coraggiosamente sta mandando in onda in prima serata “Servitore del popolo” lo sceneggiato che rese famoso Volodymyr Zelensky e diede il nome al suo attuale Partito, stia pensando di spostarlo in seconda serata o addirittura eliminarlo perché con il tristissimo share che supera di poco l’1% sta affondando gli ascolti di rete e causando notevoli perdite economiche. Sembra che addirittura la replica notturna di Tagadà faccia il quadruplo di ascolti. Sarà un segnale?

La concretezza russa

Il tavolo di Putin

Ma mentre l’occidente sfila modello red carpet però la Russia avanza. Ha passato indenne le sanzioni che stanno evidentemente facendo più male a noi che a loro. I russi in questa civiltà dell’immagine badano invece alla concretezza conquistando territori ventre a terra mente i giornali nostrani invece ne decretano l’imminente presunta sconfitta. Non capiamo bene in base a che cosa.

Tra poco chiuderanno ogni accesso al mare all’Ucraina isolando Odessa che è una città importantissima. Lo faranno con la stessa identica tecnica usata a Mariupol interrompendo i rifornimenti ed i collegamenti e avviandosi a conquistarla con calma e pazienza. Mentre gli attori e i politici sfilano.

Eppure ristudiare un po’ di storia non farebbe male a nessuno. Ad Alesia oggi nel luogo della battaglia è stato ricreato un museo straordinario che ha ricostruito con dovizia di particolari le costruzioni romane ed un museo interattivo meraviglioso. Dove si può rendersi conto ancora oggi di quanto la tecnica, la strategia e la concretezza nelle guerre è determinante nella vittoria. Ci dovrebbe rifare un giro qualcuno dei grandi strateghi che stanno indirizzando gli ucraini verso un sacrificio estremo come i Galli convinti di poter avere la meglio grazie ai tanti aiuti che si aspettano dall’esterno.

Armi anziché trattative

Volodymyr Zelensky (Foto © President of Ukraine P.O.)

Biden ieri ha fatto stanziare altri 33 miliardi di aiuti per l’ucraina. In maggioranza per armamenti ovviamente.  (La lobby delle armi ringrazia sentitamente). Sette per contributo finanziario perché l’Ucraina rischia veramente il default a breve molto più della Russia. E solo tre per aiuti umanitari.

Una battuta corrosiva che gira in questi giorni è che il presidente Biden abbia dichiarato “combatteremo fino all’ultimo ucraino!”. Speriamo solo che non abbia nulla di vero e che prevalga la ragionevolezza, la democrazia, la diplomazia e la pace. Ma se intanto qualcuno inviasse una copia del De bello gallico ai principali governanti non farebbe una lira di danno.

In quel testo Cesare scriveva già più di duemila anni fa una frase profetica: “Fere libenter homines id quod volunt credunt”. Per lo più gli uomini credono a quello che vorrebbero che fosse.

Leggi qui le altre riflessioni di Franco Fiorito).