L'esempio che la Ciociaria non vuole seguire. Restando arroccata in un Medio Evo che ignora la rivoluzione di Greta e la sua generazione. Colpa di una politica impreparata. E spesso superata
I pascoli si estendono per ettari, in lontananza si vedono le Alpi già coperte di bianco. Le mucche stanno nello stabile a sinistra. A destra, oltre la striscia verde larga un paio di chilometri, c’è un’altra costruzione. È l’Istituto di Ricerca sul Cancro di Candiolo, in provincia di Torino. Sarà per quella presenza, forse per sollecitare la buona sorte, la cooperativa agricola è stata chiamata Speranza quando è nata mezzo secolo fa: Anni 70.
Sarà perché la speranza impone di guardare avanti. Da qualche anno hanno organizzato in modo diverso la loro gestione dei letami, dei liquami e pure degli scarti agricoli di coltivazione. Lasciano tutto a fermentare in modo naturale: incanalano i gas di fermentazione e tutti i cattivi odori dentro una serie di tubi. E ci tirano fuori il bio metano. Lo usano per riscaldare l’intero istituto dei tumori.
Dalla Lola ai termosifoni
Hanno iniziato dodici anni fa: anno 2008. Con un piccolo impianto da un mega solo per le loro esigenze. Dopo un paio d’anni si sono resi conti che c’erano i margini per farne un altro. E riscaldare la vicina struttura. Così, la Lola mangia, rumina, fa il latte ed i bisognini: un sistema li raccoglie e li convoglia. Il letame fermenta e ci si estrae il gas. Una condotta sotterranea lunga poco più di un chilometro e mezzo porta il calore generato da quel metano bio fino all’Istituto dei Tumori.
In numeri: 9 milioni di kilowatt termici cioè 200mila euro di risparmio sul riscaldamento per l’ospedale. Il 5% degli incassi del teleriscaldamento è devoluto alla Casa di accoglienza La Madonnina, costruita per consentire ai parenti di restare vicini ai malati ricoverati in ospedale. Quello che poi avanza dalla fermentazione? È concime per i campi della cooperativa: nasce dalla terra e torna alla terra dopo essere passato per lo stomaco delle mucche e per il biodigestore. Ce n’è così tanto che viene dato anche ai pensionati che hanno l’orto in zona.
Ma in Ciociaria no
Un ragionamento simile era stato tentato anni fa anche in provincia di Frosinone. Più o meno lo stesso periodo in cui a Candiolo mettevano il loro primo impianto. Si pensò di fare la stessa cosa ad Amaseno: comune nel quale ci sono più bufale che abitanti.
Quei bovini producono un latte tra i migliori: la mozzarella di bufala di Amaseno è delizia assoluta. Ma tante bufale fanno anche tanti bisognini. Quando si parlò la prima volta di fare come alle porte di Torino ci fu chi soffiò sul fuoco e fece scendere in piazza la gente a gridare contro l’ecomostro.
Frosinone è arrivata all’assurdo che prende i suoi sacchetti dell’immondizia con la scorza delle patate, il guscio dell’uovo, la pasta al sugo avanzata, insieme a tutti gli altri resti della cucina: e spende 130 euro a tonnellata per mandarli fuori dalla Ciociaria. Finiscono in un posto dove si mettono in tasca i 130 euro e poi con i nostri avanzi ci fanno il gas per le loro macchine, i loro riscaldamenti, le loro fabbriche.
Medio Evo Ciociaria
«Da anni a Frosinone perdiamo tempo a discutere se il biogas sia pericoloso o meno» analizza Lorenzo Santovincenzo, dell’associazione Civis di Ferentino.
«Recuperare la frazione organica dei rifiuti (scarti di mense e cucine) con la produzione di biogas, evita che quegli avanzi dei nostri piatti finiscano in discarica o inceneriti. Basterebbe questo a troncare ogni polemica sulla realizzazione di impianti per la produzione di biogas e ogni remora medievale sull’esercizio delle attività industriali».
Dei rifiuti, per anni si sono occupate la mafie. Interrando, facendo scomparire. Perché l’importante era togliere dagli occhi: occhio non vede, cuore non duole. Ma la Terra si ribella. Nasce così la terra dei fuochi a due passi dalla Ciociaria.
«L’economia circolare previene anche l’infiltrazione delle organizzazioni criminali, che invece hanno sfruttato e continuano a sfruttare l’economia lineare» dice sempre l’avvocato Santovincenzo.
Il nostro Medio Evo sta tutto in una considerazione: per anni abbiamo tollerato che i rifiuti venissero interrati a Nocione di Cassino, venissero sversati nelle acque del fiume Sacco, venissero conferiti in discariche abusive (vedi i recenti processi a Ferentino). Il Medio Evo sta nel fatto che da un lato pretendiamo percentuali elevate di raccolta differenziata e dall’altro ostacoliamo pregiudizialmente la realizzazione di impianti che ne recuperano e ne riciclano le frazioni.
Insomma: facciamo la caccia alle streghe e poi, appena le abbiamo prese, urliamo che bisogna liberarle.
Schizofrenia della politica ciociara
Sulla questione degli impianti biogas emerge tutta l’arretratezza della classe politica ciociara sui temi ambientali.
Per spiegare ai cittadini e rassicurarli circa la correttezza ed i vantaggi dei processi produttivi dell’economia circolare, Francesco Borgomeo ha da tempo proposto la formula della “cucina a vista”.
In sostanza, come avviene nei ristoranti stellati, attraverso una parete trasparente i cittadini possono vedere con i propri occhi i “piatti” che vengono realizzati. Poi come vengono realizzati, con quali materie e come si giunge al prodotto finale. Insomma, tutto trasparente: dati, processi produttivi, risultati, vantaggi.
Invece di fare propria questa iniziativa facendola divenire una linea d’intervento politico, tutti – ma proprio tutti- i rappresentati politici ciociari l’hanno ignorata. È più facile soffiare sul fuoco della paura che esporsi, metterci la faccia e spiegare ai cittadini come riciclare i rifiuti.
Mancano visione, strategia, programmi e progetti di medio e lungo respiro. (Leggi qui A dicembre arriva il carburante green che fa bene all’Ambiente).
Ed è emblematico che solo in quel di Roccasecca, sede di quella che ormai si avvia ad essere la seconda discarica per grandezza del Lazio dopo Malagrotta, abbiano invece coraggiosamente puntato su quella che è l’unica vera e concreta iniziativa di sviluppo e risarcimento del nostro territorio: l’economia circolare.
Al protocollo d’intesa fra Comune di Roccasecca, Cosilam, Università di Cassino ed ENEA, manca solo la ratifica di quest’ultima: il nuovo modello di sviluppo fondato sul recupero delle vocazioni agricole, la produzione di nuovi materiali derivati dalla canapa, ed il riciclo e recupero di questi, diventerà una realtà. (Leggi qui Green Valley, Enea dice si. Pronta ad entrare nel piano).
Mentre nel nord della Provincia ancora è in corso la caccia alle streghe. Altro che sindrome di Nimby – Non in my backyard, Non nel mio giardino, siamo in pieno Medio Evo.